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Gli stipendi degli insegnanti

Le polemiche sulla proposta (rimangiata) del ministro Valditara

Riccardo Illy 30/01/2023

Gli stipendi degli insegnanti  Gli stipendi degli insegnanti Alcuni giorni fa il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha osservato che con le retribuzioni attuali gli insegnanti che lavorano a Milano, per il maggior costo della vita di quella città, non riescono a quadrare i conti. Ha quindi avanzato la proposta (non nuova, le gabbie salariali hanno svolto tale funzione fra il 1954 e il 1969) di parametrare le retribuzioni degli insegnanti al costo della vita. Due giorni dopo, preso atto del putiferio che la sua proposta aveva sollevato, se l’è rimangiata affermando che il problema è più generale, che tutti gli insegnanti guadagnano troppo poco in Italia al confronto della media europea, arrivando a proporre di aumentarne le retribuzioni evidentemente in deficit, dato che ha sostenuto che quei costi non dovrebbero rientrare nei calcoli relativi ai parametri di Maastricht. Verrebbe da dire: di male in peggio… Le utopiche proposte del Ministro sollevano però un problema reale, che peraltro investe anche i lavoratori delle imprese; che possono però compensare il maggior costo della vita con la contrattazione aziendale e compensare il maggior costo del lavoro con l’aumento della produttività.
 
Resta il fatto che tutte le retribuzioni nette italiane, anche per il peso degli oneri sociali (assieme a quelli francesi i più alti al mondo) sono troppo basse. Ciò che penalizza i consumi interni e ci obbliga a crescere, quando ci riusciamo, con l’export. Tornando agli insegnanti, viene subito da chiedersi perché quanto vale per loro non debba valere anche per altri dipendenti pubblici, a esempio quelli comunali o quelli ospedalieri, le cui retribuzioni sono del pari miserrime e inferiori a quelle del privato. Anche se il rovescio della medaglia è l’assoluta sicurezza del posto di lavoro. Non si conosce infatti un ente pubblico italiano che sia fallito e che abbia conseguentemente dovuto licenziare i suoi dipendenti. Il problema degli insegnanti è aggravato dal fatto che ai concorsi più del 50% dei candidati proviene dal Sud, che pesa solo per il 33,8% degli abitanti. Per un insegnante fuori sede il maggiore costo della vita delle grandi città del nord diventa davvero insostenibile. Inoltre il loro ruolo è fondamentale per lo sviluppo sociale e economico del paese. Non che il ruolo di medici e infermieri sia meno importante, anche se sotto aspetti diversi. Un modo per uscirne sarebbe quello di introdurre premialità sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici legate alla produttività, come nelle imprese; ciò richiederebbe la valutazione individuale delle prestazioni dei dipendenti pubblici. Anche degli insegnanti, come da anni sostiene il prof. Angelo Panebianco. Misura che in teoria esiste già in diverse pubbliche amministrazioni ma che i sindacati, più o meno apertamente, avversano; riuscendo a annacquarne l’efficacia. Anche un’ indennità per i dipendenti pubblici che lavorano nelle città a più alto costo della vita potrebbe sembrare una soluzione; ma oltre ai problemi finanziari e al rischio di far entrare quelle città nella spirale prezzi/salari si tratta di una soluzione sulla quale sarebbe difficilissimo raggiungere un accordo con i rappresentanti dei lavoratori. Certo è che la soluzione al problema, di cui nessuno nega l’esistenza, non si troverà con sparate televisive ma richiederà un approfondito e creativo studio, oltre a un accordo sociale basato su un grande e duraturo impegno. Come quello delle intercettazioni telefoniche, anche il problema delle retribuzioni degli insegnanti è un problema di quasi impossibile soluzione; altrimenti altri governi, ancor più attenti ai lavoratori, lo avrebbero già risolto nel passato.
 
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