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Sulla casa "green" un confronto di pancia
... ma è l'occasione per innovare le città
Giuseppe Roma 20/01/2023

La consapevolezza degli impatti economici e sociali ha comportato un avanzamento graduale delle normative per il previsto raggiungimento degli obiettivi finali nel 2050, con tappe intermedie nel 2030 e nel 2040. Gli Stati membri si sono impegnati già cinque anni fa a predisporre Piani d'intervento e, più di recente, a installare impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici, a realizzare entro il 2026 tutte le nuove costruzioni pubbliche a emissioni zero, e nel 2028 anche i nuovi fabbricati privati. Per gli edifici esistenti, un primo miglioramento è previsto, dalle modifiche in discussione, nel 2030 con garanzie di maggiore elasticità per il patrimonio storico, le abitazioni unifamiliari, gli edifici produttivi e altro. Non si può disconoscere che le implicazioni di questo piano europeo siano molto serie sotto il profilo sociale, dell'economia complessiva e del mercato immobiliare.
Ma è singolare considerarlo un attacco alla proprietà della casa, piuttosto che uno strumento, sia pure complesso, ma di miglioramento e di risparmio a fronte dei crescenti costi dell'elettricità e del riscaldamento. Sulle ragioni di fondo della sostenibilità energetica non possono, poi, esserci argomenti contrari in un paese che ha goduto di un superbonus 110% costato finora 64 miliardi di soldi pubblici, oltre a molteplici ulteriori incentivi, in gran parte ancora operativi. Questo scossone ci può anche aiutare a una più ampia rigenerazione delle nostre città, congelate nel riuso diffuso del patrimonio senza alcuna innovazione. Per avere un'idea, nel 2021 si sono vendute circa 750 mila abitazioni e costruiti o ristrutturati ex novo solo 60 mila alloggi. Forse è l'occasione per pensare a un rinnovo del patrimonio nelle aree esistenti con eco quartieri a zero emissioni e zero consumo di nuovo suolo. Sarebbe un ciclo virtuoso per l'edilizia e il real estate.
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