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Alla ricerca della crescita (potenziale) perduta
Si sta chiudendo il gap con Germania e Francia
Sergio De Nardis 06/12/2022

Pur nell’incertezza, tuttavia, il segnale qualitativo di un miglioramento resta e non va sottovalutato. Nella ricerca dei motivi alla base del probabile maggior potenziale, sembrano da scartarsi le riforme strutturali sul lato dell’offerta: non ce ne sono state. Ciò che invece si è verificato è stata una forte ripresa post-pandemia della domanda aggregata, non frenata da esigenze di consolidamento delle finanze pubbliche (per la sospensione del Patto di stabilità) e alimentata (in prospettiva) dai primi effetti del Pnrr. Il ciclo positivo, favorito dalla politica fiscale, ha fatto dunque bene al rafforzamento dell’offerta potenziale, non solo per motivi meramente statistici. Guardando avanti, affinché l’irrobustimento non si riveli un fuoco di paglia e diventi più consistente occorrerebbe che il governo prestasse attenzione a 3 aspetti: 1) evitare di penalizzare la produttività (quella multifattoriale in forte rimbalzo nel 2021) con incentivi che vanno in senso contrario (come le misure sul trattamento tributario differenziato degli autonomi e il sommerso); 2) concentrare ogni sforzo nella realizzazione del Pnrr, unico effettivo strumento di stimolo a disposizione; 3) battersi per una governance fiscale europea, attualmente in discussione, che non porti ad azzerare la spinta del Pnrr, lasciando adeguati spazi a stabilizzazione ciclica e sostegno del potenziale. Abbiamo un debito da cui rientrare, ma anche una prioritaria necessità di crescita, che sembra aver preso a rivitalizzarsi nelle circostanze degli ultimi anni. I due obiettivi (crescita e debito) devono andare insieme, non ripetendo gli errori del passato.
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