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01/01/1970

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PAOLO CARNAZZA 21/06/2020 09:01
Le osservazioni di De Nardis colgono un importante effetto (tra gli altri) della pandemia: un’accelerazione (già in atto legata alla Rivoluzione tecnologica 4.0) del processo di digitalizzazione e di automazione del sistema produttivo.

Fortemente incerta sarà inoltre l’evoluzione del mercato del lavoro con i conseguenti effetti sui “nuovi” lavori. In realtà, almeno sulla base delle esperienze storiche precedenti, l’automazione ha sempre avuto un impatto positivo sul saldo tra l’aumento e la diminuzione dell’occupazione (per fortuna la “profezia” Keynesiana del 1930 della creazione di una disoccupazione tecnologica a seguito del progresso tecnologico non si è avverata).

Più in generale, al momento, qualsiasi previsione appare immatura sia per la natura stessa della crisi (da cui non siamo ancora usciti) sia per le “risposte”, spontanee o guidate dagli incentivi, delle imprese che tenderanno a riconvertire i propri impianti per soddisfare i nuovi bisogni. Da queste strategie deriveranno, poi, gli effetti sulla futura evoluzione del mercato del lavoro.

Verso quali settori si indirizzeranno le imprese? Investiranno maggiormente in automazione con conseguente espulsione della forza lavoro? Inoltre, è giusto affidare questi cambiamenti strutturali del tessuto produttivo alle forze spontanee del mercato o al Governo che dia indirizzi e incentivi a favore dei settori/filiere dove investire?

Ciò che si può prevedere è un ulteriore allargamento del gap tra competenze digitali 4.0 con ipotizzabile aumento del mismatch tra la domanda e l’offerta di lavoro (già molto elevato in Italia) e le competenze “povere” in possesso di lavoratori (non più giovanissimi, molti localizzati nell’area meridionale del Paese).

Il problema allora è, da una parte, rafforzare un sistema di welfare a sostegno degli emarginati e degli espulsi dal mercato del lavoro a seguito del Covid – 19 e, dall’altra, offrire occasioni di lavoro ai meno competenti. Occasioni che siano, però, realmente rispondenti alle esigenze della società nei prossimi anni (si pensi, in particolar modo, l’assistenza sanitaria e, in particolar modo,la cura degli anziani). Non si creino, in altri termini, inutili “buche da riempire”.

Nel contempo, è cruciale che la politica economica/industriale “accompagni” e sostenga con robusti incentivi il processo di digitalizzazione rispettando i principi dell’ecosostenibilità e dell’economia circolare (al riguardo il Piano Transizione, con i 7 miliardi di euro, finalmente sbloccati, sembra andare almeno parzialmente verso questa direzione).