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La morsa doppia
Pregiudizi e interessi
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 23/06/2025

Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere parla di diritto, pregiudizi e interessi dietro le decisioni delle Nazioni unite: “Prima circostanza di fatto: il 13 giugno scorso Israele ha aperto le ostilità contro la Repubblica islamica dell’Iran lanciando un devastante attacco aereo contro il suo territorio. Non c’è dubbio: Israele ha aggredito l’Iran, e a tutti gli effetti del diritto internazionale è uno Stato aggressore. Così come certamente uno Stato aggressore sono da sabato notte gli Stati Uniti. Eppure, sebbene sia questa la realtà di fatto meno recente—una realtà riconosciuta da tutti come tale—su un altro piano, invece, la realtà appare assai diversa. Secondo notizie reperibili nella rete, infatti, a petto di ben73 risoluzioni delle Nazioni Unite che a partire dai primi anni 50 hanno condannato Israele per i più svariati motivi ma tutti riferibili alle diverse guerre che l’hanno opposto ai Paesi arabi e alle sue politiche nei confronti dei palestinesi, a petto di queste 73 risoluzioni, dicevo, non se ne conta neppure una che abbia condannato l’Iran per le sue attività anti israeliane: sebbene da sempre notissime e orgogliosamente rivendicate dallo stesso governo di Teheran. Mi domando allora – osserva Galli Della Loggia - che immagine si possa e si debba avere del diritto internazionale se sono questi i criteri di valutazione che ispirano l’Onu cioè, almeno in teoria, la massima assise della moralità internazionale e dei suoi valori: i medesimi, per l’appunto, che dovrebbero essere rappresentati dal suddetto diritto. È difficile sottrarsi al dubbio, insomma, che il diritto internazionale e il retroterra etico che dovrebbe essere il suo, allorché si trasferiscono sul piano della valutazione dei comportanti eminentemente politici degli Stati e dei loro organi, sia destinato fatalmente a perdere il carattere dell’imparzialità—cioè il carattere costitutivo per antonomasia di ogni diritto e di ogni etica—per diventare qualcosa d’altro. Il fatto è che però quelle risoluzioni del l’Onu, quel diritto internazionale, quei tribunali, quei verdetti, sono all’istante rimbalzati e amplificati incessantemente dai media e dai social, hanno un’eco potentissima e producono un altrettanto potente effetto politico. Agli occhi dell’opinione pubblica essi finiscono per figurare come la definizione della verità, «L’ha dichiarato l’Onu!», «L’ha stabilito un tribunale internazionale!», si sente dire: laddove troppo spesso, invece, si tratta unicamente della solita vecchia politica, con il suo solito corredo di interessi e di pregiudizi”.
Stefano Folli, la Repubblica
“L’Italia non conta nulla, è inerte, è l’ultima della classe, si torna a ripetere dall’opposizione. Non è vero, il governo Meloni si trova al crocevia di ogni decisione in Europa e nella Nato: prova ne sia che la nostra credibilità è altissima. È solo il gioco incrociato delle rispettive propagande”. Lo scrive Stefano Folli su Repubblica lamentando la mancanza di unità politica sulle questioni internazionali: “Più che proporre una linea coerente, qualche soluzione utile per capire dove finisce la demagogia e comincia il realismo, si usano le crisi internazionali per raccogliere un pugno di voti in più. A scapito dello schieramento avverso, s’intende, ma sempre più spesso anche ai danni di qualche gruppo alleato che si desidera mettere in difficoltà. Il risultato è deludente, anzi talvolta autolesivo. L’Italia come nazione conta come la prima dei paesi di seconda fascia, ma non è una novità. È quello che accade da decenni con rare eccezioni, quale che sia il colore del governo. Ne deriva che oggi Giorgia Meloni fa quel che può in Europa e verso gli Stati Uniti ben sapendo che il triangolo Berlino-Parigi-Londra non è pronto a trasformarsi in un quadrilatero per accogliere Roma. Difficile credere – sottolinea Folli - che qualcosa cambierebbe, allo stato in cui siamo, se al ministero degli Esteri ci fosse Matteo Renzi e a palazzo Chigi sedesse Elly Schlein o Giuseppe Conte. No, la prima fascia non dipende da un gioco estemporaneo ma da un lungo sentiero fatto di comportamenti coerenti e di adesione agli obiettivi comuni. La premier Meloni — e con lei Tajani — ha sempre lavorato rispettando questi criteri di base, nonostante le legittime critiche all’Unione; viceversa Salvini segue altre logiche. Quanto al centrosinistra, c’è un’enorme differenza, inutile persino sottolinearlo, rispetto al modo attraverso cui la Dc e i suoi alleati laici in tempi lontani gettarono le fondamenta dell’Europa moderna. Una strada a cui a un certo punto si avvicinò il Pci in via di trasformazione e convertito all’europeismo. Oggi l’Italia va al vertice della Nato con una posizione orgogliosa esposta in Parlamento dalla premier. Ovviamente – conclude - la presidente del Consiglio avrebbe preferito che sulla risoluzione si registrasse un certo grado di accordo con l’opposizione. Ma non è stato possibile, salvo un aspetto del documento del partito di Calenda”.
Salvatore Rossi, La Stampa
Salvatore Rossi sulla Stampa paventa il rischio stagflazione in seguito alla guerra tra Israele e Iran. “I mercati internazionali per il momento – scrive l’editorialista - stanno rispondendo al coinvolgimento diretto dell’Iran nel conflitto mediorientale come se quasi nulla fosse accaduto e come se nulla di sconvolgente dovesse accadere in futuro che possa turbare le economie del mondo. Ma non se ne può dedurre che le economie del mondo procederanno senza scossoni anche nei mesi prossimi. È prudente disegnare scenari di medio termine anche catastrofici. L’Iran dispone, sia pure con difficoltà, di mezzi di offesa indiretti, insidiosi: innanzitutto il terrorismo, che può causare nei Paesi democratici spaventi anche maggiori di un attacco aereo; poi, la chiusura, probabilmente solo parziale ma dagli effetti comunque perniciosi, dello Stretto di Hormuz. Attacchi terroristici scatenati da attentatori suicidi possono determinare un crollo della fiducia dei consumatori e un brusco aumento precauzionale del risparmio, quindi una recessione. Ostacoli alla circolazione delle petroliere nello Stretto di Hormuz, fino all’estremo di un blocco totale, possono causare un aumento forte e improvviso dei costi dell’energia, rischiando alla fine di evocare lo spettro della stagflazione, come nei lontani anni Settanta. Questo rischio è ben presente ai principali banchieri centrali del mondo, anche se nessuno di loro ne parla. Le due principali banche centrali, la Fed americana e ancor più decisamente la Banca centrale europea, sono dall’estate scorsa avviate su un percorso di graduale allentamento. Una fiammata inflazionistica da costi in presenza di una stagnazione produttiva metterebbe in crisi soprattutto la Bce che (diversamente dalla Fed) ha il vincolo statutario di badare solo ai prezzi e non anche al resto dell’economia: dovrebbe resistere al riflesso di stringere la liquidità interna al fine di domare prezzi che stanno salendo per ragioni che nulla hanno a che fare con essa, ma la legge istituiva e la sua stessa storia la spingerebbero nell’altra direzione. Tocca confidare che lo scenario stagflativo non si materializzi mai. Oppure – conclude - attrezzarsi finalmente a modificare anima e legge istitutiva della Bce, rendendola più simile alla Banca centrale americana”.
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