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La morsa doppia
Iran, violazioni e spiragli
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 23/06/2025

Il doppio attacco — israeliano prima, americano poi — agli impianti nucleari iraniani di Natanz, Isfahan e ieri notte Fordow, costituisce un’aperta violazione della legalità internazionale e conduce il mondo intero sull’orlo di una guerra mondiale. Tanto più – afferma Paolo Mieli sul Corriere della Sera – che i bombardamenti di Tel Aviv non si sono limitati ai luoghi in cui si arricchisce uranio ma sono stati estesi a basi militari (vere o supposte), rampe di missili, singoli leader dei pasdaran, scienziati. Le bombe dell’Idf hanno causato morti (per ora relativamente limitate) tra i civili. I missili lanciati per reazione da Teheran hanno in parte trovato varchi nel sistema di difesa israeliano Iron Dome provocando danni fino a ieri inimmaginabili, anch’essi fortunatamente contenuti. La chiusura dello stretto di Hormuz potrebbe aggiungere catastrofe a catastrofe, solo apparentemente di esclusivo rilievo economico. Senza contare le scandalose sofferenze che continuano ad essere inflitte ai palestinesi di Gaza e dei territori occupati. Sofferenze riconducibili al pugno di ferro di Benjamin Netanyahu (anche se, forse, non soltanto a quello visto che un buon numero di ostaggi, vivi o morti, è ancora nelle mani dei miliziani di Hamas). Al cospetto di un quadro così fosco, ci sono però elementi che possono ancora far sperare che l’esito drammatico dell’intera vicenda non sia del tutto scontato. Prima di tutto il fatto che in questi giorni gli iraniani hanno continuato a trattare (e si è trattato di una trattativa seria, non formale, ancorché infruttuosa). In secondo luogo, il fatto che in questi colloqui siano stati coinvolti i principali Paesi europei che poi, nell’ora della verità, hanno tenuto il punto. E cioè che all’Iran, Paese che dal 1979 dichiara di voler distruggere quella che definisce l’«entità sionista» (cioè Israele), non può essere consentito di dotarsi dell’arma atomica. Così come non lo si potrebbe consentire alla Francia se dichiarasse non occasionalmente di voler gettare a mare la Spagna.
Lucio Caracciolo, la Repubblica
Il bluff vale se raro. Amici e nemici – commenta su Repubblica Lucio Caracciolo – hanno preso nota che il presidente degli Stati Uniti può decretare due settimane di riflessione sul da farsi, riaprire a un negoziato con l’Iran, salvo lanciare due giorni dopo portentosi missili sul bersaglio grosso, con esiti che il suo stesso Stato maggiore non è in grado di stabilire. Chi volesse stipulare un qualsiasi accordo con questa amministrazione sa che un momento dopo la firma quell’inchiostro potrebbe svelarsi simpatico. L’impressione diffusa è che Trump sia stato agilmente usato da Netanyahu. Il gregario guida il capo? Quale autorevolezza può esibire il numero uno mondiale se si fa dirigere da una potenza regionale? O anche se solo dà l’impressione di esserlo? Della Cina, che per questa America è ossessione strategica, a Israele interessa poco. Resta da capire perché l’Iran sia considerato a Washington degno di dirottare risorse e attenzione dalla sfida con Pechino. Oggi Bibi pare prendere l’amico americano per mano, a indicargli il cammino da percorrere insieme. Nel legittimo interesse del suo paese. Ma qual è l’interesse degli Stati Uniti a invischiarsi nell’ennesima partita mediorientale, quasi le lezioni di Afghanistan e Iraq non fossero sufficienti? Peraltro, contro un avversario di ben altra dimensione. Teheran è chiamata a scegliere fra due opzioni. La prima è rilanciare con tutte le risorse che restano. In vista di una lunga guerra di logoramento, contando sull’indisponibilità americana a impantanarsi nella regione e sull’impossibilità per Israele di combattere a tempo indeterminato sui fronti che ha deciso di aprire. Scelta molto rischiosa, non impossibile. La seconda è limitare la rappresaglia per riaprire al negoziato, sia pure da basi sicuramente più fragili. Logica. Troppo logica? Ma è su questo esito che Trump scommette.
Mario Sechi, Libero
Com’era la storia di Trump che se ne infischia della pace e vuol consegnare il mondo ai dittatori? Il tempo è galantuomo – commenta Mario Sechi su Libero –, stavolta non abbiamo neppure dovuto aspettare tanto. La sua decisione di bombardare i tre siti nucleari dell’Iran non è un favore fatto a Israele e all’America, ma all’intero Occidente. Contro le previsioni dei soliti esperti che non ne azzeccano mai una, Trump ha rimesso al centro della scena internazionale la deterrenza degli Stati Uniti, la potenza di fuoco del Pentagono, un ottimo argomento contro i tiranni e i terroristi. È un avviso anche all’uomo del Cremlino, Vladimir Putin, visto che l’Iran è un alleato della Russia e il club dei suoi amici in Medio Oriente si è ristretto. La macchina da guerra degli Stati Uniti serve ancora al mondo, più di quanto si immagini. Trump non bluffa e ora tutti lo sanno, non può ignorarlo Putin e dovrà tenerne conto anche il presidente della Ci- na, Xi Jinping, prima di fare passi azzarda- ti a Taiwan e nel Pacifico. La fazione più isolazionista del movimento “Maga” è finita all’angolo, ha perso di fronte a un presidente certamente sopra e sotto le righe, ma sempre attento al risultato finale che in questo caso era quello di impedire all’Iran di avere la bomba atomica. Missione compiuta. Da ieri il Medio Oriente ha un’occasione in più per trovare stabilità, pace e benessere. È una via scelta da molti Stati a guida sunnita, è quella aperta dagli Accordi di Abramo, è più che una speranza. Il crollo di quello che fino a poco tempo fa era l’asse della resistenza è totale: Gaza, Libano e Siria non sono più il braccio armato degli ayatollah. La strage degli ebrei del 7 ottobre 2023 secondo i piani delle belve di Hamas (e dei loro mandanti di Teheran) doveva essere l’inizio della fine di Israele, dopo 626 giorni di battaglia su quattro fronti, Bibi Netanyahu si è rivelato un eccezionale leader di guerra e Israele una nazione indomabile, con una forza morale senza uguali. La partita non è chiusa, c’è ancora molto lavoro da fare: Israele vuole (e deve) distruggere tutto l’arsenale missilistico dell’Iran e per centrare l’obiettivo occorre ancora un po’ di tempo.
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