Benny Morris: «La società israeliana è molto più unita sull'attacco all'Iran che su quello a Gaza»
«Va compreso che la società israeliana è oggi molto più unita e concorde con la decisione del governo Netanyahu di attaccare l’Iran che non con la guerra contro Hamas a Gaza, specie negli ultimi mesi», sostiene lo storico israeliano
Benny Morris, docente universitario e studioso del conflitto israelo-palestinese, intervistato da
Lorenzo Cremonesi sul
Corriere della Sera del 18 giugno. Come spiega l’attacco israeliano senza alcuna provocazione da parte iraniana? «Qui domina una genuina e diffusa paura del programma nucleare iraniano. Netanyahu lo denuncia da decenni. Prevale l’idea che l’Iran voglia costruire la “Bomba” per distruggerci, i suoi leader continuano a minacciarci apertamente da Khomeini nel 1979 a Khamenei ora». Soltanto gli americani hanno le bombe perforanti necessarie. Prevede che verranno mandate truppe scelte israeliane? «Non credo vi sarà una guerra di fanterie in Iran. Magari qualche piccolo blitz di commando, che peraltro penso siano già sul posto da anni. Forse attaccheranno il sito di Fordow, sotto le montagne. E forse possiamo fare a meno degli americani. Non dimentichiamo che pochi mesi fa siamo riusciti a uccidere Hassan Nasrallah, il leader di Hamas, nei bunker di Beirut. Abbiamo lanciato bombe di precisione, che una dopo l’altra sono penetrate nelle barriere di cemento». L’ex leader laburista Yitzhak Rabin sosteneva che una delle ragioni che lo spinsero a trattare la pace nel 1993 era stata il panico degli israeliani due anni prima, quando i missili iracheni Scud lanciati da Saddam Hussein mostrarono le debolezze del Paese. Oggi? «Vero, sembravamo più fragili rispetto alle generazioni del passato. Rabin disse anche che occorreva fare la pace con i palestinesi per reagire alle minacce iraniane. E però non credo alla nostra fragilità sociale. Questa cosa viene ripetuta per ogni generazione dopo quella dei padri fondatori dell’insediamento sionista. Si diceva già nel 1967 che i nuovi giovani preferivano perdere tempo nei caffè del lungomare di Tel Aviv, piuttosto che combattere come i loro padri». E però? «Ad oggi gli iraniani hanno ucciso circa 25 israeliani in quattro giorni e danneggiato parecchi edifici. Non vedo alcun collasso sociale, nonostante ci sia stanchezza. E però nel frattempo la società iraniana soffre molto di più. Hanno subito centinaia di morti, abbiamo assassinato i loro generali, gli scienziati, il loro governo deve nascondersi: per gli iraniani ogni giorno è peggio». Netanyahu è più popolare? «Lui fa ciò che tanti desiderano da anni anche nelle democrazie occidentali. Però, qui nessuno dimentica la sua corruzione personale e neppure i suoi sistemi di governo nepotisti». Ma veramente l’atomica iraniana era tanto prossima? Non ritiene che la vera motivazione per Netanyahu sia stata evitare qualsiasi accordo Usa-Iran? «Abbiamo forse attaccato troppo tardi, dovevamo agire prima. E penso anche che Trump abbia dato la luce verde al bombardamento, magari valutando che ciò potesse convincere Khamenei a concludere un accordo. Ma adesso le cose sono cambiate. Trump ama i vincenti come Netanyahu e potrebbe credere che sia meglio continuare la guerra un altro po’». Sino a uccidere Khamenei? «Non so cosa pensi Trump. Io personalmente credo che Khamenei vada ucciso assieme ai suoi collaboratori. Dovremmo anche distruggere le infrastrutture: il sistema idrico, l’energia, la viabilità, l’industria petrolifera…». Ma nel passato il cambio di regime con la forza è sempre stato controproducente… «Sì, in genere non funziona, crea forze più estremiste. Ma io non parlo di cambiare il regime, dico solo che quello esistente va indebolito. L’importante è che adesso gli iraniani devono soffrire, stare male in un modo così doloroso che non abbia precedenti per loro». Non fu sbagliato da parte di Netanyahu spingere Trump a rinnegare nel 2018 l’accordo sul nucleare iraniano firmato da Barack Obama nel 2015? «Valuto che sia stato un grave errore, che ha spinto gli iraniani ad accrescere il programma nucleare. Ma ormai è stato fatto e noi non possiamo tirarci indietro». Gli iraniani chiedono: perché Israele può avere l’atomica e noi no? «Perché noi siamo una società democratica occidentale e loro sono un regime fanatico messianico islamico». E i gruppi messianici fanatici che sostengono Netanyahu? «Sono piccole minoranze. Almeno per ora. Ma in Iran i fanatici hanno il controllo del bottone rosso». Come finirà? «Occorre forzare gli iraniani a rinunciare alla Bomba». Se non avvenisse? «Finirebbe male. Israele messo nell’angolo potrebbe ricorrere a bombe atomiche tattiche. Ecco perché suggerirei agli iraniani di rinunciare subito all’atomica».