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Spesa militare senza rigore
Redazione InPiù 06/06/2025

Gli italiani che ancora si ricordano dei “frugal four” – scrive Pietro Saccò su Avvenire – difficilmente li rammentano con simpatia. Si erano guadagnati questo soprannome dei “frugali” quattro governi dell’Unione europea – quelli di Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia – che nel 2020, durante i negoziati per il bilancio dell’Ue per il 2021- 2027, erano uniti nell’opporsi all’aumento dei contributi degli Stati al bilancio comune, indebolito dall’uscita del Regno Unito. Alfieri del rigore fiscale e della parsimonia dei conti pubblici, sempre sospettosi verso gli Stati più indebitati (come l’Italia), i “frugali” avevano provato – senza successo – anche a darsi il più nobile nome di Nuova Lega Anseatica, con un richiamo alla federazione delle città mercantili che aveva tenuto il monopolio del commercio tra il Baltico e il Nord Europa per quasi quattro secoli. Cinque anni dopo questo club può dirsi morto: davanti alla necessità di difendere l’Europa e alla volontà di comprare più armi i vecchi frugali non badano più alle spese. Frederiksen, che è ancora primo ministro della Danimarca, lo ha detto apertamente martedì scorso: «Abbiamo avuto in passato un ruolo di primo piano nel gruppo dei quattro frugali e ora lo avremo in un altro gruppo, perché i tempi sono cambiati e il mondo sta cambiando rapidamente – ha dichiarato Frederiksen in una conferenza stampa insieme a Roberta Mtesola, presidente del Parlamento europeo –. Per me la cosa più importante è riarmare l’Europa ed è il mio punto di partenza e questa è la mia conclusione in tutte le discussioni, perché se l’Europa non è in grado di proteggersi e difendersi il resto cade». Quindi le armi, prima di tutto. Un pensiero certamente condiviso dai vecchi compagni della lotta per l’austerità. Cambiare idea è lecito, spesso anche indice di una saggezza maggiore dell’orgoglio. Quello del rigore fiscale e della moderazione nella spesa pubblica come principi assoluti era un totem da abbattere senza troppi rimorsi. I vecchi “frugali” potevano capirlo quando a Bruxelles si cercavano i soldi per fermare il coronavirus. Invece ci sono arrivati ora, quando il denaro da mettere in comune dovrebbe servire a comprare l’Ue.
Claudio Cerasa, Il Foglio
Sul Foglio Claudio Cerasa elogia il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ieri – scrive – ha superato con una certa abilità la roulette russa dell’incontro alla Casa Bianca con Donald Trump, dimostrando – specie quando ha ricordato a Trump che la fine della guerra è possibile solo se l’Ucraina riceve sostegno – di essere uno dei leader più forti in Europa. Ma la forza della Germania di oggi – sostiene Cerasa – è legata a un fattore diverso rispetto a quello del passato, che era l’economia. La vera centralità di Merz, oggi, appartiene a un’altra dimensione, che costituisce il vero elemento che rende la Germania la nuova locomotiva europea: la straordinaria capacità da parte della sua classe dirigente di parlare il linguaggio della verità sui temi relativi alla minaccia putiniana. Parlare il linguaggio della verità, sul terreno della Difesa, ha portato la Germania, in questi mesi, a diventare un modello per l’Europa almeno da due punti di vista. Il primo ha a che fare con i numeri, con la politica, con gli investimenti, e con la consapevolezza che di fronte all’asimmetria assoluta che esiste tra le Forze armate europee e quelle russe occorre fare passi in avanti per proteggere la pace investendo nel riarmo. Ci sono i cento miliardi di euro stanziati nel comparto della Difesa che hanno portato, come ricordato ieri dall’Economist, il bilancio della Difesa tedesca al quarto posto nel mondo, e il ministro Boris Pistorius ha parlato anche della necessità di spendere “mille miliardi nei prossimi anni”per la sicurezza del paese. Vi è l’intenzione, come detto da Merz, di voler fare della Bundeswehr “l’esercito convenzionale più forte d’Europa”, anche a condizione di dover rimettere al centro del dibattito politico l’esigenza di dotarsi di centomila soldati in più, inclusi i riservisti, entro il 2029. E vi è l’obiettivo di arrivare a produrre entro la fine del 2025 circa settecentomila proiettili d’artiglieria all’anno, nei siti europei, il che significa il 900 per cento in più rispetto ai settantamila prodotti prima del 2022. La centralità europea della nuova Germania sul fronte della Difesa, una centralità che permetterà a Merz di giocare un ruolo strategico nell’Europa del futuro, non si declina solo sul piano industriale ma ha una sua dimensione importante anche all’interno della narrazione politica con cui il governo ha accompagnato la sua svolta strategica sul tema del riarmo militare. Merz, per dire, ha spiegato più volte che per proteggere la sovranità di uno stato europeo occuparsi dell’asimmetria militare che esiste con la Russia non è un’opzione: è un dovere e una necessità.
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