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Laboratorio Paese e nuova politica

Redazione InPiù 16/05/2025

Altro parere Altro parere Roberto Napoletano, Il Mattino
L’ America’s Cup sceglie per la prima volta nella sua storia l’Italia e, soprattutto, sarà Napoli a ospitare nel 2027 il torneo velico più prestigioso al mondo. C’è in questa scelta – commenta sul Mattino Roberto Napoletano – il riconoscimento al massimo livello dei primati di oggi di una storica città-mondo che vanno oltre la bellezza dei luoghi, il suo patrimonio culturale e lo spirito competitivo sportivo. Riguardano la fiducia nella sua capacità di organizzarsi e fare sistema, l’innovazione tecnologica e l’eccellenza ingegneristica. Noi lo abbiamo chiamato cambio di paradigma che significa rompere il velo di un racconto omissivo pieno di stereotipi e spezzare i fili contagiosi di una cultura che sa solo piangersi addosso. Significa raccontare le leadership globali dell’industria armatoriale, della nautica, della crocieristica e, più in generale, della blue economy che appartengono a Napoli e il mondo ci riconosce più di quanto in casa nostra siamo disposti a comprendere. Significa avere il coraggio, fuori da ogni partigianeria politica, di prendere atto che c’è un governo che ha investito su Napoli e il Mezzogiorno come non avveniva da decenni e un’amministrazione comunale della città che ha scelto il modello della collaborazione istituzionale mettendo a frutto le risorse su investimenti produttivi condivisi rivelando capacità operativa. Si è potuto ambire e conquistare, in questo modo, una delle vetrine mondiali più importanti con la forza straordinaria di un evento che ha il potere di esaltare l’immagine di Napoli come può accadere solo con la magia che scatta quando la si guarda dal mare. Fa bene la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a sottolineare che questa scelta contribuirà a rafforzare il rinnovato protagonismo del Sud che, dopo un quarto di secolo da fanalino del fanalino di coda italiano della vecchia Europa, ha saputo riscoprire il suo dinamismo e il suo orgoglio mettendo a segno livelli di crescita del prodotto interno lordo e dell’occupazione sempre superiori alla media nazionale. 
 
Mario Sechi, Libero
Il caso Garlasco – scrive Mario Sechi su Libero – si compone di tre misteri e un mistero nel mistero, è ormai un racconto da “legal thriller” di cui la mano invisibile dell’autore non riesce più a controllare la trama. Ho fatto il capocronista per anni in diversi giornali e città e questo mi pare un rompicapo tra i più grandi, proverò a riordinare i fili sparsi qua e là. Il primo mistero è quello più semplice, la chiave di tutto, l’assassino. A questo punto della storia nessuno crede più alla verità processuale: Stasi è colpevole o è un incolpevole che è finito in una incredibile macchina che gli ha mangiato un pezzo di vita? Quello che dicono le carte è del tutto irrilevante rispetto a ciò che viene percepito dal tribunale del dibattito politico. L’assassino non c’è, girano vorticosamente tante versioni dei fatti e alla fine il risultato è che sparisce perfino il delitto, va in secondo piano, e questa scomparsa diventa una terribile verità. Il secondo mistero è quello dell’indagine perché l’uomo della strada si chiede come sia stato possibile che dal 13 agosto del 2007 a oggi siano stati compiuti così tanti errori, dimenticati così tanti dettagli, omessi così tanti passaggi. Il terzo punto è il mistero nel mistero, cioè il perché Chiara Poggi è morta, quello che si definisce movente. Non si sa nulla e questo gigantesco buco nero è il frutto del primo mistero (l’assassino) sommato al secondo mistero (l’indagine) che esplode nel mistero della ragione o della pazzia che ha condotto alla fine della Poggi in una sonnecchiosa mattinata estiva del 2007. Il mistero è una fonte inesauribile della trama del poliziesco e nel caso di Garlasco sta sconfinando in un altro genere chiamato non a caso “mistery”, un racconto sinistro dove emergono fantasmi, simboli, coincidenze, nomi che hanno un doppio significato. Non è quel che si direbbe un “cold case”, è lontanissimo dal caso freddo che viene improvvisamente risolto perché emerge una prova regina, qui quello che straripa è una enorme confusione che va avanti da 18 anni, quasi gli anni di galera che si è fatto Stasi. Alla fine nel racconto c’è una grande scomparsa: la giustizia.
 
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