Edi Rama: "Io, Zoff, Meloni e i Cpr"
Edi Rama, che effetto le fa vedere gli Italiani in Albania dopo che per anni è successo il contrario? «Per noi è come prendere un altro diploma di maturità. Abbiamo sofferto molto e per tanti anni. C'era come uno stigma sugli albanesi. Adesso siamo accolti a braccia aperte. Non più come persone che hanno bisogno di essere salvate, ma come persone che fanno parte della stessa famiglia europea». Così il premier albanese intervistato da
Niccolò Zancan sulla
Stampa di domenica 11 maggio. Un'intervista che va a dal poster di Zoff in camera, al rapporto con la «sorella» Meloni. Dal cannibale Merckx, al presidente Trump. L'occasione è la partenza della seconda tappa del Giro d'Italia in trasferta in Albania. Alla faccia dell'italico silenzio elettorale, alla vigilia del voto, il primo ministro albanese Edi Rama si presenta qualche minuto prima del via: bandierina rosa, foto di rito. Poi accetta di parlare un po' di tutto, come in Italia ci sogniamo di poter fare. È vero che ascoltava il Giro alla radio? «Vero. Non c'era altro modo di sapere. Tifavo Merckx, che se le vedeva con Gimondi». Dicono che lei sia juventino. Conferma? «Sì. Erano gli anni in cui la televisione era oscurata. Si poteva vedere solo "Novantesimo minuto". Non era soltanto sport, ma molto di più. Imparavamo un'altra lingua. Il calcio era il mondo oltre l'Albania». Un ricordo di quegli anni? «Nel '82, quando l'Italia vinse i mondiali, per me è stato incredibile sentire le urla dalle finestre delle case. Chi è uscito fuori con una bandiera italiana per festeggiare è finito in carcere. Erano gli anni del regime comunista». Ora c'è il Giro d'Italia in Albania. Ma questo è stato anche l'anno dei terrificanti centri per deportare migranti, sempre italiani, a Shengjin e Gjader. Un piano del governo Meloni che si scontra con gravi problemi di legalità. Cosa ne pensa? «Io dico sempre che in un rapporto di amicizia e alleanza, in un rapporto fraterno come quello fra l'Italia e l'Albania, tu non puoi scegliere solo quello che è bello e facile, quello che è politicamente pulito. Tu devi esserci anche quando c'è bisogno di fare le cose difficili e cercare di contribuire a risolvere i problemi». Ne fa una questione di fratellanza? «Certo. Non si può essere fratelli solo quando si tratta di prendere il Giro d'Italia o quando andiamo in Italia per tutte le bellezze italiane. Noi abbiamo avuto bisogno dell'Italia e siamo fratelli dell'Italia anche quando l'Italia ha bisogno di noi, il che non succede spesso». Ma lei come giudica quei centri? «Io non li giudico. Abbiamo concesso la giurisdizione allo Stato italiano su quel territorio. Spetta al governo italiano occuparsene». Molti sono colpiti dalla sua amicizia con Giorgia Meloni. Lei è del partito socialista, la nostra presidente del Consiglio è di un partito che affonda le sue radici nell'estrema destra Italiana. Cosa risponde? «Queste etichette, nel mondo d'oggi, non sempre raccontano la realtà. Giorgia è di destra, certamente, ma è di una destra europea. Sta cercando di trovare delle strade per tenere l'Europa unita. Giorgia è stata una sorpresa per tutti. Quindi non si può dire che io sia un socialista che va in giro con una fascista». Ma quelle gabbie per migranti. Quelle gabbie viste da voi, popolo di migranti? «Questo è un problema che non può essere oggetto di guerra politica. Perché rischia di spaccare profondamente le nostre società e di diventare una fonte di paura e di insicurezza. È un problema che ci deve mettere tutti insieme intorno a un tavolo». Per fare cosa? «Non bastano i centri di rimpatrio. Bisogna fare tante altre cose. Non si può immaginare l'Europa senza migranti. L'Europa muore di vecchiaia se non riesce a accogliere e integrare. È la Storia a dircelo. Ma tutto questo non può essere fatto in modo ideologico. Serve un modo ordinato. Ma è anche vero che l'Europa deve avere più amici. Se rimane sola, isolata, autoreferenziale, muore». L'Albania va al voto mentre passa la terza tappa del Giro. Non vi siete complicati la vita? «No, in genere sono giorni di tensione. Bene che ci sia una grande festa». I candidati che possono vincere sono solo due. Lei, che ha 60 anni, e Sali Berisha del Partito Democratico, che ne ha 80. Quando arriva il nuovo in Albania? «C'è quel detto che dice: "Fai attenzione a chiedere qualcosa di nuovo perché ti potrebbe arrivare qualcosa di più vecchio ancora"». A chi si riferisce? «Parlo del Paese più potente del mondo. Che ha qualcuno, a capo del governo, sugli ottant'anni, mi riferisco a Trump. Per me non è un problema di età, ma di energia, di idee e di capacità. Ed è un problema di democrazia: è la gente che decide». Cosa manca all'Albania per entrare in Europa? «Dal punto di vista del Giro d'Italia, niente. Mancano alcuni passaggi che fanno parte dei negoziati che vogliamo concludere alla fine del 2027». Cos'è per lei lo sport? «Tutti dicono che lo sport aiuta la pace e la fratellanza. Ma quanto investe l'Europa sullo sport? Non deve lasciarlo agli sponsor, deve farlo entrare nelle scuole. Non per la competizione, ma per una società più bilanciata fra TikTok, il corpo e la mente. Non siamo dei robot». Chi sono i suoi tre campioni della vita? «Dino Zoff, il primo indiscusso. Avevo il suo poster in camera, regalo di mio padre di ritorno dall'Italia. Poi dico Arrigo Sacchi. E il terzo, per la leadership, Josè Mourinho».