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Un nome e tanto altro
Redazione InPiù 08/05/2025

“Si parlava di un conclave diviso come non mai, tra cardinali freschi di nomina che neppure si conoscevano, di veleni e controveleni, di veti e controveti fra conservatori, centristi e progressisti”. Lo scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano osservando che, “invece, con la fumata bianca delle 18.06, solo 17 giorni dopo la morte di papa Francesco e 21 ore dopo la prima fumata nera, la Chiesa si conferma l’istituzione più solida su piazza, anche se ha il sistema elettorale più antico e strano del mondo. E, altro paradosso, quella più al passo con i tempi. L’eterno presente dell’èra liquida e il mordi e fuggi dei social trovano una risposta fulminea proprio da una congrega di vecchietti che si parlano in latino e seguono rituali bimillenari: quanto di più distante dalla modernità secolarizzata si possa immaginare. La Chiesa ha i tempi biblici dell’eternità, ma ha eletto il nuovo papa in tempi assolutamente umani: 2 giorni e 4 scrutini. Ora che i porporati hanno riavuto i loro cellulari – scrive Travaglio - sapremo quanti hanno votato Robert Francis Prevost e gli altri candidati. Di lui conosciamo la biografia uscita sui media in queste due settimane e mezza di Totopapa e Fantapapa: frate agostiniano, missionario in Perù, quindi nordamericano ma anche sudamericano, le polemiche su due preti suoi amici accusati di abusi. Ma quando un cardinale diventa papa non cambia soltanto nome (che pure è splendido, Leone XIV, sulla scia del XIII, il Papa sociale della Rerum Novarum): cambia molto altro. Chi si aspettava da Ratzinger un gesto rivoluzionario come le dimissioni? E quando fu eletto il 76enne Bergoglio, che stava facendo le valigie per ritirarsi in un pensionato, molti lettori pensavano di aver issato al Soglio un vecchio conservatore di transizione, come si era detto anche di papa Giovanni. E furono clamorosamente smentiti. Prevost è ritenuto ‘il meno americano dei cardinali americani’, anche se Trump non esiterà a metterci il cappello (anzi la mitria) sopra. È certo più riservato e prudente di Francesco, che però lo nominò cardinale e prefetto del Dicastero dei Vescovi, quindi se ne fidava ciecamente. Lui ieri l’ha citato e ringraziato commosso. Ma soprattutto – conclude - ha ripetuto per ben cinque volte una sola parola: ‘pace’. ‘Disarmata e disarmante’”.
Mario Sechi, Libero
La via della Chiesa passa tra Roma e Washington. Lo scrive Mario Sechi su Libero all’indoani dell’elezione di Leone XIV: “Lo Spirito Santo gioca a dadi con la Storia e ieri ne abbiamo avuto un altro segno: mentre tutti aspettavano l'ascesa di Pietro Parolin (regolare: è entrato Papa, è uscito cardinale), è arrivata l'elezione del primo Santo Padre americano, Robert Francis Prevost, nato a Chicago. A sinistra è già partita la pietosa corsa all'arruolamento, avviso ai naviganti: il nuovo Papa non è Francesco, è chiaro che siamo di fronte a un altro carattere, visibile fin dalla sua comparsa in scena, con il ritorno dei paramenti, il bianco che si sposa con il rosso, l'abito che fa il monaco. Prevost – osserva Sechi - si è definito un «figlio di Sant'Agostino» - un padre della Chiesa, gigante della cultura e della spiritualità - e anche questa è una differenza rispetto al gesuita Bergoglio. «Habemus Papam», la scelta rapidissima del Conclave non è casuale, la diocesi degli Stati Uniti è quella più importante, alla Casa Bianca i cattolici occupano ruoli chiave e interpretano il loro mandato politico con una forte spinta (anche) religiosa. E in terra americana che si giocano le più grandi partite geopolitiche e culturali: la guerra e la pace; la difesa del metodo democratico dall'aggressione delle dittature e dagli inganni delle tecnocrazie; il primato della politica sull'economia; la missione dell'Occidente e il recupero del "sacro". L'americano Prevost non sarà il Papa di Trump, Cesare e Dio non sono sovrapponibili, dunque ci saranno increspature e contrasti, ma entrambi avranno l'occasione che fu concessa a Ronald Reagan e Karol Wojtyla, quella di difendere i valori universali e seminare la pianta della libertà. La coglieranno? Non potranno sottrarsi alla chiamata, Trump governa la nazione che può cambiare il corso della storia, Prevost è la nuova voce che parla al mondo, quella che ha fatto risuonare per 8 volte in Piazza San Pietro la parola «pace» e citato «Cristo risorto». E una traccia sulla mappa – conclude - è la storia della Chiesa che per la prima volta passa tra Washington e Roma”.
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