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I confini e le parole perdute

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 07/05/2025

I confini e le parole perdute I confini e le parole perdute Goffredo Buccini, Corriere della Sera
Goffredo Buccini, sul Corriere della Sera, commenta la situazione a Gaza partendo dalle riflessioni di Liliana Segre, secondo la quale siamo passati dal miraggio di due popoli in due Stati alla realtà di «una trappola per due popoli» fondata sull’odio. No, afferma Buccini, non si possono mettere sullo stesso piano gli architetti di questa trappola: di qua dittature di islamisti dediti all’annientamento dello Stato ebraico e di là un governo democraticamente eletto nell’unica, per quanto ammaccata, democrazia del Medioriente. E, tuttavia, diciannove mesi e molti morti dopo, è ineludibile quel sentimento di «repulsione» che Segre ammette di provare verso le azioni dell’esecutivo di Gerusalemme, ricordiamolo, pesantemente condizionato dalla destra religiosa e radicale. Non è giusto parlare di genocidio, ci spiega chi ne è stata bersaglio da ragazzina, e tuttavia non si può tacere sulle stragi e le atrocità sofferte dai gazawi in una guerra di reazione che ha perso ogni proporzionalità. Il confine delle parole è tutto, nella grande tragedia che incatena tra loro israeliani e palestinesi. E bisogna rispettarlo, per non perdersi nella terra di nessuno del relativismo. Israele combatte dalla fondazione una guerra «esistenziale», avendo detto sì nel 1947 alla risoluzione Onu 181 sui due Stati e avendone ricevuto in contraccambio la prima aggressione della Lega Araba nel 1948. Questa natura di sopravvivenza inscritta in ogni guerra israeliana ci viene rammentata ciclicamente dai suoi leader. Ma la guerra esistenziale si può imbattere nella voragine morale della guerra asimmetrica, di cui molto ha detto Michael Walzer: quella nella quale il più debole combatte facendosi usbergo del proprio popolo, una guerra insurrezionale condotta in mezzo a donne e bambini, dentro scuole e ospedali, riversando sul più forte, sull’esercito avversario ad alta tecnologia, il carico della scelta etica, il preavviso del bombardamento che di rado salva davvero gli innocenti, il fardello di esodi di massa che troppo ricordano le deportazioni.
 
Gabriele Romagnoli, la Repubblica
Su Repubblica Gabriele Romagnoli si occupa del Conclave, che si apre oggi. E ieri – racconta – sono state portate via le insegne di Papa Francesco da Santa Marta, quella che è stata la sua casa e ora diventa dei cardinali. In attesa di essere rinchiusi per designare l’erede, già ieri appunto hanno mangiato e dormito tra quelle mura mentre l’ombra di Francesco veniva spostata più in là. In una giornata di sole giaguaro se ne filava via sotto il porticato dove reggevano gli ultimi altarini. quelli creati dai clochard a cui aveva dato un tetto per ripararsi dalla notte e che, molto più di chiunque altro, si domandano che ne sarà di loro da domani, o dopodomani. Si dissolveva lungo via della Conciliazione, andando controcorrente rispetto al flusso dei pellegrini avviati verso la porta santa, per un ingresso prenotato senza immaginare quanto fatidica sarebbe stata la data. Il corpo di Francesco si è allontanato già nel giorno del funerale, ma è in quest’ultimo sprazzo, nell’anticamera della successione, che si dilegua la sensazione della sua permanenza. Tutti, perfino un pontefice, possono sopravvivere in un vuoto, ma non nel suo riempimento. Gentile come si era presentato, si fa da parte. Diventa storia, scritta da chi lo ha amato o detestato, questo ben presto sapremo. La pagina è ancora sollevata, come quella del Vangelo sfogliato dal vento sulla sua bara. Si poserà con la fumata bianca e dirà se il capitolo precedente si chiude e per proseguire si volta o se si va semplicemente a capo, continuando la narrazione brevemente interrotta. Quando un’epoca finisce con una vigilia la nostalgia si mischia con l’eccitazione. Se tutto cambierà, ciò che è stato invecchierà di colpo. Non puoi chiedere al mondo di aspettare, ricordare, ancor meno puoi pretenderlo da una città come Roma.
 
Paolo Pombeni, Il Messaggero
Sul Messaggero Paolo Pombeni commenta la difficile partenza del neocancelliere tedesco Friedrich Merz, eletto solamente alla seconda votazione dopo essere stato impallinato da 18 franchi tiratori nella prima. E rileva che dalla soluzione che si è data alla complessiva crisi tedesca (perché di questo si tratta, e non di una semplice crisi di equilibri politici), rimangono due dati apparentemente contraddittori, ma in realtà complementari. Il primo – scrive Pombeni – è che ci saranno problemi nel gestire una nuova fase politica che metterà in campo quantomeno un tentativo di trasformazione di grande portata. Il governo Merz investirà una somma enorme per rimettere in sesto un’economia in recessione, per ridare alla Germania un ruolo chiave nella politica di difesa che spetta all’Ue quasi post-atlantica, per essere un protagonista chiave del ridisegno degli equilibri europei e non solo europei. Ovviamente sono obiettivi su cui c’è discussione e non solo in Germania, ma in tutta Europa. Di qui il colpo di teatro di un pugno di franchi tiratori che suppongono, forse con qualche fondamento, di dare voce a molte resistenze ad imboccare una via che per tanti aspetti è un’avventura. Il secondo dato, apparentemente contraddittorio, è che chi ha lanciato il sasso ha dovuto nascondere la mano più che in fretta. Si sarebbe potuto tirarla più per le lunghe, quantomeno dare il via solo ad una maggioranza risicatissima, mentre i partiti hanno costretto tutti a mostrare al mondo che la loro leadership sull’emergenza politica non tollera equivoci. È sin troppo facile immaginare che ai dissidenti e ai perplessi si sia fatto presente che la Repubblica Federale Tedesca proprio non poteva permettersi di mandare al mondo l’immagine di un gigante dai piedi più che d’argilla, incapace di assumersi l’onere di fronteggiare l’attuale tornante storico con tutto il peso della sua possibile forza: non era tollerabile nessun margine di incertezza. E i parlamentari perplessi della maggioranza, come la sciagurata di manzoniana memoria, hanno risposto positivamente.
 
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