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Potere e intrecci a carte scoperte
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 28/04/2025

“Il risparmio è potere. Per capire che cosa sta accadendo alle banche italiane potrebbero bastare solo un paio di numeri. È vero che ci sono protagonisti e interpreti della battaglia. Ma soprattutto si parla di denaro. E il denaro è potere”. Lo scrive Daniele Manca sul Corriere della Sera: “Quella annunciata ieri da Mediobanca e dai suoi vertici guidati da Alberto Nagel – sottolinea l’editorialista - è un’offerta su Banca Generali. Va ad aggiungersi alle altre che sono in atto o lo saranno. Quella di Monte Paschi sulla stessa Mediobanca, di Unicredit sul Banco Popolare, di Bper su Popolare Sondrio, oltre a operazioni parallele come l’ingresso di Unicredit in Generali e in Commerzbank. Ma l’offerta decisa dal consiglio Mediobanca domenica ha però un merito: rende il panorama di questo grande riassetto perlomeno in parte molto più chiaro. In sostanza Piazzetta Cuccia uscirà da Generali. L’offerta di Mediobanca che ha come finalità la fusione con Banca Generali, al di là delle dimensioni che ovviamente varieranno, permette di offrire al mercato, agli azionisti, di scegliere tra l’opzione Mps e l’opzione Mediobanca-Banca Generali. Senza altre implicazioni. E tutte le battaglie di potere di cui si è raccontato sinora? Le battaglie di potere – osserva Manca - si ammantano spesso di obiettivi poco chiari. Questa volta le carte sul tavolo ci sono tutte. Tutto risolto quindi? Per niente. Il risparmio è potere se viene ben gestito. Stiamo parlando di cifre enormi. Per avere un’idea si tratta di circa 4 mila miliardi di attività finanziarie. Ma senza troppe complicazioni, si pensi solo a quella cifra oscillante tra i 1.500 e i 1.900 miliardi liquidi che famiglie e imprese hanno tenuto e tengono sui conti correnti (il debito pubblico italiano è poco sopra i tremila miliardi). Se ben utilizzati e gestiti potrebbero remunerare meglio i risparmiatori e andare a sostegno dell’economia reale del Paese. Economia reale fatta di quel tessuto di piccole e medie imprese che, assieme al risparmio appunto, rappresenta uno dei pilastri dell’Italia. Se il potere non è finalizzato a una strategia rimane fine a sé stesso. La scelta di Mediobanca può aver contribuito a chiarire un poco il campo di gioco permettendo a tutti i protagonisti di fare la propria scelta. Anche la politica, il governo, dovranno chiarire come intendono muoversi”.
Stefano Folli, la Repubblica
Stefano Folli su Repubblica parla delle ‘manovre geopolitiche sul Conclave’: “Ha suscitato una certa curiosità – scrive - la notizia che il presidente francese Macron, a Roma per i funerali del Papa, abbia riunito i cardinali francesi per poi lasciar trasparire sui media il suo discreto appoggio per l’arcivescovo di Marsiglia, Aveline. Anche a Trump viene attribuito parecchio attivismo con i cardinali americani, a cominciare da Dolan: non perché questi sia un candidato verosimile — non lo è — ma in quanto possibile regista di una robusta corrente geopolitica. Queste pressioni ricordano alla lontana quelle che un tempo erano prerogative dei grandi sovrani cattolici. Ma più dei motivi religiosi pesavano gli equilibri di potenza in Europa. Del resto nel Conclave non ci sono russi di cui tener conto: c’è invece una presenza ucraina e il tema non è insignificante. E la Francia? Come detto, Macron ha capito e non da oggi l’importanza della posta in gioco, perciò si sforza di cucire i fili di una strategia opposta a quella trumpiana. A tal fine – osserva Folli - pesano anche i suoi eccellenti rapporti con la Comunità di Sant’Egidio. Parigi non è forte a sufficienza per influenzare un gruppo consistente di elettori, specie di fronte a una platea davvero globale come quella voluta dal pontefice deceduto. Tuttavia può contribuire a consolidare un nucleo solido, se riuscisse a creare un’intesa con la forte chiesa tedesca (peraltro divisa al suo interno) e poi a estenderla a qualcuno dei Paesi dell’Est — dalla Polonia ai Baltici — uniti tra l’altro da una linea di dichiarata ostilità alla Russia di Putin. In tutto ciò l’Italia conserva una linea di cautela, diremmo quasi di neutralità rispetto alle trattative tra i cardinali. Non è nella tradizione italiana favorire cordate o addirittura riunire le porpore per influenzarle. La storia secolare del Vaticano sul Tevere a qualcosa serve, insieme al distacco degli ultimi pontefici rispetto ai giochi politici romani. Certo, a destra come a sinistra, si gradirebbe un Papa italiano. L’Italia – conclude - si prepara al nuovo pontefice senza scivolare nelle inquietudini e nelle manovre di altri, non abituati ad avere il Papa in casa”.
Serena Sileoni, La Stampa
“L’imposizione del golden power sull’offerta pubblica di Banco BPM da parte di UniCredit è il frutto avvelenato caduto dall’albero delle migliori intenzioni”. Così Serena Sileoni sulla Stampa citando i precedenti dei governi Monti, Gentiloni, Draghi e Conte due. “Se ora il Governo Meloni ha potuto imporre una serie di rigide prescrizioni all’offerta di Unicredit – sottolinea l’editorialista - è proprio grazie a una graduale estensione della disciplina dei poteri speciali. Nata per proteggere infrastrutture critiche e aziende strategiche nazionali, qualsiasi cosa ciò voglia dire e implicare, essa si è trasformata nel più pervasivo strumento di controllo e influenza delle operazioni di mercato anche tra imprese italiane, come nel caso Unicredit-BPM. Un caso che, letto nei pochi dettagli fin qui noti, porta a tre considerazioni. La prima riguarda la prevedibilità di quanto accaduto. L’esperienza italiana insegna che gli appetiti di controllo del governo sull’economia sono insaziabili e che le migliori intenzioni non bastano a frenarli. La graduale espansione del golden power rappresenta, oggi, l’esempio più evidente di questo rischio. La seconda considerazione riguarda invece la discrezionalità con cui il governo può decidere se e come applicare i poteri speciali, sulla base di concetti molto generici come interesse nazionale e settore strategico. Insieme alla notifica dell’offerta di UniCredit, sul tavolo sono finite altre tre operazioni bancarie che hanno ottenuto luce verde. È probabile che la differenza di trattamento abbia fondate e solide ragioni. Peccato non poterne essere sicuri e potersi affidare solo a un concetto ‘virile’ di interesse nazionale evocato dal ministro Giorgetti. La terza considerazione riguarda, infine, l’intromissione nella gestione degli affari di mercato. Ai tempi delle aziende pubbliche e partecipate, la proprietà o la partecipazione azionaria dello Stato costituivano almeno un elemento oggettivo, un discrimine utile a definire quali fossero le imprese e i settori di cui lo Stato poteva decidere le sorti. Ora – conclude Sileoni - sull’uso di poteri di controllo così estesi e profondi anche in ambiti, come quello bancario, in cui l’esecutivo non ha nemmeno funzioni di vigilanza si stende un senso di imprevedibilità e persino arbitrarietà capace di far rimpiangere, anche ai meno nostalgici, le pericolose certezze dello Stato imprenditore”.
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