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Ucraina, segnali e illusioni

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 28/04/2025

Ucraina, segnali e illusioni Ucraina, segnali e illusioni Paolo Mieli, Corriere della Sera
Il miracolo non c’è stato, commenta sul Corriere della Sera Paolo Mieli. Ovviamente nessuno ha mai pensato, neanche per un attimo, che l’incontro di pochi minuti in San Pietro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky avrebbe portato, d’incanto, un’ancorché piccolissima forma di pace in Ucraina. Eppure, sabato mattina in piazza San Pietro si era percepito l’aleggiare di un barlume (niente più che un barlume) di ritrovato spirito dell’Occidente. Del resto, se Trump aveva deciso di compiere quel defatigante viaggio per restare poche ore a Roma, lo ha fatto, certo, per rendere omaggio alla salma di un pontefice con il quale oltretutto non era in rapporti particolarmente cordiali. Ma anche per mostrare un volto amichevole nei confronti dell’Europa. Adesso che stanno per scoccare i cento giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca si vedrà se quelle immagini riprese in Vaticano sono il segnale di qualcosa di reale o fumo negli occhi. E l’Ucraina sarà, com’è da oltre tre anni, il test decisivo per comprendere a che punto sono le relazioni atlantiche. Per l’Ucraina stessa, come è ovvio. E per l’Europa, quantomeno per quella parte di essa che si è convintamente impegnata ad aiutarla ancora a resistere. In attesa quantomeno di una tregua. Ma una tregua dai contorni ben definiti. Fin qui si è capito cosa vorrebbe Putin (in ciò sostenuto da Trump): la Crimea con riconoscimento internazionale si presume anche da parte delle Nazioni Unite, le regioni occupate e sono in discussione le parti non ancora militarmente conquistate, la cancellazione delle sanzioni europee, in particolare quella che esclude la Russia dal circuito bancario Swift e una nuova intesa sul grano ucraino. Ma non si è ben compreso cosa l’autocrate russo sarebbe disposto a concedere a Zelensky così che il suo Paese non abbia a vivere nel timore di subire ulteriori sorpresine. Nessun ingresso nella Nato, e questo si sa, ma resta assai vago in che cosa consisterebbe l’autorizzazione all’impiego di «volenterosi» — principalmente francesi e inglesi — a difesa di Kiev.
 
Romano Prodi, Il Messaggero
Sul Messaggero Romano Prodi suggerisce alcune misure da prendere per far crescere l’Italia. Partiamo dal fatto – scrive l’ex premier – che, in Italia, abbiamo alle spalle un periodo di crescita assai pigra, sempre sostanzialmente al di sotto dell’1%. In particolare lo scorso anno ci siamo collocati attorno allo 0,5% e, nonostante le tempeste commerciali, finiremo attorno alla stessa cifra nell’anno in corso. Questo risultato si pone tuttavia non solo a un livello inferiore alla media dell’economia mondiale e di quella americana, ma anche al di sotto della media delle economie europee. Cosa serve dunque per cambiare rotta e velocità. In primo luogo se le nostre piccole e piccolissime imprese sono in numero esorbitante (più di Germania e Spagna messe assieme) e hanno una produttività infinitamente inferiore alle nostre efficienti imprese medie, dobbiamo urgentemente favorirne l’aumento stimolando la loro crescita, le fusioni e l’iniezione di nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale. Bisogna poi obbligare ad una maggiore concorrenza che non può essere esercitata solo quando si hanno di fronte competitori esteri, ma anche quando la gara è unicamente fra italiani, come è il caso dei tassisti, degli stabilimenti balneari o di mille altre componenti del settore terziario a partire dalle professioni. Ancora più necessario è alleggerire il peso burocratico che, invece di ridursi, si sta estendendo a macchia d’olio, invadendo tutti gli aspetti della nostra vita e di tutte le nostre attività. Una serie di adempimenti burocratici senza fine e senza senso sta rimandando alle calende greche qualsiasi investimento pubblico, ritarda all’infinito gli investimenti privati, impedisce la nascita di nuove imprese, ostacola la partecipazione delle nostre Università ai progetti di ricerca europei e allontana ogni investimento internazionale.
 
Arianna Farinelli, la Repubblica
Come ci accorgiamo che nel Paese in cui viviamo la democrazia è in pericolo? Quali sono i segnali che ci avvertono che stiamo scivolando nell’autoritarismo? Dall’insediamento di Trump – scrive Arianna Farinelli su Repubblica – sono molti i segnali che mostrano un vero e proprio cambiamento di regime. L’aspetto che più mi preoccupa — più degli arresti e delle deportazioni di studenti e professori, più dello smantellamento di ministeri e agenzie statali (che non rientra tra le funzioni dell’esecutivo ma del Congresso) e anche più dell’inottemperanza del governo nei confronti delle decisioni della magistratura — è il fatto che il Doge stia raccogliendo un numero imprecisato di informazioni sensibili sui cittadini americani, proprio come accade nei regimi autoritari. È dunque per questo che il dipartimento gestito da Elon Musk è stato creato? C’è il forte sospetto che l’efficientamento del governo, la riduzione della burocrazia, la lotta alle frodi siano pretesti che il Doge usa per raccogliere dati sulla cittadinanza, con una violazione della privacy che non ha precedenti. Il Doge ha preteso (e in parte già ottenuto) dalle agenzie del fisco, delle pensioni, della sanità e del lavoro informazioni riguardanti i nostri conti correnti, i trattamenti pensionistici, le tasse che paghiamo, le malattie di cui soffriamo, il livello di istruzione che abbiamo e persino gli alimenti che versiamo all’ex-coniuge e le sostanze da cui siamo dipendenti. L’elenco, pubblicato dal New York Times, comprende centinaia di voci. Trump ha firmato un ordine esecutivo per il consolidamento di questi dati in un unico sistema informatico e ha incaricato Musk di implementarlo. Mi chiedo, allora, cosa deve farci il governo con i miei conti bancari, la mia pensione e le mie cartelle cliniche? Di solito, nei regimi autoritari, queste informazioni vengono utilizzate per controllare la cittadinanza e creare dossier contro chi dissente. È questo, dunque, quello che stanno facendo? La raccolta dei dati fa parte della svolta autoritaria di questo Paese, così come il pugno duro sul mondo accademico e la totale inosservanza delle decisioni dei giudici?
 
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