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L'Europa prova a giocare
Un'Europa più unita ci conviene
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 15/04/2025

“La situazione è tanto fluida che sarà bene capire quali sono i poteri dei due capi di governo, i moventi e i margini delle loro strategie”. Così Sabino Cassese sul Corriere della Sera alla vigilia della visita di Meloni da Trump: “Il presidente degli Stati Uniti – scrive l’editorialista -ha potuto prendere decisioni unilaterali così drastiche, in un’area del mondo tanto globalizzata come il commercio internazionale, perché glielo ha consentito il Trade Act 1974 firmato da Gerald Ford, l’unico presidente americano che non è stato mai eletto a quella carica. Ecco il primo paradosso: una norma adottata per assicurare la globalizzazione del commercio viene ora utilizzata allo scopo di imporre dazi che limitano il commercio mondiale. Si tratta delle barriere non tariffarie, quali ad esempio le norme di quel gigante regolatorio che è l’Unione europea, sui servizi e sul mercato digitale, alle quali si accompagnano iniziative delle autorità fiscali, l’irrogazione di pesanti multe (di centinaia di milioni e di decine di miliardi), e di iniziative penali delle procure di diversi Paesi europei. Questo – osserva Cassese - è il secondo paradosso dell’azione degli Stati Uniti, un po’ troppo rapidamente definita sovranista: essa è mossa anche dallo scopo di abbattere barriere non tariffarie ed evitare sanzioni di giudici che incidono sull’azione globale di imprese nate in territorio americano. Trump alza le barriere tariffarie anche perché l’Unione europea abbassi le barriere non tariffarie. Ecco il terzo groviglio di paradossi di cui l’Unione europea deve tenere conto. Trump difende la sua globalizzazione. Un potere pubblico nazionale esercita la sua sovranità per ridurre i vincoli posti da un’autorità sovranazionale alle più importanti imprese private esistenti al mondo. L’America, che ha insegnato al mondo la regolazione, in particolare quella per la concorrenza, lamenta che l’Unione europea ha imparato troppo bene la lezione. Infine, in questo negoziato complesso, che si svolge in modi anche sconcertanti, in qualche caso volgari, c’è un problema di riduzione delle asimmetrie anche in altri campi, che riguardano direttamente gli Stati, come la difesa e il suo costo, oggi sbilanciato a sfavore degli Stati Uniti. Non si oppongono chiusura nazionalistica statunitense e apertura globale dell’Unione europea. Gli Stati Uniti – conclude - sono troppo interessati ai commerci mondiali”.
Annalisa Cuzzocrea, la Repubblica
Annalisa Cuzzocrea su Repubblica commenta l’intervento e i rilievi del capo dello Stato relativi alla legge sui ristori ‘ai parenti delle vittime di crolli di strade e autostrade’ approvato dalle Camere. “Sergio Mattarella – scrive - ha voluto mandare un messaggio al Parlamento. Doveva arrivare un cattolico democratico come il capo dello Stato per dire alla destra di governo, e a un’opposizione evidentemente distratta, che non esistono famiglie di serie B o figli di un dio minore. Sembrerebbe elementare, automatico, per chi conosca la nostra Costituzione e la moderna giurisprudenza. Non è un principio formale. Quel che il presidente sta dicendo è che chi legifera ha il dovere di farlo per tutti, non per un’idea di famiglia artificiale, spacciata per naturale, che è nella testa di certa propaganda. È una decisione che conforta chi ancora crede in una democrazia capace di tutelare i diritti di ogni cittadino, e probabilmente anche chi spera che cadano le discriminazioni che ancora esistono per i figli delle coppie arcobaleno. Criminalizzati dalla legge che ha reso la gestazione per altri reato universale e privati della possibilità di essere riconosciuti da entrambi i genitori. È questo – sottolinea l’editorialista - il rischio che corrono le destre che si ispirano ai principi ‘Dio, patria e famiglia’: confondere il bene comune con il bene di chi la pensa come loro. Non riconoscere in ogni cittadino, che sia uomo, donna, omosessuale, lesbica, trans, queer, un portatore di diritti universali che non possono essere riconosciuti solo a qualcuno, o solo in parte. Quel che Mattarella dice con i suoi rilievi è che non accetterà eccezioni sull’uguaglianza dei diritti dei cittadini pretesa dalla Carta. Resta da capire come mai l’opposizione non si fosse accorta di niente, e qui viene il sospetto di una cautela eccessiva rispetto a tutto quel che la destra chiama woke. A furia di dire che la sinistra arretra nel mondo per aver difeso troppo i diritti delle minoranze, arrivando a esagerazioni di cui tanto si è parlato soprattutto negli Stati Uniti, si rischia di non fare le battaglie che vanno ancora fatte. In un mondo in cui la destra ha scelto di indicare alcune categorie come i nemici, migranti, omosessuali, trans, oppositori politici, la difesa dei diritti civili non può passare in secondo piano rispetto ai diritti sociali. Vanno insieme a lavoro, salute, welfare”.
Ettore Sequi, La Stampa
“Il rifiuto degli Usa di sottoscrivere una dichiarazione di condanna del G7 per l’attacco russo alla città ucraina di Sumy –35 civili uccisi e decine di feriti in un bombardamento deliberato– non è soltanto un cedimento morale”. Lo scrive Ettore Sequi sulla Stampa sottolineando che questo “è il segnale di una mutazione profonda nella politica americana e di un calcolo strategico errato. Washington ritiene così di poter «mantenere aperto uno spazio negoziale» con Mosca. Ma un negoziato non si tiene in vita fingendo che la violenza non esista. E meno ancora si rafforza la propria posizione rinunciando a difendere la solidarietà con gli alleati. Se Trump pensa di agevolare un compromesso, evitando di irritare Putin, fraintende la logica delle autocrazie. Queste rispettano la fermezza, non la conciliazione; disprezzano la disponibilità al compromesso quando essa appare esitazione. Dissociarsi dalla condanna del G7 non sembra dunque un’apertura negoziale, ma una concessione unilaterale”. Secondo Sequi, “c’è un altro messaggio implicito, altrettanto grave: il disinteresse crescente verso i formati multilaterali, grandi o piccoli. Rifiutare una dichiarazione comune su un tema importante significa negare il principio stesso della responsabilità condivisa. È l’affermazione di un’eccezionalità americana non più nel guidare, ma nel distinguersi dagli alleati; di un’America che non cerca partner, ma gregari. Per Trump, l’allineamento con l’Europa è debolezza. E le dichiarazioni multilaterali vengono respinte soprattutto perché implicano parità con governi ritenuti irrilevanti. È il riflesso di una diplomazia che considera il multilateralismo un ostacolo e il G7 rischia di diventare una liturgia vuota. Il vero obiettivo è ristabilire un rapporto strategico con Mosca, che vada oltre la guerra e tocchi temi economici, commerciali ed energetici. A ciò si aggiunge un fraintendimento profondo tra Trump e Putin. Il primo aspira a una tregua rapida e alla cessazione dei combattimenti, da esibire come trofeo personale, anche a costo di sacrificare la sostanza strategica. Il secondo – conclude - vuole una pace alle sue condizioni, che lega ai negoziati per una tregua: amputazioni territoriali e neutralizzazione dell’Ucraina, limitazione delle garanzie di sicurezza occidentali a Kiev, fine delle sanzioni contro la Russia”.
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