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La lotta all'immigrazione illegale non è xenofobia ma fare i conti con la realtà

Redazione InPiù 31/03/2025

Altro parere Altro parere Claudio Cerasa, il Foglio
“Non è destra: è buonsenso. Non è razzismo: è governo. Non è xenofobia: è legalità”. Claudio Cerasa sul Foglio cita “il più importante leader della sinistra europea, Keir Starmer” che, scrive il direttore, “ieri ha scelto di mettere al centro del dibattito pubblico del proprio paese un tema che nessuna grande sinistra europea oggi ha il coraggio di considerare cruciale, dirimente e dirompente. Il tema, naturalmente, ha a che fare con uno dei grandi tabù delle sinistre mondiali, uno dei grandi temi rimossi dall’agenda del progressismo europeo, uno dei tanti temi che la sinistra ha regalato alla destra nonostante non riguardi la destra ma riguardi semplicemente la legalità: il tema dell’immigrazione illegale. Il punto è semplice: se non hai il diritto di stare in questo paese, allora non dovresti stare qui. La critica indiretta di Starmer è al fronte politico europeo che tra la difesa della legalità e la difesa dell’immobilismo, quando parla di immigrazione, sceglie la difesa dell’immobilismo, senza capire che non dare risposte  sull’immigrazione, o dare solo risposte umanitaristiche, significa alimentare quella spirale di insicurezza che porta a rafforzare il populismo e significa anche essere ‘ingiusti nei confronti degli stessi migranti illegali perché si tratta di persone vulnerabili, sfruttate senza pietà da bande vili’. Nel farlo, Starmer, oltre ad aver indicato l’intenzione di rivedere l’applicazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela il diritto alla vita familiare, poiché spesso viene invocato per evitare l’espulsione, ha messo al centro del suo ragionamento anche un altro tabù, che era l’essenza del messaggio della Brexit: uscire dall’Europa, fare da soli, per riprendere il controllo dei propri confini. Starmer ha detto che no, ‘nessun paese può farcela da solo’, e anche per governare l’immigrazione illegale occorre ‘cooperazione internazionale’. La sveglia di Starmer è rivolta al proprio paese, ma è una sveglia universale al centro della quale vi è un messaggio importante: governare i confini, renderli sicuri, ribellarsi all’idea che chiunque voglia venire nei nostri paesi debba poterlo fare, significa lavorare per la legalità e significa riprendere il controllo sul proprio paese dalle isterie populiste. Dove si crea un vuoto – conclude - arrivano gli estremisti. Dove il vuoto viene occupato dai partiti riformisti, si fa politica”.
 
Luigi Caramiello, il Riformista
“Questa storia del riarmo collettivo, unitario, ovvero dell’esercito europeo è una chiara trasfigurazione retorica del concetto ‘non si deve fare nulla’”. Lo scrive Luigi Caramiello sul Riformista sottolineando che “dato che l'esercito europeo. evidentemente, è un progetto a lungo termine, che dovrebbe coniugarsi con altri allineamenti non da poco, sul piano politico, istituzionale, economico, dire bisogna fare l'esercito europeo di fronte alle urgenze presenti è lo stesso che dire non bisogna fare nulla, anzi è proprio il modo per non fare nulla, di buttare la palla in tribuna, dicendo pero che si è tanto ben intenzionati a fare la difesa europea, che deve essere fatta ‘come si deve’. Aggiungendo che, certo, cosi la pensavano anche i padri fondatori. Un armamentario retorico che serve solo ad aggirare una questione semplice: tutti i partiti, in varie nazioni sanno quanto sia impopolare chiamare la gente alle armi, insomma fare la guerra, anche quando è indispensabile. È chiaro che è molto più agevole – spiega Caramiello - dichiarare che non si vorrebbe farla, ma si è costretti a farla, perché ci sono degli obblighi europei ai quali non ci si può sottrarre. Per questo il meccanismo all'opera nella testa di tanti settori politici, anche avveduti, è semplicemente questo: scaricare l'eventuale decisione di mobilitare le forze armate sull'Europa, per sfuggire alle proprie responsabilità. Riguardo alla questione ‘tecnica’ aldilà di tutte le quisquilie sul risparmio che si otterrebbe da una difesa comune la verità è che la difesa comune si realizza in modo semplice, veloce ed efficace, rafforzando tutti gli eserciti nazionali e mettendoli sotto un sistema di coordinamento apicale e una catena di comando comune. Insomma, se c'è da fare presto e bene, lo schema è questo. Dichiararsi pronti, ma solo nell'ambito della difesa comune europea, se non addirittura sotto l'ombrello dell'ONU, significa quindi non essere disposti a fare nulla. E questo è gravissimo perché trasmette. ai nostri potenziali" nemici, un segnale di debolezza, di scarsa determinazione e di inesistente coesione. Nel nostro Paese dovrebbero capirlo tutti e in fretta. a destra e a sinistra, adottando sull'argomento un atteggiamento in chiave di ‘unità nazionale’ (la Russia è un po' più pericolosa delle Brigate Rosse…) piuttosto che traccheggiare sul tema al fine di lucrare un punto in più o in meno nei sondaggi”.
 
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