-
Ma il paese pensa ai giovani?
-
Altro parere
-
Iran, le scelte di Trump
-
Altro parere
-
Fallimenti da evitare
-
Malafede e ingenuità
-
Zelensky: «Ora non calino gli aiuti per Kiev»
-
Crosetto: «Il timore di tutti è l'arma atomica. Da un'escalation rischi ...
-
Altro parere
-
La nostra classe dirigente
-
Altro parere
-
Il quorum e la difesa del sistema
-
Altro parere
-
La brutalità con gli alleati
-
Altro parere
Essere europei sul serio
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 31/03/2025

A memoria è difficile trovare nel dibattito pubblico italiano qualcosa di più stravagante della feroce contesa intorno al Manifesto di Ventotene. Ha distolto l’attenzione dal vero problema che incombe sul Paese, sul suo destino, sulla sua futura sicurezza, sulla stessa democrazia italiana. Il problema è ciò che i sondaggi dicono sugli orientamenti dell’opinione pubblica. Orientamenti che, naturalmente, possono col tempo cambiare. Oggi però c’è una maggioranza alla quale non importerebbe nulla se l’Ucraina intera finisse in mano ai russi e che è contraria al piano di riarmo sponsorizzato dall’Europa. Anzi, a qualunque riarmo, in qualunque forma. Una maggioranza che taglia trasversalmente gli schieramenti politici e che, apparentemente, non sembra affatto credere che esistano seri rischi per la sicurezza dell’Europa e, quindi, anche del nostro Paese. Dai sondaggi risulta, insomma, che l’Italia sia, al momento, uno degli anelli più deboli della catena europea. Si capisce perché i russi, che conoscono la situazione italiana, attacchino il presidente Mattarella: si inseriscono nel dibattito italiano per seminare zizzania. Con un certo successo, a quanto pare. Lo scenario internazionale volge al cupo. Bisogna tenere conto di due aspetti. Il primo è che venendo meno la protezione americana dell’Europa, ciò che gli europei dovranno fare nei prossimi anni sarà rafforzare la gamba europea della Nato. Della Nato non si può fare a meno ma in essa gli europei dovranno impegnarsi in modo sempre più attivo. Significa potenziamento dei sistemi difensivi europei e un loro crescente coordinamento. Solo così si crea la «difesa europea». In un’epoca in cui la guerra è tornata in Europa è questo il modo per essere «europeisti». Altrimenti, restano solo chiacchiere e retorica. Il secondo aspetto da considerare è che comunque finisca il conflitto in Ucraina, la Russia, con la sua economia di guerra, non si fermerà. L’attesa è che entro pochi anni ricomincerà a espandersi militarmente a scapito di altri Paesi europei (per ricostituire, come vuole Putin, l’impero perduto con il crollo dell’Unione Sovietica).
Massimo Recalcati, la Repubblica
Secondo Massimo Recalcati, l’immagine di un Biden senza più vigore e incapace di riconoscere la necessità del suo avvicendamento fotografa la dimensione melanconica nella quale sembra versare non solo il partito democratico americano ma la democrazia occidentale come tale. Il destino di un mesto tramonto di fronte alla forza iperattiva del sovranismo e delle leadership antidemocratiche sembra, infatti, trovare in quell’immagine la sua profezia: attaccamento senile al potere, difficoltà di ricambio generazionale, inettitudine nel trasmettere una leadership vitale e credibile, capace di visione e invenzione, distacco dalle classi impoverite o più fragili e marginali, definiscono i limiti profondi della politica della democrazia in Occidente. Nell’immagine di Biden attaccato tragicamente, sino all’ultimo respiro, a un sogno di gloria impossibile, sono rappresentate plasticamente tutte le ragioni dell’attuale crisi della cultura democratica. Da questo punto di vista la spartizione del mondo in corso da parte delle grandi superpotenze lo confermerebbe in modo clamoroso: la melanconia della democrazia soccombe di fronte alla forza virile dei nazionalismi sovranisti. La stessa Europa democratica appare schiacciata tra due morse che le tolgono il respiro. Da una parte la dimensione senile e impotente della democrazia americana surclassata dal vigore populista del trumpismo e, dall’altra, la contestazione autocratica del parlamentarismo democratico che anima non solo la Russia di Putin, ma la più parte dei governi del mondo. In fondo si potrebbe applicare alla democrazia quello che Berlinguer negli anni Settanta disse a proposito dell’Unione sovietica: i suoi antichi e rivoluzionari ideali di fratellanza, libertà e uguaglianza avrebbero esaurito, come è accaduto alla rivoluzione bolscevica d’ottobre, la loro spinta propulsiva.
Alessandro Sallusti, Il Giornale
Scommettere che il riarmo sia un tema che possa spostare in modo significativo le intenzioni di voto degli elettori – scrive Alessandro Sallusti sul Giornale – è un po’ come giocare la schedina del Superenalotto, costa poco ma le probabilità di vincita sono infinitesimali. Se ne discute da settimane tra e dentro le coalizioni di centrodestra e del centrosinistra ma il barometro del consenso segna tempo sostanzialmente stabile, gli spostamenti in su o in giù dei singoli partiti sono nell’ordine dello zero virgola come sempre accade. E lo stesso vale per la rissa in corso sull’Europa amica per alcuni e nemica per altri: puro effetto placebo. Se e quando verrà presa una decisione definitiva, ognuno, non tanto sul riarmo, bensì sulle conseguenze economiche pratiche, trarrà le proprie conclusioni ma quel giorno non è oggi né domani e comunque il buon senso fa escludere che l’eventuale conto sarà pagato con una diminuzione del welfare. Per ora gli unici soldi pubblici buttati al vento - e sottratti ai bisogni delle fasce più bisognose - sono quelli che le amministrazioni pubbliche di sinistra hanno speso e più o meno insieme a Cinque Stelle intendono spendere nelle prossime settimane per pagare le manifestazioni di piazza contro non si capisce bene che cosa: la guerra di Putin?; la pace di Trump?; l’Europa che non fa nulla?; l’Europa che vuole fare qualcosa? Qualcuno confonde la visibilità mediatica data dal fare casino sempre e comunque con il consenso elettorale. Se così fosse Matteo Renzi dovrebbe essere attorno al venti per cento ma nella realtà non si schioda dal due; se così fosse i Cinque Stelle non avrebbero dimezzato i loro voti elezione dopo elezione. Paga la coerenza e, anche se sembra paradossale, i partiti del centrodestra lo sono anche nella inedita litigiosità, a tratti aspra, di questi giorni: Meloni e Tajani hanno scelto l’estate scorsa di stare nel nuovo governo europeo e provare a incidere da dentro; Salvini si è messo da subito all’opposizione senza se e senza ma della Von der Leyen. I primi due trattano e mediano, il terzo va a testa bassa contro tutto e tutti. Non c’è alcuna novità, non fino a che il dissidio dovesse entrare nel Consiglio dei ministri. Cosa che nonostante il trambusto e le sportellate propagandistiche di queste ore appare molto ma molto improbabile
Altre sull'argomento

Italia e Ue di fronte al conflitto Israele-Iran
Solo una voce unita dell'Europa può essere ascoltata
Solo una voce unita dell'Europa può essere ascoltata

Ma il paese pensa ai giovani?
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Le incertezze di Trump tra guerra e pace
Intanto indebolisce il G7 e vagheggia un rapporto diretto con Russia e Cina
Intanto indebolisce il G7 e vagheggia un rapporto diretto con Russia e Cina

Altro parere
L'Occidente torna a dare le carte
L'Occidente torna a dare le carte
Pubblica un commento