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Oltre gli Usa esiste un mondo
Redazione InPiù 26/03/2025

Sul Messaggero Romano Prodi ricorda che oltre gli Stati Uniti esiste un mondo. E in merito ai dazi di Trump, afferma che un quarto dell’economia mondiale tende ad isolarsi, gli altri tre quarti debbono trarne le conseguenze. Per iniziare dall’Europa è certo importante che si sia iniziato a sostituire l’ombrello americano nel campo della difesa, ma bisogna tenere presente che, in ogni organizzazione politica, non esiste solo il ministero della Difesa, ma anche i vari dicasteri economici, ai quali si aggiungono quelli che riguardano gli altri aspetti della vita, a cominciare dal Welfare. Altrettanto chiaro è il fatto che non si deve pensare solo ad una riparazione dei danni, ma anche ad un ripensamento della nostra politica, a cominciare da quella economica e finanziaria. E’ urgente decidere sulla difesa, ma è altrettanto urgente (e oggi più possibile e doveroso che in passato) riflettere su come mettere a servizio dell’economia europea le centinaia di miliardi di nostri risparmi che ogni anno emigrano verso i fondi americani. Organizzare un grande mercato dei capitali europeo è oggi un obiettivo più vicino e più possibile che in passato. Tuttavia tutti i tre quarti del mondo, esclusi dagli Stati Uniti, debbono decidere che cosa possono fare insieme per evitare che la separazione americana getti il pianeta in una crisi paragonabile a quella del 1929. In primo luogo come agire per rendere possibili relazioni eque e intense fra Europa e Cina dato che, insieme, raggiungono il 34% del PIL mondiale e sono, per loro natura, obbligate ad avere crescenti rapporti con i mercati terzi. Questo problema mi veniva quotidianamente posto dagli studenti cinesi. A loro rispondevo che un quadro di collaborazione attiva e paritaria è oggi utile e necessario, e se non siamo riusciti a farlo nei passati trent’anni, dobbiamo lavorare molto per realizzarlo oggi, disponendoci entrambi a mettere in atto radicali cambiamenti. Da parte europea il primo obiettivo deve essere l’elaborazione di una politica unitaria. Se ripetiamo il caso dei dazi europei sulle automobili elettriche cinesi, in cui ogni paese ha tenacemente portato avanti i propri interessi e i cinesi hanno ovviamente giocato su questa debolezza, non andiamo da nessuna parte.
Gaetano Quagliariello, Il Giornale
Sul Giornale Gaetano Quagliariello torna sulla polemica scoppiata intorno al manifesto di Ventotene, interrogandosi sul perché affermazioni come: «Credo nell’Europa di De Gasperi, e non in quella di Ventotene»; oppure: «Condivido la visione liberale di Einaudi e non mi ritrovo in quella giacobina di Ernesto Rossi»; o persino: «Nel mio dna ho l’Europa delle nazioni e non posso perciò riconoscermi in una visione federalista», vengano ritenute alla stregua di inaccettabili profanazioni, in particolare dagli eredi di chi giudicava i giovani estensori del Manifesto degli inaffidabili incoscienti. Il percorso di Spinelli una volta lasciata Ventotene – sottolinea – può aiutarci a rispondere. Egli non fu un federalista integralista. Comprese i nuovi equilibri del mondo. Provò a cogliere, pragmaticamente, le occasioni della storia. Per la sua transigenza ebbe non pochi problemi con i suoi compagni di fede europeista. Negli anni Sessanta, quando l’Europa delle nazioni trovò in De Gaulle il suo condottiero, utilizzò la circostanza per provare a convincere i socialisti a staccarsi da una visione «stato centrica». Aprì, allora, qualche breccia. Nel 1979, con lo stesso spirito, accettò la candidatura al Parlamento Europeo come indipendente nelle liste del Pci. Mentre i comunisti ufficiali, nello stesso anno, votavano contro l’ingresso dell’Italia nello Sme, l’antenato della moneta unica. Per questo, quando poco dopo i comunisti fallirono l’appuntamento con la trasformazione socialdemocratica, Ventotene divenne la loro uscita di sicurezza. Consentì loro di riguadagnare il giusto senso della storia senza passare da Bad Godesberg. Di annoverarsi tra i Padri Fondatori dell’Europa, senza fare i conti con l’opposizione alla Ced, al Mercato Unico, allo Sme. Al prezzo modico di una gita fuori porta. Se, dunque, si voleva provocare, la provocazione è riuscita. Ma ci si può accontentare di mettere le dita negli occhi dei propri avversari o far emergere le loro rimozioni? L’esercizio è utile solo se si è disposti a scavare nelle proprie di rimozioni. Per ambire a proporre un’altra egemonia culturale. Non ci si fermi, allora, a Ventotene. Ci si confronti anche con l’Europa di De Gasperi e di Einaudi. E non si abbia paura di confrontarsi con quelle idee, non meno pioneristiche, ma più resistenti e più attuali.
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