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Stefano Bonaccini: "Niente corsa agli armamenti"

Giulia Ricci, La Stampa, 9 marzo

Redazione InPiù 09/03/2025

Stefano Bonaccini: Stefano Bonaccini: "Niente corsa agli armamenti" "Riarmo? Mai termine più usato per parlare di difesa europea. E dico sì ad un esercito comune, ma dentro un mondo nel quale vogliamo usare anche parole di pace: se no diventa solamente una corsa agli armamenti». Sembra di sentir parlare Elly Schlein. E invece a dar ragione alla sua segretaria sul RearmEu, è il presidente del Pd Stefano Bonaccini, in un colloquio con Giulia Ricci sulla Stampa di domenica 9 marzo. L'occasione poteva essere ghiotta per fare un distinguo sul tema («La penso come Schlein su tutto? Sarebbe impossibi le», ammette lui stesso), ma non è il caso del piano presentato da Ursula von der Layen: «Sono grato a chi in Europa sta lavorando per correggerlo. E guai se vengono usati i Fondi di coesione. Riarmare ogni singolo dei 27 Paesi non aumenterà la sicurezza dei nostri territori». Bonaccini sembra così provare a placare gli animi dei riformisti che, chi più chiaramente e chi meno, si stavano schierando contro la leader e con l'ex commissario europeo Paolo Gentiloni («Il riarmo è la strada giusta»). Davanti a una platea di 400 tra militanti e amministratori locali, molti desiderosi di una nuova linea interna al Pd o almeno di una corrente fatta e finita in cui ritrovarsi, il presidente dem ribadisce la linea mantenuta negli ultimi due anni: «Il Partito democratico deve rimanere unito». E, a domanda diretta, si rifiuta di rispondere all'appello lanciato sulle pagine de La Stampa da Luigi Zanda, che ha chiesto «un congresso straordinario». Un distinguo, però, c'è: l'invito a partecipare tutti alla piazza «per la libertà, la pace, la democrazia e la giustizia sociale del 15 marzo». Un distinguo perché, anche se il Pd ha confermato la sua presenza nella manifestazione lanciata da Michele Serra, sembra che Schlein non abbia voluto organizzare pullman e treni dai territori, nonostante le tante richieste arrivate dai militanti ai circoli. La linea sarebbe, quindi, "tutti liberi, ma in ordine sparso" (e senza contributi economici dal Nazareno per la trasferta, come scritto a chiare lettere in un messaggio condiviso da Igor Taruffi alle varie segreterie); un modo per smarcarsi mentre a sinistra c'è chi starebbe organizzando una piazza alternativa contro la guerra e le spese militari. C'è poi stata una frase che può estere letta come una stoccata, «la leadership non si vede se vinci le primarie, ma se vinciamo le elezioni», che rimane però fluttuante in mezzo ai buoni propositi per il futuro e le promesse alla base del partito: «Il centrosinistra non deve più andare al governo senza vincere alle urne». Applausi. Come arrivare a quell'obiettivo passa da una serie di ricette che parlano di alleanze e proposte. Anche per Bonaccini il Pd «da solo non ce la può fare», ma difende la sua «vocazione maggioritaria: deve provare ad essere baricentro di una nuova coalizione che guardi sì alla nostra sinistra, ma anche a una destra moderata». Perché se lui ribadisce i suoi natali nel Pci e l'essere «un uomo di sinistra», il partito deve saper parlare anche a chi tale non riesce a definirsi, «i cosiddetti moderati e liberali che non riescono a votare questa destra di governo, ma devono trovare un posto dove riconoscersi». Poi, un messaggio alle altre forze politiche: «Io invidio la destra che sa rimanere unita anche quando è divisa: se noi ci fossimo alleati almeno con una parte, ora in Senato non avrebbero la maggioranza». Parla dell'Europa e dei suoi valori, in contrapposizione alle politiche di Trump, e come si debba costruire un'alternativa «ma non criticando solo la destra, bensì facendo proposte con alcune parole chiave e programmatiche, partendo dalla transizione ecologica e digitale». E poi «lavoro, auto- nomi, partite iva, commercianti. Serve la pragmaticità che ci porti ad avere il consenso anche della classe popolare: perché quando stanno peggio nel reddito, sono meno istruiti e vivono nelle periferie votano la destra». E va bene la questione meridionale, «ma c'è anche quella settentrionale — continua l'europarlamentare—, perché per governare il Paese devi prima essere al governo delle Regioni che più portano innovazione. Per questo da aprile a giugno io e Giorgio Gori andremo a incontrare le imprese». Insomma, la sua Energia Po- polare non è e non sarà «una corrente, perché sono sempre e solo servite a portare perso- ne in Parlamento, ma un'area culturale riformista. Se non cambia la legge elettorale, co- me temo, farò in modo che tutti i candidati, ovunque, siano scelti con le primarie».
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