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Redazione InPiù 06/02/2025

"Una chiara contraddizione è emersa ieri dagli interventi dei ministri Nordio e Piantedosi in Parlamento sul caso Almasri. I due hanno fornito versioni differenti di ciò che è accaduto tra il 18 gennaio, giorno in cui la Cpi ha spiccato l’ordine di cattura per il generale libico, e il 21, quando, scarcerato, veniva riaccompagnato a Tripoli con un aereo dei servizi segreti". Lo sostiene sulla Stampa Marcello Sorgi. "Nordio – spiega Sorgi - ha posto subito la questione-chiave attorno a cui ruota tutto il caso: la legge che regola i rapporti della Cpi con gli Stati che la riconoscono prevede che le richieste di arresto viaggino per canali diplomatici, in modo da consentire ai governi, e in particolare ai ministri di giustizia che le ricevono, di esprimere un parere preventivo sull’arresto, un sì o un no basato su ragioni politiche. La versione di Piantedosi è stata del tutto diversa. Il generale libico era tenuto sotto controllo da luglio con il ‘codice blu’ che si riserva alle persone pericolose. Il 18 il codice passò da blu a rosso e la Cpi ne ordinò l’arresto, che venne subito eseguito. Peccato però che Interpol e polizia dimenticarono di avvertire il ministro di Giustizia, come prevedono gli articoli 2 e 4 della legge che regola i rapporti con la Corte dell’Aja, impedendogli di esercitare il suo diritto ad esprimersi preventivamente sull’arresto. Due ricostruzioni così dettagliate ma così poco combacianti consentono di ricavarne una terza: Almasri incappò in un sabato pomeriggio, il 18 gennaio, che come si sa nel territorio italiano e nelle sue propaggini all’estero è una quasi domenica. Quando, come prevede la legge, la richiesta di arresto del generale venne consegnata, il 19, all’ambasciata dell’Aja, in sede non c’era nessuno, tranne il personale di polizia a guardia dell’edificio. Ecco la ragione per cui l’ordine di cattura, invece di viaggiare per canali diplomatico-politici come prescritto, finì nelle mani dell’Interpol che tramite i suoi canali eseguì il fermo di Almasri a Torino e poi si rivolse alla magistratura per ottenerne la convalida. Insomma – conclude l'editorialista -, un pasticcio".
Carlo Bonini Repubblica
Su Repubblica Carlo Bonini definisce un esempio di "sovranismo giudiziario" l’informativa di ieri in Parlamento dei ministri Nordio e Piantedosi sul caso Almasri. “C'era una strada maestra per spiegare al Paese, senza offenderne l’intelligenza e la dignità, la scelta di riconsegnare un cittadino libico accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità alla libertà e all’impunità che Tripoli assicura a chi si macchia di indicibili violenze contro migranti in catene. Parlare il linguaggio della verità. Per quanto disturbante potesse suonare. Assumendosi dunque la responsabilità politica di aver agito per una ragion di Stato che il Paese avrebbe così avuto modo di ascoltare, pesare, e giudicare. Ma era un’opzione che non appartiene alla cultura politica e istituzionale di questo governo. Diciamo pure che le è antitetica. Perché la verità dei fatti, anche nel linguaggio politico, alberga solo in quelle democrazie dove l’assalto sovranista e populista non ne ha ancora manomesso le fondamenta. Dove, banalmente, una presidente del Consiglio non lascia vuoto il suo scranno nel giorno in cui, legittimamente, le opposizioni chiedono da due settimane che le sue decisioni su questioni dirimenti di politica conoscano uno scrutinio pubblico. La seduta parlamentare di ieri – sottolinea Bonini - andrà ricordata come il giorno in cui il governo del nostro Paese ha deciso di chiamare l’Italia fuori dalla Cpi e dagli obblighi sottoscritti da 60 Paesi nel 1998 con lo Statuto di Roma che ne ha sancito la nascita. Di disconoscerne dunque la giurisdizione sovranazionale. E di farlo in nome di un sovranismo giudiziario che, ascoltando il ministro Nordio, ha la complessità argomentativa di un ‘me ne frego’. E, per giunta, mentre Mattarella, ospite a Marsiglia dell’università Aix-Marseille, metteva in guardia, da quanti ‘ritenendole superflue, se non dannose per i propri interessi, pensano di abbandonare le organizzazioni internazionali’".
Paolo Giordano, Corriere della Sera
Sul Corriere della Sera Paolo Giordano ragiona sull’era della post-verità incarnata dal presidente Usa Donald Trump. "Trump ha annunciato che renderà Gaza ‘la riviera del Medio Oriente’. Pochi giorni prima aveva firmato un ordine esecutivo per ‘ristabilire la verità biologica’ negli spazi pubblici e perfino nelle pubblicazioni scientifiche, corredato da un prontuario che stabilisce una volta per tutte cosa sono un maschio e una femmina. La varietà dei rovesciamenti annunciati o già in atto da parte del nuovo governo Usa fa girare la testa. Eppure, a guardarli meglio, l’assunzione fondamentale è sempre la stessa: esiste una verità vera, nascosta sotto la superficie delle verità false, e solo noi abbiamo il coraggio di mostrarvela. Le verità false sono quelle che ci vengono propinate. Quelle a cui ci adeguiamo per buona educazione, per conformismo. Portano a innumerevoli contraddizioni. La verità vera, al contrario, è una nota bassa e continua. E’ unica e coerente. Non sappiamo descriverla bene a parole ma la «sentiamo». E’ da qualche parte dentro di noi. Ci sussurra che gli stranieri sono sul serio la causa della frattura sociale. Che l’inclusione è una forzatura. Che i generi in fin dei conti sono proprio due. Che la soluzione alla questione mediorientale esiste, solo che nessuno ha avuto il fegato di applicarla. Idem per l’Ucraina. Trump e tutti i leader che gli assomigliano fanno risuonare in noi sempre la stessa corda, di scontento e orgoglio ferito, di frustrazione, di senso di peggioramento e senso di assedio, una corda che oggi esiste in ogni nazione del mondo, che esiste in ognuno di noi, e vibra da anni. La differenza rispetto agli altri, e rispetto al suo primo mandato, è che ormai Trump prende quella corda a martellate e contemporaneamente strappa tutte le altre. In nome della verità che lui stabilisce vera, la sinfonia complessa e spesso dissonante del mondo si sta riducendo a un’unica nota. Istintuale. Greve. Antiscientifica".
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