Versione stampabile Riduci dimensione testo Aumenta dimensione testo

Liberazione di Cecilia: i meriti e gli impegni

Sintesi degli editoriali dei principali giornali

Redazione InPiù 09/01/2025

Liberazione di Cecilia: i meriti e gli impegni Liberazione di Cecilia: i meriti e gli impegni Antonio Polito, Corriere della Sera
Anche chi non crede nei miracoli – commenta sul Corriere della Sera Antonio Polito – deve ammettere che il governo di Giorgia Meloni, la nostra diplomazia e i nostri apparati di sicurezza ne hanno appena compiuto uno, riportando in Italia sana e salva e così rapidamente Cecilia Sala. È un grande sollievo per tutti. E in particolare per chi sa che il giornalismo non è appiccicare fake news su un social ma impegno e responsabilità, e comporta il rischio di andare in giro per il mondo per poterlo raccontare in prima persona. Un valore prezioso per la democrazia, del quale la nostra giovane collega è un esempio di prim’ordine. Anche per questo, e non solo per motivi umanitari, la sua liberazione è così importante. La premier Meloni ha dimostrato ancora una volta un’abilità nelle relazioni internazionali sorprendente in chi non aveva alcuna esperienza precedente né una tradizione politica cui attingerla. Ma chi non crede ai miracoli sa anche che ci sono state delle condizioni giuridiche, politiche e diplomatiche che hanno consentito un tale successo. La prima delle quali sta nel fatto che la detenzione di Cecilia Sala era arbitraria, che la nostra collega non aveva commesso nessun reato, né aveva violato alcuna legge, ma si trovava in Iran con un regolare visto e stava svolgendo il suo lavoro rispettandolo. La sua liberazione ha avuto naturalmente un prezzo, e vedremo nelle prossime ore quale esso sia e soprattutto in che forma sarà pagato. Intanto è chiaro che il governo italiano si è impegnato con l’Iran a non consegnare agli Usa l’ingegnere dei droni. Non è uno sviluppo di cui si possa essere felici, sappiamo come l’Iran rifornisca di sistemi d’arma i gruppi terroristici che agiscono anche contro i nostri interessi nazionali, oltre che contro i nostri alleati. Ma la ragion di Stato è anche questa, e l’Italia non lascia i suoi cittadini nelle carceri dei regimi.
 
Carlo Bonini, la Repubblica
Su Repubblica anche Carlo Bonini commenta la notizia del ritorno a casa di Cecilia Sala, interrogandosi sull’eredità di un successo diplomatico, su ciò che ci consegnano questi venti giorni di “diplomazia parallela” tra Roma, Mar-a-Lago e Teheran. La liberazione di Cecilia Sala nelle mani del capo della nostra intelligence estera a Teheran prima che il nostro governo muovesse o spendesse passi formali per la liberazione di Abedini è infatti tutt’altro che un dettaglio. Significa – spiega Bonini – che l’Iran, che pure avrebbe potuto farlo, non ha voluto umiliare il nostro governo. E questo ci dice che in un passaggio drammatico quale quello che il mondo sta conoscendo, l’Iran — o quanto meno la componente riformista del Paese che ha eletto presidente Masoud Pezeshkian — scommette sul possibile ruolo di ponte, di cerniera, tra Occidente e sud del mondo che può svolgere il nostro Paese. È un passaggio tutt’altro che banale, soprattutto nel momento in cui Giorgia Meloni è chiamata a una scelta di fedeltà atlantica verso la nuova Casa Bianca paradossalmente assai meno agevole che con la passata amministrazione. In una sorta di capovolgimento di paradigma, Teheran sembra infatti scommettere sulla capacità di Giorgia Meloni di essere certamente interlocutrice privilegiata di Trump senza esserne per questo il suo ventriloquo sovranista oltreoceano. O, peggio ancora, la leva disgregatrice in Europa. Al punto da ritenere — oggi possiamo dire a ragione — di poter ottenere in questo passaggio “comprensione” per quello che sarà il no del nostro governo all’estradizione di un cittadino accusato di fiancheggiare un’organizzazione — i Guardiani della rivoluzione — che il nostro Paese non considera “terroristica”. Sappiamo oggi come nel momento più complicato di questa crisi, la famiglia di Cecilia Sala abbia direttamente bussato, ascoltata, alla porta di Elon Musk. E sappiamo che in cima all’agenda del viaggio lampo a Mar-a-Lago era evidentemente strappare un impegno a Trump di futuro self-restraint rispetto a un “no” all’estradizione di Abedini. Ebbene, sarebbe un grande passo sapere che tutto ciò non sia stato e non venga vissuto come un atto di concessione, ma come la prova di una nuova consapevolezza di questo governo e dell’intero Paese sul ruolo che può autonomamente giocare nel cuore del conflitto e delle tensioni tra Occidente e sud del mondo.
 
Marcello Sorgi, La Stampa
Sulla Stampa Marcello Sorgi sottolinea come politicamente, il ritorno a casa di Sala rappresenti un importante successo di Giorgia Meloni. Politico e personale. Se a un certo punto, a metà della scorsa settimana, la premier non avesse deciso di prendere in mano in prima persona il dossier, Cecilia non sarebbe rientrata in Italia. Il comportamento della premier, va sottolineato, inaugura un nuovo sistema di relazioni internazionali – e prima di tutto personali – fondate sulla confidenza, sull’intervento amichevole di uno come Musk, che quel che ha fatto non l’ha certamente fatto gratis, sulla cancellazione di tutte le mediazioni tradizionali. E soprattutto sulla fretta, che può anche essere cattiva consigliera, ma stavolta invece ci voleva. Solo per rifarsi agli esempi più evidenti della confusione generata dall’arresto della Sala in Iran, aveva esordito il ministro degli Esteri Tajani, personaggio solitamente accorto, dicendo: «Cecilia sta bene». E lo diceva mentre la stessa Cecilia, nelle rare telefonate ai familiari concesse, descriveva la situazione vergognosa in cui si trovava e implorava di «far presto». A seguire sono arrivate le dimissioni della responsabile del Dis, l’organismo di coordinamento dei servizi segreti, l’ambasciatrice Belloni, che si è sentita esclusa dalla conduzione dell’emergenza e ha ritenuto di farsi da parte. Infine s’è avuta una levata di scudi dell’opposizione, che pretendeva di essere coinvolta e informata in Parlamento su una vicenda che invece richiedeva il massimo della riservatezza. Il compromesso è stato una riunione del Copasir, organismo votato al segreto, da cui alla fine è uscito tutto e il contrario di tutto. Insomma, se in questi giorni non si fosse sfiorata la tragedia, si potrebbe dire che s’è rischiato di assistere alla solita commedia. Almeno finché Meloni non ha deciso di darci un taglio.
Altre sull'argomento
Altro parere
Altro parere
Dal 7 ottobre al Real Estate Gaza
Se la politica si riduce a commedia dell'arte
Se la politica si riduce a commedia dell'arte
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
L'Europa disunita alla meta
L'Europa disunita alla meta
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Contundente
Contundente
Ristoranti
Pubblica un commento
Per inserire un nuovo commento: Scrivi il commento e premi sul pulsante "INVIA".
Dopo l'approvazione, il messaggio sarà reso visibile all'interno del sito.