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Separare le carriere e anche i poteri
Redazione InPiù 07/01/2025

Ferdinando Adornato sul Messaggero parla della riforma della Giustizia e ricorda che “com’è noto, essa dispone la controversa separazione delle carriere dei magistrati: ciò che ha fatto esplodere un nuovo scontro al calor bianco. Non solo e non tanto con le opposizioni (anche perché Azione, Italia viva e +Europa sono favorevoli) quanto, ovviamente, con le toghe. Il vero problema di una democrazia liberale è che nessun potere, né quello politico né quello giudiziario, si riveli ‘fuori controllo’. Devono infatti esistere, per entrambi i poteri, efficaci ‘limiti’ che poggino la loro legittimità nella ‘sovranità popolare’. Ed è proprio intorno a questo tema che si nasconde l’origine del dissidio. Nelle due più grandi democrazie occidentali, infatti – ricorda Adornato - la magistratura risponde direttamente o indirettamente al popolo. Ebbene, al contrario di Stati Uniti e Francia, da noi si è costruito un sistema (unico al mondo) basato sul cosiddetto ‘autocontrollo della magistratura’. E dunque è necessario introdurre nel sistema alcuni significativi correttivi. Uno di questi è certamente la distinzione della professione giudicante da quella inquirente. Avere due organizzazioni separate (con due Csm come in Francia) non significa affatto dare il via libera al controllo dell’esecutivo (e perché mai?). Vuol dire, invece, impedire che l’intera magistratura viva sé stessa come un corposo ‘contropotere’, abilitato persino a sfidare apertamente, com’è accaduto e accade, la sovranità del Parlamento. Probabilmente è proprio tale loro “contropotere” che i magistrati intendono preservare. La separazione delle carriere non è certo sufficiente a risolvere alla radice l’anomalia italiana. Ma si tratta di un inizio che andrebbe incoraggiato, non ostacolato. Anche per un ulteriore motivo. Fin dagli ultimi decenni del secolo scorso la nuova complessità dei valori e dei diritti, maturata nella società italiana, si è scontrata con l'emergere della grave crisi di rappresentanza del vecchio sistema istituzionale facendo sì che la sede di soluzione di numerosi conflitti sui diritti sociali e civili si spostasse dal politico al giudiziario. Tale fenomeno – conclude - esploso contemporaneamente in molti Paesi occidentali, ha finito per investire la magistratura di una funzione di ‘supplenza’ del potere”.
Marco Travaglio, Fatto Quotidiano
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano parla di censura e libertà di stampa, “del nostro Mondo di Sottosopra, che sdogana la guerra. E, di conseguenza, la censura. In Germania chi parla di Gaza deve copiare le veline di Netanyahu e il governo taglia i fondi a due Ong israeliane: una si batte per i palestinesi, l’altra per gli obiettori di coscienza israeliani. Macron e altri campioni di liberaldemocrazia vogliono combattere le destre antieuropee e filorusse copiando la Russia: cioè impedendo a Musk di intervistare su X la leader di Afd. Il portavoce della Commissione Ue ricorda loro che ‘Musk è libero di esprimere il proprio punto di vista sulla politica europea, è nel suo diritto, rientra nella libertà di parola alla base del Digital Service Act’. Apriti cielo! I censori democratici protestano: va bene la libertà di parola, ma solo se la usano loro. Zuckerberg bandì persino Trump dai social di Meta e quello dovette crearsene uno tutto suo, finché Musk comprò Twitter (ora X) e ridiede libertà a tutti. Tutte le notizie su Gaza bloccate da Meta sono passate da X. Ora Zuckerberg – osserva Travaglio - per baciare la pantofola a Trump, elimina da Facebook e Instagram il cosiddetto ‘fact checking’: l’odioso algoritmo che censura le notizie sgradite a Biden, parenti e compari. E c’è pure chi protesta in nome della liberaldemocrazia. Nel Mondo di Sottosopra, non deve vergognarsi chi censura, ma chi non lo fa. Infatti il censore Zuckerberg è sempre stato fra i ‘buoni’, almeno finché (come Musk) sosteneva i Dem. Ora che s’inchina a Trump diventa cattivo, ma solo un po’, anche perché ha appena infilato nel Cda di Meta John Elkann, genio dell’automotive e padrone di Stampubblica amato dal Pd. Quindi per lui le sacrosante campagne contro i tecno-monopolisti e oligopolisti non valgono: per Musk invece sì. E il noto liberaldemocratico Aldo Grasso sul liberaldemocratico Corriere chiede di ‘chiudere la sede Rai di Mosca’ perché la corrispondente Liana Mistretta ha osato ‘dar conto del discorso di fine anno di Putin’ con queste gravissime parole: ‘Putin afferma fiducioso che ‘tutto andrà bene, tutto andrà avanti’, anziché inventarsi che Putin ha detto ‘va tutto male’ per far contento Grasso. Il quale commenta sconsolato: ‘Il Tg2 sembra tornato ai tempi di Marc Innaro’, che ‘sosteneva la tesi putiniana dell’allargamento a Est della Nato’. Cioè si permetteva financo di dire la verità”.
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