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Abu Mazen: “Ho sentito Trump. La pace? Con Israele fuori da Gaza: siamo pronti a gestire la Striscia”

Greta Privitera, Corriere della Sera, 14 dicembre 2024

Redazione InPiù 14/12/2024

Abu Mazen: “Ho sentito Trump. La pace? Con Israele fuori da Gaza: siamo pronti a gestire la Striscia” Abu Mazen: “Ho sentito Trump. La pace? Con Israele fuori da Gaza: siamo pronti a gestire la Striscia” Sul Corriere della Sera del 14 dicembre Greta Privitera intervista in esclusiva il presidente palestinese Abu Mazen. Gli uomini della sicurezza fanno la ronda intorno a un sontuoso albero di Natale, in uno dei più famosi alberghi di Roma. Il viavai del personale che sta organizzando la cena aziendale di una multinazionale distrae gli agenti. Accanto, ci sono gli ascensori che portano al secondo piano, diventato la Muqata temporanea del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, detto Abu Mazen, venuto in Italia per incontrare papa Francesco, Giorgia Meloni e Sergio Mattarella. Da quasi 20 anni alla guida dell’Anp, l’ottantanovenne palestinese da alcuni è considerato un leader secondario, oscurato dall’ombra di Yasser Arafat, ed è accusato di troppa vicinanza all’Occidente. Altri, invece, lo considerano un politico pragmatico, un vero uomo di pace. Abbiamo appuntamento con lui, ma c’è una lunga fila di persone che lo vogliono incontrare, tra cui il premier libanese Najib Mikati. È il nostro turno? «Inshallah», rispondono. Ci avvertono: «Ha quasi 90 anni ma è una forza della natura». Tocca a noi. Tampone Covid in una stanza dove è trasmesso Harry Potter con i sottotitoli in arabo e poi Abu Mazen in persona. Ci prende le mani e inizia a parlare: «Le bombe dell’esercito israeliano hanno fatto 150 mila vittime tra morti e feriti e distrutto l’80% di Gaza: siamo qui per essere ascoltati». Che cosa chiede? «Di lavorare con noi per la creazione dei due Stati. Quindici milioni di palestinesi meritano di avere diritti e giustizia. Di vivere in sicurezza, stabilità e prosperità nel proprio Stato, la Palestina, con la sua capitale Gerusalemme Est. Vogliamo vivere in pace accanto allo Stato di Israele, che riconosciamo da 30 anni». Di che cosa ha discusso con il Papa? «L’ho ringraziato per il sostegno e gli ho chiesto di parlare con i Paesi cattolici per riconoscere lo Stato di Palestina. La Santa Sede lo ha fatto nel 2015. Poi abbiamo parlato della chiesa di San Porfirio di Gaza, bombardata all’inizio della guerra, in cui sono stati uccisi 19 cristiani». E con Meloni e Mattarella come è andata? «Ho ringraziato anche loro e gli ho fatto le stesse richieste. Gli ho anche domandato di avere un ruolo centrale nei negoziati di pace». Ha sentito Trump. Sente ancora Biden? «Parliamo con entrambi. Con Trump ho avuto una lunga telefonata in cui ho affrontato il tema  della fine della guerra e della realizzazione di una pace duratura con il coinvolgimento dell’Arabia Saudita. Arabia Saudita, Stati Uniti, Egitto, Giordania, Qatar e tutti i paesi interessati a trovare una soluzione. Gli americani sono interessati a un processo di normalizzazione con i sauditi, ma Riad non vuole la normalizzazione con Israele se prima Netanyahu non riconosce lo Stato di Palestina». Hamas ha detto che sarebbero disposti ad accettare un accordo di cessate il fuoco con la presenza temporanea dell’Idf a Gaza. «Non posso parlare per loro. Noi lavoriamo seguendo il diritto internazionale: c’è una risoluzione dell’Onu, la 2735 proposta dagli Usa, che prevede la liberazione degli ostaggi, il cessate il fuoco, il ritiro totale di Israele dalla Striscia, Corridoio Filadelfia compreso. Non vogliamo un altro patto come quello stipulato tra Hamas e Israele nel 2007. È stato il tentativo di separare Gaza dallo Stato della Palestina. Siamo pronti a prendere il controllo della Striscia». Con Hamas? «No, la Striscia deve essere guidata dall’Anp. Hamas fa parte del nostro popolo, non li escludiamo, ma non sono al governo». Voi, invece, non siete a Gaza dal 2007. «Ma continuiamo a fare molto: per esempio paghiamo gli stipendi di medici e insegnanti. Continuiamo a farlo anche se Hamas è al potere da quasi 20 anni, perché sentiamo che è nostra responsabilità, anche se Israele ci sequestra il denaro: abbiamo più di due miliardi di dollari congelati. Secondo gli accordi, il governo di Netanyahu riscuote le nostre tasse per poi consegnarcele, ma da mesi ce ne dà solo una parte e siamo costretti a chiedere prestiti alle banche». Come commenta il mandato d’arresto della Corte penale internazionale per Netanyahu e la sentenza della Corte internazionale di giustizia che ha dichiarato illegale la presenza di Israele nei territori palestinesi occupati? «Noi non vogliamo vendicarci contro il governo israeliano che usa la forza contro il nostro popolo. Vogliamo usare solo vie politiche, diplomatiche e legali. Queste decisioni sono fondamentali per la nostra causa. Ci fidiamo delle parole delle corti ed è necessario rispettarle». Qual è la sua opinione su quello che sta succedendo in Siria? «Spero che tutto finisca nel migliore dei modi per il popolo siriano che per lungo tempo ha sofferto. Gli auguriamo unità sotto un’unica bandiera. Ora è troppo presto per giudicare, ma possiamo dire che per adesso il passaggio si è svolto pacificamente. In quella terra vivono 600mila rifugiati palestinesi. Altri 400mila in Libano, sei milioni in tutto il mondo». Come commenta le azioni dell’Iran dell’ultimo anno? «Il nostro problema non è con l'Iran, ma Israele». Ma l'Iran con Hezbollah libanese hanno complicato il processo di pace. «Il problema principale dei palestinesi è Israele che occupa la nostra terra con la forza, che tortura la nostra gente a Gaza e in Cisgiordania, uccidendo centinaia di migliaia di persone» Condanna il massacro di Hamas del 7 ottobre? «L’ho fatto subito dopo. Ho condannato l’uccisione dei civili israeliani e poi quella dei palestinesi. La reazione israeliana è stata spropositata, ingiusta, feroce: stanno compiendo un genocidio». C’è rischio di radicalizzazione? «Aiutateci perché non accada. Il nostro popolo vede cose indicibili, crimini che Israele sta commettendo su amici, familiari, vicini. Contro la rabbia, usiamo l’istruzione: il tasso di analfabetismo in Palestina è uno dei più bassi al mondo, un record nella regione». Ha appena dichiarato che, se il suo ruolo diventasse vacante, sarebbe ricoperto temporaneamente dal presidente della Camera Rawhi Fattouh, e poi andreste al voto. In passato siete stati accusati di non voler fare elezioni. «Falsità. Ci abbiamo provato anche nel 2021, ma Israele ce lo ha impedito. Non vediamo l’ora di essere liberi di farle. Ora abbiamo aggiornato anche la nostra Costituzione, in modo da rendere agevole il trasferimento dei poteri». C'è chi dice che l’Anp sia corrotta. «Lo fanno per screditarci. Abbiamo la fiducia della Banca Mondiale, dell’Ue e degli altri governi». Perché in Libano c’è una tregua e a Gaza ancora no? «Lì la tregua è stata negoziata attraverso la mediazione di Usa e Francia con il governo libanese. A Gaza dovrebbe essere negoziata con l’Anp. Inoltre, in questi mesi Biden ha permesso a Netanyahu di fare quello che voleva. Gli Usa hanno respinto tre volte le risoluzioni dell’Onu. Mentre proponevano il cessate il fuoco da noi sostenuto, continuavano a fornire armi all’Idf che intanto bombardava senza sosta». Qual è stato il più grande successo della sua carriera politica?
 «Gli accordi di Oslo con Arafat che ci hanno fatto davvero sperare nella pace, e la creazione di un vero Stato di Palestina con le istituzioni, le scuole, gli ospedali, i tribunali, il governo. Adesso necessitiamo di due cose: la fine dell'occupazione e il riconoscimento e la piena adesione all’Onu: ora siamo osservatori». I palestinesi e gli israeliani possono vivere in pace? «Senza gli estremismi ideologici e religiosi sì. Sapete quando la gente dimentica il male che ha vissuto e riesce a fare pace? Quando c’è giustizia».
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