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Stroppa: «Ecco come Musk può aiutare l'Italia»

Tobia De Stefano, La Verità, 25 novembre

Redazione InPiù 30/11/2024

Stroppa: «Ecco come Musk può aiutare l'Italia» Stroppa: «Ecco come Musk può aiutare l'Italia» Ecco perché Musk può aiutare l’Italia. Lo dice Andrea Stroppa, intervistato da Tobia De Stefano per La Verità del 25 novembre. «Guardi, vorrei raccontarle un aneddoto». Prego. «Io faccio volontariato per strada e incontro molti immigrati, tantissime persone peraltro che hanno grande dignità e grande rispetto per gli altri, ma non è questo il punto. Avevamo allestito un banchetto a Roma e ho visto arrivare il segretario del Pd, Elly Schlein, che mi sembrava avesse notato il tipo di attività che stavamo svolgendo. Mi sarei aspettato che si fermasse, almeno per un saluto, per incoraggiarci, e invece no. Ha cambiato marciapiede». Sarà stata una coincidenza. «Io non credo, credo invece che sia la dimostrazione plastica della distanza della sinistra dai problemi degli ultimi. Tante parole, ma in realtà se ne ricorda solo quando è all’opposizione». Mi sembra ne parli quasi da elettore tradito. «Esattamente. Io nel 2022 ho votato per il centrosinistra». Se dovesse tornare alle urne domani lo rifarebbe? «No». Voterebbe per la Meloni? «Alle Europee ho votato Fdi. Quando ha vinto è stata dipinta come come un incrocio tra Mussolini e Hitler e invece abbiamo visto che non è così. Mi avevano convinto che il centrodestra al governo avrebbe distrutto i conti dello Stato e invece è stato molto abile a gestirli in modo oculato, forse anche troppo. Credo che la Meloni sia uno dei pochi veri politici italiani. È partita dalla militanza ed è arrivata fino a Palazzo Chigi». Parla così perché con la Meloni ci deve tratta re. «No, parlo così perché l’ho conosciuta». Ha conosciuto anche Salvini? «Sì». Che giudizio ne dà? «Dovrebbe tornare al Viminale. Salvini avrà un ottimo rapporto con la prossima amministrazione Usa. E avrà un ruolo importante per tenere saldi i rapporti». Il resto dell’esecutivo? «Andiamo avanti». A raccontare l’aneddoto è Andrea Stroppa. Informatico, classe 1994 (ha 30 anni), che nelle ultime settimane (in realtà il fenomeno va avanti da mesi) ha guadagnato gli onori delle cronache per essere l’uomo di Musk in Italia. Il collegamento tra Roma e l’imprenditore più ricco e, dopo le elezioni Usa, più potente al mondo. Nessuna «spintarella» perché Andrea il vessillo se l’è guadagnato sul campo. Il ragazzino (allora 28enne) ha lavorato come ricercatore indipendente per lo staff che doveva garantire la sicurezza dell’allora Twitter (l’obiettivo era bloccare i contenuti pedo-pornografici) e l’ha fatto talmente tanto bene da meritarsi i pubblici elogi di Elon. Del resto che Stroppa ci sapesse fare è testimoniato anche dal rapporto (nel senso che è stato assunto in una delle sue società) con Marco Carrai, imprenditore della cybersicurezza vicinissimo all’ex premier, Matteo Renzi. Ormai il passato. Perché il presente è Musk e gli intrecci con l’Italia. E quindi passiamo agli affari. Stroppa è iscritto nel registro degli indagati per l’inchiesta sulle presunte corruzioni per gli appalti Sogei (la società di It controllata dal Mef). Secondo l’accusa avrebbe ricevuto informazioni riservate da una fonte militare, informazioni che l’avrebbero avvantaggiato nella trattativa con il governo per l’utilizzo dell’internet satellitare del progetto Starlink, Musk appunto. Possiamo parlarne? «I magistrati facciano il loro lavoro. Essere indagato è un’opportunità per potersi difendere con serenità». Intanto l’inchiesta, almeno per quello che lo riguarda, sembra essersi sgonfiata e le trattative con il governo vanno avanti: si vocifera di un contratto da 1 miliardo per usare Starlink per la Difesa e della possibilità di colmare i ritardi nella copertura internet delle aree più impervie con i satelliti. «Non entro ovviamente nei contenuti. Quello che posso dirle è che i progetti, la ricerca e l’innovazione vanno avanti e che i satelliti di nuova generazione avranno pari velocità di collegamento e affidabilità della fibra. Rappresentano il futuro».
 
Sapete di non godere della simpatia delle aziende italiane del settore. «Mi hanno colpito le dichiarazioni confidenziali di un importante funzionario di un importante ministero che a un certo punto mi ha detto: “Guarda Andrea è evidente che Starlink rappresenti la scelta migliore, ma noi dobbiamo difendere le aziende italiane...”». E lei? «Gli ho risposto che credevo che il loro lavoro consistesse nel difendere i cittadini italiani. Per me gli interessi degli italiani non si tutelano elargendo contributi pubblici per salvare aziende decotte». Allora le ribalto la prospettiva. Non è paradossale che Musk voglia conquistare fette di mercato in Italia, mentre fa parte di un governo in formazione, quello americano, che ha nell’America First e nel nazionalismo i suoi segni distintivi? La brutalizzo: Trump prenderebbe per le orecchie un potenziale Musk italiano. «Capisco la domanda, ma le situazioni sono completamente diverse. L’Italia non ha una disoccupazione al 3-4%, non ha i livelli di innovazione che hanno gli Usa e non ha i ritmi di crescita americani. L’Italia ha bisogno come il pane di innovazione tecnologica». E i buoni rapporti tra Musk e la Meloni aiutano. «Musk e la Meloni hanno buoni rapporti, ma non cadiamo sempre nelle stesse congetture e pensiamo agli interessi dei cittadini». Che coincidono con quelli di Musk. «Allora, i rapporti tra Musk e il governo canadese di Justin Trudeau sono pessimi. Tra i due sono volati insulti, ma questo non ha impedito al Canada di firmare un contratto con Starlink per migliore le prestazioni delle sue istituzioni». Cosa pensa Musk dell’Italia? «Musk ama l’Italia, e del resto come si fa a non amarla? Ama storia, cultura e bellezza del Paese». Ma...«L’Italia ha una delle popolazione più anziane e uno dei tassi natalità più bassi. Tutto ciò comporta un aumento della spesa per la sanità e le pensioni, se non si inverte il trend in 10 anni il sistema salta». Ne ha discusso con Musk? «Musk ha molto a cuore il tema della natalità, se l’Italia va avanti di questo passo il declino è scontato, per questo servono decisioni coraggiose e importanti». Che lui può supportare? «Elon ha grande rispetto per le istituzioni del Paese, e penso che nel dialogo con Mattarella sulla questione dei giudici, l’abbia detto chiaramente. L’Italia ha le forze per uscire da sola dall’impasse. Poi ovviamente gli imprenditori illuminati possono aiutare». Dove individuate le maggiori sacche di arretratezza? «La burocrazia in Italia riesce a rallentare e spesso a insabbiare qualsiasi processo decisionale». La magistratura è un problema? «Non penso sia la questione principale». E allora qual è la priorità? «La sanità. Esistono le tecnologie per accelerare gli esami diagnostici e sfoltire le liste d’attesa.  Qualcuno dirà che non è vero. Non è così. Ho parlato con numerosi medici americani e indiani che hanno gestito grandi emergenze. Si può fare tutto. È un tema di volontà». Per esempio. «L’abbiamo fatto durante il Covid, andare in giro con una sorta di mini-ospedale mobile sul quale installare macchinari diagnostici utili anche per le urgenze». Esistono mezzi così attrezzati? «Certo, esistono macchine mobili per la risonanza magnetica per immagini da 1,5 tesla che sono in grado di diagnosticare tumori». Quanto costano? «Da mezzo milione fino a un milione uno mezzo di euro». Si può fare. «Direi proprio di sì». Il Pd cavalca le proteste dei medici. Con la sinistra al governo andava meglio? «Offensivo che il Pd parli di sanità. Hanno gestito per anni il ministero. Il tour negli ospedali mi sembra una iniziativa priva di gusto». Anche la questione migratoria è una priorità, in Italia e negli Usa. «Certo». A proposito, lei ci ha detto che fa volontariato, come si tiene con l’appoggio ideale ai «muri» di Trump? «Altro aneddoto». Americano, immagino. «Ero in Texas, al confine con il Messico, dove vivono molti immigrati che dopo anni di sacrifici sono riusciti a integrarsi. Ho parlato con tante persone in queste condizioni e sono loro a chiedere regole più rigide ai confini. Perché consapevoli che se arrivano delinquenti, e negli ultimi anni ne sono arrivati, sono i primi a essere danneggiati». Non c’è una sorta di invidia sociale? «Più che altro è una questione di giustizia sociale. Noi abbiamo fatto tanti sacrifici per realizzare il sogno americano, perché dovremmo essere penalizzati da chi questi sacrifici non è disposto a farli? Il principio è: la legge è uguale per tutti». E gli immigrati integrati hanno votato Trump. «Beh lo dicono tutte le analisi post voto: le minoranze hanno votato per Trump. Così come bastava andare un po’ in giro per il Paese e parlare con autisti, carpentieri, commessi ecc. per capire che quello stesso sentimento di ingiustizia sociale serpeggiava in buona parte della classe meno abbiente». Vale lo stesso anche in Europa e in Italia? «Facendo le debite differenze sì. Peraltro parlavo con una persona abbastanza influente in Vaticano che predica la necessità di accogliere chi scappa dalla sofferenza. Eppure si chiedeva: “Come mai accogliamo così pochi immigrati cristiani che arrivano dai Paesi centrali dell’Africa, mentre da noi vengono solo nordafricani che hanno una cultura e una religione diversa dalla nostra? Perché ci siamo dimenticati dei cristiani?”. Mi sembra una riflessione molto interessante».
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