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La doppia scossa

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 25/11/2024

In edicola In edicola Daniela Manca, Corriere della Sera
“Non è solo un’operazione industriale e finanziaria l’offerta d’acquisto e scambio lanciata da Unicredit sul Banco Bpm”. Lo scrive Daniele Manca sul Corriere della Sera spiegando che "da un lato si tratta di una sveglia, di una scossa, all’Europa. Dall’altro di un cambio significativo nel mondo del credito italiano. In una situazione geopolitica così in movimento (dall’invasione russa dell’Ucraina al Medio Oriente all’attesa ansiosa della presidenza Trump), l’Unione europea deve mostrare di saper uscire dallo stallo dei dibattiti. L’Europa deve tornare a pensarsi come un attore e non uno spettatore di ciò che accade nel mondo. Questo necessariamente si sposa non solo con le scelte politiche ma anche con quelle economiche. Non è stata Bruxelles a fermare l’Unione bancaria - ricorda Manca - ma gli interessi di Paesi come la Germania, tanto per non fare nomi, che ha sicuramente un sistema del credito più arretrato nel Continente. E a chi giova avere due grandi network borsistici, uno a Parigi e l’altro a Francoforte? Come pensiamo di fare concorrenza a Wall Street? Con tante buone intenzioni? Non che l’offerta di Unicredit sul Banco e quindi su un’operazione all’interno di un unico Paese abbia così tanto peso a livello continentale. Ma sicuramente – scrive l'editorialista - le due operazioni potenzialmente sì. Posto che Unicredit e il suo management siano in grado di condurle in porto entrambe. Il messaggio inviato a Commerz è chiaro, ci possono essere altre strade. Ma sarebbe anche un segnale da Roma e dall’Italia sulla volontà di uscire dallo stallo economico continentale. Dovremmo certo abbandonare la fastidiosa tendenza dell’Italia a considerarsi un’italietta e non un Paese membro fondatore dell’Europa in grado di imprimere una svolta all’Unione stessa. E questo a prescindere se l’operazione Bpm si farà o no. Quella lanciata da Unicredit è un’operazione di mercato. Prova ne sia che non tutti gli analisti l’hanno giudicata positivamente. Un’altra cosa infatti deve essere chiara. Se l’operazione italiana può ridare smalto al dinamismo europeo, dal punto di vista industriale l’offerta lanciata da Unicredit interrompe un percorso. Il percorso, virtuoso, avviato da Giuseppe Castagna da quando è alla guida di Banco Bpm”.
 
Stefano Folli, la Repubblica
Stefano Folli su Repubblica parla delle ‘nuove incognite tra Conte e il Pd’: “Se non può esistere un ‘grillismo’ senza Grillo, è ancora tutto da dimostrare che possa subentrargli con successo un ‘contismo’ sotto lo scettro di Giuseppe Conte. Tuttavia – sottolinea l’editorialista - la scommessa merita attenzione. All’indomani della piccola Bad Godesberg a cinque stelle, s’intuisce che il Partito democratico, pur evitando di sventolare le bandiere, è convinto che il più sia fatto e che il M5S diventerà presto un alleato affidabile, per non dire un vassallo, del centrosinistra a trazione Schlein. L’argomento più convincente è il tempo che passa. Ancora pochi anni fa, Conte era presentato da gran parte del Pd post-Renzi come ‘il fortissimo riferimento dei progressisti’, in pratica un’investitura da leader di tutta l’area. Abbiamo visto come sono poi andate le cose, ma adesso è prematuro confondere il desiderio di normalità dei 5S ‘contiani’ con la definitiva sottomissione alla leadership di Elly Schlein. È chiaro che qualcuno vorrebbe legarli a un vero e proprio patto politico: servirebbe a farne una corrente esterna del Pd, qualcosa di simile alla condizione a cui si sono acconciati Fratoianni e Bonelli. È possibile che finisca così, ma al momento il futuro è tutto da scrivere. Intanto ci sono i dati concreti. Se si escludono le percentuali molto scarse delle regionali — in Liguria la crisi dei 5S ha di fatto causato la sconfitta di Orlando — sul terreno del voto politico il partito di Conte viene accreditato intorno all’10-11 per cento. Poco rispetto alle glorie del passato, ma abbastanza per muoversi sul palcoscenico in un ruolo che non è di mera comparsa. In sintesi. È chiaro che il centrosinistra ha bisogno di compattezza e non può vivere nella guerriglia quotidiana fra Conte e i suoi alleati/rivali. Ed è altrettanto ovvio che non siamo più nel 2018. Tuttavia il Pd non può avere la ragionevole certezza di recuperare i voti del mondo ex grillino limitandosi a esibire l’alleanza non più conflittuale con Conte. Così come quest’ultimo non può sapere se quel 10-11 per cento è disposto a seguirlo fino alla fine. Gli ha dato fiducia quando si è trattato di sbarazzarsi di Grillo ma d’ora in poi – conclude - nel rapporto con il Pd, sarà necessario delimitare i rispettivi campi d’azione”.
 
Chiara Saraceno, La Stampa
In una recente intervista “la presidente Meloni ha fatto due affermazioni, una sugli autori delle violenze sulle donne, l’altra sui congedi genitoriali e l’azione del governo, basate su dati scorretti”. Così Chiara Saraceno sulla Stampa osservando che la premier “ha riconosciuto che la persistenza della violenza sulle donne, che riguarda anche i giovani (italiani e non), anche se l’idea della sua liceità non trova più sostegno né nelle norme legali né in quelle sociali, pone interrogativi che richiedono studio, ricerca, per comprenderlo e approntare strumenti efficaci di contrasto. Tuttavia non ha resistito a riorientare l’attenzione sul pericolo rappresentato dai migranti, specie se irregolari. Eppure tutti i dati disponibili, che dovrebbero fornire il punto di partenza di qualsiasi studio, dicono altro. Quanto alla questione dei congedi e della (in)disponibilità dei padri a prenderli, la premier ha fatto due affermazioni almeno parzialmente scorrette. Non è vero che i padri si vergognano a prendere il congedo quando nasce un figlio. I dati – sottolinea l’editorialista - mostrano che è in atto un importante cambiamento nel modello di paternità favorito dall’aver sancito un diritto, rafforzato da una buona indennità. Il fatto che invece solo una piccola minoranza prende una parte del congedo genitoriale non dipende dalla vergogna. Oltre al persistere di modelli di genere che vedono la cura dei bambini piccoli come una competenza esclusivamente femminile, vi è il timore di apparire poco affidabili (come capita alle donne) agli occhi dei datori di lavoro e la difficoltà a perdere una parte sostanziosa d quello che spesso è lo stipendio più alto in famiglia, dato che il congedo genitoriale ha una indennità molto bassa. Bene ha fatto questo governo ad alzarla, dapprima per il primo mese, poi anche per il secondo e ora per il terzo. Non si tratta di un ampliamento del congedo, come ha erroneamente dichiarato Meloni. I mesi rimangono complessivamente dieci, di cui nessuno dei due genitori può prenderne più di sei. Per incoraggiare i padri a prendere una parte di congedo genitoriale – conclude - sarebbe opportuno, in analogia alla struttura complessiva del congedo, che può essere fruito nella sua interezza solo se condiviso, adottare anche per i tre mesi ben indennizzati lo stesso criterio, stipulando che nessuno dei due genitori può fruirne per più di due”.
 
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