- Altro parere
- Quel taglio all'Ires pagato con più tasse
- Altro parere
- Incertezze americane
- Altro parere
- L'Occidente e il dopo Assad: di chi fidarsi?
- Non ha perso solo il despota di Damasco
- Luca Cordero Di Montezemolo: «L'auto italiana? Non esiste più, Tavares ...
- Salomè Zourabichvili: "Putin vuole la Georgia, io resto per difendere la ...
- Difesa europea ad ostacoli
- Altro parere
- Caos Francia: ora il macronismo è morto
- Altro parere
- Così la Consulta affossa l'autonomia
- Altro parere
Il Trump II e la mappa dei poteri
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 25/11/2024
Il Trump II e la mappa dei poteri
Massimo Gaggi, Corriere della Sera
Elon Musk, il personaggio non eletto più potente di tutta la storia americana, scrive sul Corriere della Sera Massimo Gaggi, rimarrà una figura rilevante nella nuova era Trump. Ma per ora il leader conservatore tiene tutti in pugno. Trump tiene tutto insieme col collante Maga e ha detto chiaramente fin dalla campagna elettorale che stavolta non tollererà rifiuti di obbedire ai suoi ordini perché illegali: non vuole più sentirsi dire da un generale o da un ministro che non può usare l’esercito contro gli immigrati o contro i manifestanti perché la Costituzione lo vieta. Per la composizione della squadra di governo Trump ha scelto per gli Esteri e il Tesoro personaggi competenti eche godono di un certo prestigio (il senatore Marco Rubio e il finanziere Bessent, apprezzato dai mercati finanziari). Per il resto si è affidato ai due criteri da tempo annunciati: disruption e retribution. Distruzione di politiche come quelle per l’ambiente o di protocolli sanitari obbligatori per le pandemie: nella logica trumpiana vezzi ideologici dei progressisti che limitano le libertà e frenano l’economia. La retribution, invece, è l’annunciata vendetta contro quello che lui chiama il deep state: i poteri occulti del sistema giudiziario, dell’apparato militare e dei servizi segreti che avrebbero tramato contro di lui (o che si sono limitati a non eseguire ordini illegali). Le criticità per la sicurezza nazionale e per il futuro della democrazia americana sono concentrate qui. E Trump ha destinato i personaggi più squalificati e inquietanti proprio ai tre dicasteri chiave ai fini della sicurezza del Paese e della sua tenuta democratica: la Giustizia, per la quale aveva scelto lo scandaloso Matt Gaetz. Poi la Difesa affidata al giornalista della Fox Pete Hegseth, Infine la supervisione dei servizi segreti affidata all’ex deputata democratica Tulsi Gabbard. Il Senato, al quale spetta la ratifica delle nomine presidenziali, ha respinto l’impresentabile Gaetz che ha ritirato la sua candidatura. Ora molti sperano che i senatori repubblicani tengano duro anche su Hegseth e Gabbard. Ma anche un altro stop del Senato potrebbe non cambiare molto: saltato Gaetz, Trump l’ha sostituito con l’ex procuratrice della Florida Pam Bondi. Più competente e stimata, avrà la ratifica del Senato, ma è anche lei pronta a seguire il leader ovunque.
Linda Laura Sabbadini, la Repubblica
In occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, che si celebra oggi, Linda Laura Sabbadini, su Repubblica, sottolinea come tale violenza non si combatta solo con provvedimenti specifici, ma con una strategia globale che metta al centro le donne. Lo sviluppo della loro indipendenza economica, l’eliminazione dei gap e delle discriminazioni. Possibile che non si promuovano politiche per abbattere gli ostacoli alla valorizzazione delle risorse femminili, come recita l’articolo 3 della Costituzione? Possibile che si vada alla ricerca di diversivi sugli immigrati, come responsabili di violenze, e non si vedano le gravi emergenze sociali e economiche che riguardano le donne e che determinano ruoli asimmetrici nel Paese? Abbiamo bisogno di una strategia globale per un lavoro dignitoso e di qualità per le donne, per una formazione non stereotipata, per lo sviluppo di servizi di cura e congedi parentali e di paternità adeguati, per l’abbattimento della cultura del possesso del corpo e dell’anima delle donne. I piccoli passi e le mezze misure sono pannicelli caldi che mantengono immutata la condizione di diseguaglianza delle cittadine del nostro Paese e creano le condizioni dell’esercizio della violenza. Mai come oggi appare evidente come tale condizione sia non solo anacronistica, ma il principale ostacolo al pieno dispiegamento delle risorse umane e creative che blocca lo sviluppo economico del Paese. Giochiamo una partita economica globale con le mani legate dietro la schiena, non potendo avvalerci appieno del fondamentale apporto femminile. C’è bisogno di un contrattacco da parte delle donne. Solo la forza e l’unità delle donne, la sorellanza, possono innescare il cambiamento epocale di cui c’è bisogno.
Francesco Maria Del Vigo, Il Giornale
Sul Giornale Francesco Maria Del Vigo si occupa della transizione in seno al Movimento 5 Stelle. Il ciclo delle stelle – scrive – è arrivato al suo termine. Il cambiamento è avvenuto, i francescani sono divenuti gesuiti – come dice Grillo, esagerato e sibillino come sempre –, anche se qui, di santi e miracoli se ne sono visti pochi, più che altro abbiamo registrato iatture economiche e sciatterie politiche. Ma torniamo al punto: la regressione al progressismo del Movimento 5 Stelle è avvenuta in modo plastico ieri davanti a tutti, tenuta a battesimo con gioia da un’entusiasta Giuseppe Conte che ha ribadito più volte: «Siamo progressisti, progressisti indipendenti», qualunque cosa voglia dire. Ma, d’altronde, uno che ha sempre ammesso di essere stato un elettore del Pd, dove altro poteva timonare i suoi se non nelle secche della sinistra più sinistra? Conte ha spento quel poco che restava delle stelle e ha acceso al loro posto un pallidissimo sol dell’avvenire. Il massimo del progresso, per l’avvocato di Volturara Appula, è la svolta socialisteggiante: mentre il mondo ha messo la freccia a destra, lui torna a sinistra. Sia chiaro: da queste colonne abbiamo sempre criticato aspramente il Movimento 5 Stelle, denunciando quelle derive assistenzialiste e quelle pulsioni pauperiste che poi avrebbero lasciato ferite visibili sul corpo dell’intero Paese. Ma non si può negare che il Movimento delle origini avesse una sgangheratissima ma alquanto personale idea di futuro. Hanno sbagliato più di tutti gli altri, ma era tutta farina del loro sacco. Conte, invece, ha deciso di schiantarsi per conto terzi, puntando tutto su un usato sicuro (di fallire) e investendo su un’idea di passato già bocciata ovunque sia stata proposta. Ieri, a Roma, per volere dell’assemblea costituente degli ex grillini, è morto il Movimento 5 Stelle ed è nato l’ennesimo partitino di sinistra. Non sappiamo dove andrà a finire, ma un sospetto lo abbiamo: di solito gli elettori preferiscono l’originale alla copia, doppione fatalmente destinato alla subalternità. E se Conte pensa di poter battere la Schlein nel campo dei flop progressisti, beh, ci sentiamo di suggerigli che la corsia è già occupata.
Elon Musk, il personaggio non eletto più potente di tutta la storia americana, scrive sul Corriere della Sera Massimo Gaggi, rimarrà una figura rilevante nella nuova era Trump. Ma per ora il leader conservatore tiene tutti in pugno. Trump tiene tutto insieme col collante Maga e ha detto chiaramente fin dalla campagna elettorale che stavolta non tollererà rifiuti di obbedire ai suoi ordini perché illegali: non vuole più sentirsi dire da un generale o da un ministro che non può usare l’esercito contro gli immigrati o contro i manifestanti perché la Costituzione lo vieta. Per la composizione della squadra di governo Trump ha scelto per gli Esteri e il Tesoro personaggi competenti eche godono di un certo prestigio (il senatore Marco Rubio e il finanziere Bessent, apprezzato dai mercati finanziari). Per il resto si è affidato ai due criteri da tempo annunciati: disruption e retribution. Distruzione di politiche come quelle per l’ambiente o di protocolli sanitari obbligatori per le pandemie: nella logica trumpiana vezzi ideologici dei progressisti che limitano le libertà e frenano l’economia. La retribution, invece, è l’annunciata vendetta contro quello che lui chiama il deep state: i poteri occulti del sistema giudiziario, dell’apparato militare e dei servizi segreti che avrebbero tramato contro di lui (o che si sono limitati a non eseguire ordini illegali). Le criticità per la sicurezza nazionale e per il futuro della democrazia americana sono concentrate qui. E Trump ha destinato i personaggi più squalificati e inquietanti proprio ai tre dicasteri chiave ai fini della sicurezza del Paese e della sua tenuta democratica: la Giustizia, per la quale aveva scelto lo scandaloso Matt Gaetz. Poi la Difesa affidata al giornalista della Fox Pete Hegseth, Infine la supervisione dei servizi segreti affidata all’ex deputata democratica Tulsi Gabbard. Il Senato, al quale spetta la ratifica delle nomine presidenziali, ha respinto l’impresentabile Gaetz che ha ritirato la sua candidatura. Ora molti sperano che i senatori repubblicani tengano duro anche su Hegseth e Gabbard. Ma anche un altro stop del Senato potrebbe non cambiare molto: saltato Gaetz, Trump l’ha sostituito con l’ex procuratrice della Florida Pam Bondi. Più competente e stimata, avrà la ratifica del Senato, ma è anche lei pronta a seguire il leader ovunque.
Linda Laura Sabbadini, la Repubblica
In occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, che si celebra oggi, Linda Laura Sabbadini, su Repubblica, sottolinea come tale violenza non si combatta solo con provvedimenti specifici, ma con una strategia globale che metta al centro le donne. Lo sviluppo della loro indipendenza economica, l’eliminazione dei gap e delle discriminazioni. Possibile che non si promuovano politiche per abbattere gli ostacoli alla valorizzazione delle risorse femminili, come recita l’articolo 3 della Costituzione? Possibile che si vada alla ricerca di diversivi sugli immigrati, come responsabili di violenze, e non si vedano le gravi emergenze sociali e economiche che riguardano le donne e che determinano ruoli asimmetrici nel Paese? Abbiamo bisogno di una strategia globale per un lavoro dignitoso e di qualità per le donne, per una formazione non stereotipata, per lo sviluppo di servizi di cura e congedi parentali e di paternità adeguati, per l’abbattimento della cultura del possesso del corpo e dell’anima delle donne. I piccoli passi e le mezze misure sono pannicelli caldi che mantengono immutata la condizione di diseguaglianza delle cittadine del nostro Paese e creano le condizioni dell’esercizio della violenza. Mai come oggi appare evidente come tale condizione sia non solo anacronistica, ma il principale ostacolo al pieno dispiegamento delle risorse umane e creative che blocca lo sviluppo economico del Paese. Giochiamo una partita economica globale con le mani legate dietro la schiena, non potendo avvalerci appieno del fondamentale apporto femminile. C’è bisogno di un contrattacco da parte delle donne. Solo la forza e l’unità delle donne, la sorellanza, possono innescare il cambiamento epocale di cui c’è bisogno.
Francesco Maria Del Vigo, Il Giornale
Sul Giornale Francesco Maria Del Vigo si occupa della transizione in seno al Movimento 5 Stelle. Il ciclo delle stelle – scrive – è arrivato al suo termine. Il cambiamento è avvenuto, i francescani sono divenuti gesuiti – come dice Grillo, esagerato e sibillino come sempre –, anche se qui, di santi e miracoli se ne sono visti pochi, più che altro abbiamo registrato iatture economiche e sciatterie politiche. Ma torniamo al punto: la regressione al progressismo del Movimento 5 Stelle è avvenuta in modo plastico ieri davanti a tutti, tenuta a battesimo con gioia da un’entusiasta Giuseppe Conte che ha ribadito più volte: «Siamo progressisti, progressisti indipendenti», qualunque cosa voglia dire. Ma, d’altronde, uno che ha sempre ammesso di essere stato un elettore del Pd, dove altro poteva timonare i suoi se non nelle secche della sinistra più sinistra? Conte ha spento quel poco che restava delle stelle e ha acceso al loro posto un pallidissimo sol dell’avvenire. Il massimo del progresso, per l’avvocato di Volturara Appula, è la svolta socialisteggiante: mentre il mondo ha messo la freccia a destra, lui torna a sinistra. Sia chiaro: da queste colonne abbiamo sempre criticato aspramente il Movimento 5 Stelle, denunciando quelle derive assistenzialiste e quelle pulsioni pauperiste che poi avrebbero lasciato ferite visibili sul corpo dell’intero Paese. Ma non si può negare che il Movimento delle origini avesse una sgangheratissima ma alquanto personale idea di futuro. Hanno sbagliato più di tutti gli altri, ma era tutta farina del loro sacco. Conte, invece, ha deciso di schiantarsi per conto terzi, puntando tutto su un usato sicuro (di fallire) e investendo su un’idea di passato già bocciata ovunque sia stata proposta. Ieri, a Roma, per volere dell’assemblea costituente degli ex grillini, è morto il Movimento 5 Stelle ed è nato l’ennesimo partitino di sinistra. Non sappiamo dove andrà a finire, ma un sospetto lo abbiamo: di solito gli elettori preferiscono l’originale alla copia, doppione fatalmente destinato alla subalternità. E se Conte pensa di poter battere la Schlein nel campo dei flop progressisti, beh, ci sentiamo di suggerigli che la corsia è già occupata.
Altre sull'argomento
Contundente
Incontro
Incontro
Incertezze americane
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Contundente
Luna
Luna
L'Occidente e il dopo Assad: di chi fidarsi?
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Pubblica un commento