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Contro la Corte della vergogna
Redazione InPiù 22/11/2024
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Giuliano Ferrara, Il Foglio
Sul Foglio Giuliano Ferrara sostiene che bisognerebbe uscire immediatamente dalla giurisdizione di quella “Corte di svitati” (la Cpi) che ha dato retta a Karim Khan, il procuratore scozzese capace di chiedere e ottenere un mandato d’arresto per il premier e il ministro della Difesa israeliani, Netanyahu e Gallant, alla pari di tre capi terroristi (Sinwar, Haniyeh e Deif) uccisi in una giusta guerra di autodifesa che, al di là delle differenze politiche anche forsennate, unisce il popolo e le istituzioni di un piccolo stato-rifugio che si batte con le unghie e con i denti per la sua sopravvivenza. Come ha detto Benny Gantz, generale e capo dell’opposizione di uno stato democratico, un simile affronto “non sarà mai perdonato”. E Yair Lapid, altro capo dell’opposizione, ha definito i mandati “un premio al terrorismo”, mentre Naftali Bennett, già capo del governo prima di Netanyahu, ha aggiunto che quei mandati sono “un marchio di infamia” per chi li ha emessi. Israele e gli Stati Uniti, unico vero alleato strategico dello stato e del popolo vittima del pogrom del 7 ottobre 2023, non sono soggetti alla giurisdizione della Corte penale internazionale (Cpi). Ma 124 paesi, tra cui tutti quelli dell’Unione europea, lo sono. Se Meloni e Tajani capissero il significato oltraggioso di quella decisione abnorme e surreale, che riguarda due ebrei vivi in guerra per difendere un popolo che li ha eletti per questo e tre fanatici antisemiti che li volevano cancellare dalla faccia della terra e hanno avuto la retribuzione che in guerra spetta ai più feroci assassini, che hanno gettato nella disperazione nello sconforto e nella miseria il loro popolo, diventerebbero 123 e l’Italia confermerebbe di non essere un anello della catena di odio politico che stringe Israele nella morsa dell’isolamento internazionale perseguito dalla strategia umanitaria di Hamas e dei mullah di Teheran e degli Hezbollah e degli houthi yemeniti. Non succederà.
Fiamma Nirenstein, Il Giornale
Secondo Fiamma Nirenstein, la risoluzione della Corte Penale Internazionale, che ha spiccato un mandato di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, abolisce l’ordine morale della democrazia e della civiltà. Può darsi – continua Nirenstein – che adesso, in giro per il mondo, la polizia aspetti all’aeroporto anche i ragazzi che hanno combattuto per difendere un Paese dallo sterminio di Hamas, che dopo il servizio militare vogliono andare a studiare o in vacanza o in uno stage, pieni di amore per la democrazia e per la vita. Può darsi che la polizia di Parigi, per esempio, aspetti con le manette i politici di destra e di sinistra, i ministri, gli ufficiali che compiano il peccato mortale di provenire da Israele, un Paese che è in guerra anche se voleva la pace. La risoluzione dell’Aia è una dichiarazione di antisemitismo che assorda adesso tutto il mondo, gridata in nome di una giustizia reinventata, che sovverte l’idea stessa di democrazia e di libertà. Netanyahu e Gallant sono ricercati come criminali di una guerra che è stata inflitta a Israele, hanno dovuto combattere per la vita e per la morte contro un nemico che ha fatto del suo popolo uno scudo umano totale per i terroristi, rifugiati invece in 800 chilometri di gallerie mentre usavano le case e gli ospedali per sparare su Israele i loro missili. Il 7 ottobre, la peggiore strage di ebrei che il mondo abbia conosciuto dopo il 1945, voluta da un grande schieramento capitanato dall’Iran accanto a Hezbollah, è stato cancellato con informazioni fasulle raccolte da Ong esperte in pregiudizi antisemiti, o dal «ministero della sanità» di Hamas. La risoluzione della Cpi fornisce un assegno in bianco al terrorismo islamico, e non è un caso che Hamas sia stato il primo a congratularsi.
Sul Foglio Giuliano Ferrara sostiene che bisognerebbe uscire immediatamente dalla giurisdizione di quella “Corte di svitati” (la Cpi) che ha dato retta a Karim Khan, il procuratore scozzese capace di chiedere e ottenere un mandato d’arresto per il premier e il ministro della Difesa israeliani, Netanyahu e Gallant, alla pari di tre capi terroristi (Sinwar, Haniyeh e Deif) uccisi in una giusta guerra di autodifesa che, al di là delle differenze politiche anche forsennate, unisce il popolo e le istituzioni di un piccolo stato-rifugio che si batte con le unghie e con i denti per la sua sopravvivenza. Come ha detto Benny Gantz, generale e capo dell’opposizione di uno stato democratico, un simile affronto “non sarà mai perdonato”. E Yair Lapid, altro capo dell’opposizione, ha definito i mandati “un premio al terrorismo”, mentre Naftali Bennett, già capo del governo prima di Netanyahu, ha aggiunto che quei mandati sono “un marchio di infamia” per chi li ha emessi. Israele e gli Stati Uniti, unico vero alleato strategico dello stato e del popolo vittima del pogrom del 7 ottobre 2023, non sono soggetti alla giurisdizione della Corte penale internazionale (Cpi). Ma 124 paesi, tra cui tutti quelli dell’Unione europea, lo sono. Se Meloni e Tajani capissero il significato oltraggioso di quella decisione abnorme e surreale, che riguarda due ebrei vivi in guerra per difendere un popolo che li ha eletti per questo e tre fanatici antisemiti che li volevano cancellare dalla faccia della terra e hanno avuto la retribuzione che in guerra spetta ai più feroci assassini, che hanno gettato nella disperazione nello sconforto e nella miseria il loro popolo, diventerebbero 123 e l’Italia confermerebbe di non essere un anello della catena di odio politico che stringe Israele nella morsa dell’isolamento internazionale perseguito dalla strategia umanitaria di Hamas e dei mullah di Teheran e degli Hezbollah e degli houthi yemeniti. Non succederà.
Fiamma Nirenstein, Il Giornale
Secondo Fiamma Nirenstein, la risoluzione della Corte Penale Internazionale, che ha spiccato un mandato di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, abolisce l’ordine morale della democrazia e della civiltà. Può darsi – continua Nirenstein – che adesso, in giro per il mondo, la polizia aspetti all’aeroporto anche i ragazzi che hanno combattuto per difendere un Paese dallo sterminio di Hamas, che dopo il servizio militare vogliono andare a studiare o in vacanza o in uno stage, pieni di amore per la democrazia e per la vita. Può darsi che la polizia di Parigi, per esempio, aspetti con le manette i politici di destra e di sinistra, i ministri, gli ufficiali che compiano il peccato mortale di provenire da Israele, un Paese che è in guerra anche se voleva la pace. La risoluzione dell’Aia è una dichiarazione di antisemitismo che assorda adesso tutto il mondo, gridata in nome di una giustizia reinventata, che sovverte l’idea stessa di democrazia e di libertà. Netanyahu e Gallant sono ricercati come criminali di una guerra che è stata inflitta a Israele, hanno dovuto combattere per la vita e per la morte contro un nemico che ha fatto del suo popolo uno scudo umano totale per i terroristi, rifugiati invece in 800 chilometri di gallerie mentre usavano le case e gli ospedali per sparare su Israele i loro missili. Il 7 ottobre, la peggiore strage di ebrei che il mondo abbia conosciuto dopo il 1945, voluta da un grande schieramento capitanato dall’Iran accanto a Hezbollah, è stato cancellato con informazioni fasulle raccolte da Ong esperte in pregiudizi antisemiti, o dal «ministero della sanità» di Hamas. La risoluzione della Cpi fornisce un assegno in bianco al terrorismo islamico, e non è un caso che Hamas sia stato il primo a congratularsi.
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