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Trump fa impazzire la sinistra
Redazione InPiù 06/11/2024
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Alessandro Sallusti, il Giornale
“Donald Trump è di nuovo presidente degli Stati Uniti, onore alla sua tenacia, resistenza e capacità. La sinistra, americana e non, è sotto choc; tra i conservatori c'è chi esulta e chi, soprattutto in Europa, nutre dubbi”. Lo scrive Alessandro Sallusti sul Giornale: “Capiamo tutti, anche questi ultimi ai quali però ricordiamo che in politica, come in qualsiasi campo della vita, il male minore è sempre meglio del peggiore e per un conservatore Kamala Harris e la sua corte di radical chic obamiani sarebbe stata una vera sciagura, per di più contagiosa. Come è capitato in Italia prima con Berlusconi, poi con Salvini e più di recente con Giorgia Meloni, anche in America la manovra a tenaglia tra magistratura e mezzi di informazione per fermare le destre ha fatto fiasco e ora sono lì a piagnucolare quando dovrebbero invece cospargersi il capo di cenere per la lunga serie di errori fatti e idiozie veicolate. Pensavano, come la nostra sinistra, che per vincere le elezioni bastasse presentare una donna a caso (di colore meglio, che fa appunto colore), parlare di aborto e di «fascismo», difendere l'immigrazione clandestina e fare sfilare nei loro comizi star miliardarie campioni di follower sui social, tipo il nostro Vasco Rossi. Nel mentre – sottolinea Sallusti - Trump parlava di sicurezza, stipendi, rincari di caffe e hot dog oltre che pace da imporre, che è altra cosa del pacifismo. Poteva finire diversamente? No, certo. E infatti per i trumpiani - che hanno di fatto sostituito i repubblicani - è stata una trionfale passeggiata che consegna loro oltre che il record di voti e la Casa Bianca, pure il Senato e la Camera dei rappresentanti. Un potere enorme che, avendo già loro il controllo della Corte Costituzionale, certo può fare paura. Quello che Trump farà a casa sua, nel bene e nel male, saranno gioie e dolori degli americani. Ci sono un paio di mesi di tempo - l'insediamento avverrà a gennaio - per capire come davvero, al di là degli slogan elettorali, vorrà comportarsi con l'economia e la difesa militare europee. Certo – conclude - non siamo nelle condizioni di mostrare i muscoli all'America (l'ultimo europeo che provò a farlo - caso Sigonella - si chiamava Bettino Craxi e non fece una bella fine), ma primo non credo ce ne sarà motivo e secondo, casomai, spero proveremo a usare almeno la testa”.
Guido Moltedo, il Manifesto
Guido Moltedo sul Manifesto prefigura gli scenari politici negli Usa: “Durerà ‘solo’ quattro anni la presidenza Trump, dal momento che l’appena eletto 47mo presidente degli Stati Uniti non potrà correre per un terzo mandato. Magra consolazione, si dirà, ma è pur sempre un dato politico non trascurabile, se si tiene conto che nel 2028 la rielezione di Trump sarebbe scontata, alla luce dell’esito del voto. Il dopo Trump è tutto da costruire e questo lascia uno spiraglio a una rivincita dei dem. Peraltro – scrive Moltedo - chi si candiderà dopo di lui non è neppure nel regno delle ipotesi, avendo fatto terra bruciata intorno a sé nel Partito repubblicano ed essendone diventato il padrone assoluto. C’è una questione di leadership, che si apre adesso, e una questione programmatica, un indirizzo che caratterizzi il partito come forza di opposizione a un presidente che la stessa Harris ha più volte definito di stampo ‘fascista’. Non sarà una normale opposizione, il regime trumpista metterà duramente alla prova ogni forma di contestazione, parlamentare, politica, civica, sindacale. Occorrerà una forza politica robusta per contrastare l’ondata di misure autoritarie e vendicative promessa dal nuovo presidente. È il partito di Kamala Harris, questa forza politica? L’analisi del voto fornirà dati preziosi per capire fino a che punto, dove e come si è andata disgregando la coalizione di organizzazioni sociali e di comunità che hanno tradizionalmente costituito la base elettorale del Partito democratico e come può essere ricostruita la cosiddetta ‘grande tenda democratica’ per entrare nella nuova fase di scontro. Ci vorranno nuovi leader. Evidentemente dotato di antenne logorate, anche dal potere, il Partito democratico non aveva messo in conto una sconfitta di questa portata, non aveva dato il peso che meritava ai voltafaccia di importanti organizzazioni sindacali e al tiepido appoggio di altre, non aveva intercettato il distacco di pezzi importanti del suo elettorato tradizionale. Solo una reazione forte e immediata – conclude - potrà consentire al Partito democratico di evitare che si aprano altre voragini, sempre più grandi, in cui rischiare di finirci dentro per sempre”.
“Donald Trump è di nuovo presidente degli Stati Uniti, onore alla sua tenacia, resistenza e capacità. La sinistra, americana e non, è sotto choc; tra i conservatori c'è chi esulta e chi, soprattutto in Europa, nutre dubbi”. Lo scrive Alessandro Sallusti sul Giornale: “Capiamo tutti, anche questi ultimi ai quali però ricordiamo che in politica, come in qualsiasi campo della vita, il male minore è sempre meglio del peggiore e per un conservatore Kamala Harris e la sua corte di radical chic obamiani sarebbe stata una vera sciagura, per di più contagiosa. Come è capitato in Italia prima con Berlusconi, poi con Salvini e più di recente con Giorgia Meloni, anche in America la manovra a tenaglia tra magistratura e mezzi di informazione per fermare le destre ha fatto fiasco e ora sono lì a piagnucolare quando dovrebbero invece cospargersi il capo di cenere per la lunga serie di errori fatti e idiozie veicolate. Pensavano, come la nostra sinistra, che per vincere le elezioni bastasse presentare una donna a caso (di colore meglio, che fa appunto colore), parlare di aborto e di «fascismo», difendere l'immigrazione clandestina e fare sfilare nei loro comizi star miliardarie campioni di follower sui social, tipo il nostro Vasco Rossi. Nel mentre – sottolinea Sallusti - Trump parlava di sicurezza, stipendi, rincari di caffe e hot dog oltre che pace da imporre, che è altra cosa del pacifismo. Poteva finire diversamente? No, certo. E infatti per i trumpiani - che hanno di fatto sostituito i repubblicani - è stata una trionfale passeggiata che consegna loro oltre che il record di voti e la Casa Bianca, pure il Senato e la Camera dei rappresentanti. Un potere enorme che, avendo già loro il controllo della Corte Costituzionale, certo può fare paura. Quello che Trump farà a casa sua, nel bene e nel male, saranno gioie e dolori degli americani. Ci sono un paio di mesi di tempo - l'insediamento avverrà a gennaio - per capire come davvero, al di là degli slogan elettorali, vorrà comportarsi con l'economia e la difesa militare europee. Certo – conclude - non siamo nelle condizioni di mostrare i muscoli all'America (l'ultimo europeo che provò a farlo - caso Sigonella - si chiamava Bettino Craxi e non fece una bella fine), ma primo non credo ce ne sarà motivo e secondo, casomai, spero proveremo a usare almeno la testa”.
Guido Moltedo, il Manifesto
Guido Moltedo sul Manifesto prefigura gli scenari politici negli Usa: “Durerà ‘solo’ quattro anni la presidenza Trump, dal momento che l’appena eletto 47mo presidente degli Stati Uniti non potrà correre per un terzo mandato. Magra consolazione, si dirà, ma è pur sempre un dato politico non trascurabile, se si tiene conto che nel 2028 la rielezione di Trump sarebbe scontata, alla luce dell’esito del voto. Il dopo Trump è tutto da costruire e questo lascia uno spiraglio a una rivincita dei dem. Peraltro – scrive Moltedo - chi si candiderà dopo di lui non è neppure nel regno delle ipotesi, avendo fatto terra bruciata intorno a sé nel Partito repubblicano ed essendone diventato il padrone assoluto. C’è una questione di leadership, che si apre adesso, e una questione programmatica, un indirizzo che caratterizzi il partito come forza di opposizione a un presidente che la stessa Harris ha più volte definito di stampo ‘fascista’. Non sarà una normale opposizione, il regime trumpista metterà duramente alla prova ogni forma di contestazione, parlamentare, politica, civica, sindacale. Occorrerà una forza politica robusta per contrastare l’ondata di misure autoritarie e vendicative promessa dal nuovo presidente. È il partito di Kamala Harris, questa forza politica? L’analisi del voto fornirà dati preziosi per capire fino a che punto, dove e come si è andata disgregando la coalizione di organizzazioni sociali e di comunità che hanno tradizionalmente costituito la base elettorale del Partito democratico e come può essere ricostruita la cosiddetta ‘grande tenda democratica’ per entrare nella nuova fase di scontro. Ci vorranno nuovi leader. Evidentemente dotato di antenne logorate, anche dal potere, il Partito democratico non aveva messo in conto una sconfitta di questa portata, non aveva dato il peso che meritava ai voltafaccia di importanti organizzazioni sindacali e al tiepido appoggio di altre, non aveva intercettato il distacco di pezzi importanti del suo elettorato tradizionale. Solo una reazione forte e immediata – conclude - potrà consentire al Partito democratico di evitare che si aprano altre voragini, sempre più grandi, in cui rischiare di finirci dentro per sempre”.
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