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Valls: «Il regime iraniano ora può cadere: aiutiamo l'opposizione»
Stefano Piazza, La Verità, 28 ottobre
Redazione InPiù 02/11/2024
Valls: «Il regime iraniano ora può cadere: aiutiamo l'opposizione»
«Il regime iraniano ora può cadere: aiutiamo l’opposizione». Lo afferma Manuel Valls primo ministro della Francia dal 31 marzo 2014 al 6 dicembre 2016 in un’intervista a Stefano Piazza per La Verità pubblicata il 28 ottobre. Lo scorso 6 ottobre è intervenuto al convegno promosso dall’Associazione Sette ottobre a Roma. Manuel Valls, perché il 7 ottobre 2023 e come si è arrivati a questo attacco? «Nessuno oggi può dire con certezza l’esatta genesi dei terribili attacchi del 7 ottobre 2023, e le ragioni sono spesso molteplici. Ma l’obiettivo era effettivamente quello di infliggere un colpo mortale a Israele, di uccidere il maggior numero possibile di civili e soldati in condizioni abominevoli per seminare paura e scompiglio, per costringere Tsahal a una risposta forte e provocare così l’intervento simultaneo di Hezbollah e dell’Iran. Non dobbiamo mai dimenticare che la ragion d’essere di Hamas, fondata dai Fratelli Musulmani, è la costruzione di un califfato “dal Giordano al mare” e la distruzione di Israele. A tal fine, l’Iran finanzia e addestra Hamas e altri gruppi terroristici islamici nella regione per garantire la propria egemonia, in particolare nei confronti dell’Arabia Saudita sunnita. La Repubblica islamica ha quindi tutto l’interesse a rompere lo slancio degli Accordi di Abramo». Cosa possono fare le democrazie occidentali per aiutare Israele? «Le democrazie occidentali devono capire che è impossibile per Israele e per noi stessi che i gruppi terroristici islamici abbiano il controllo di territori che consentano loro di operare e pianificare attacchi in qualsiasi parte del mondo. Per Israele, la minaccia è ancora più diretta perché questi gruppi si trovano ai suoi confini settentrionali e meridionali e lo attaccano ogni giorno. L’Occidente deve capire che Israele ha il diritto e il dovere di difendersi, come ogni Stato democratico che protegge i propri cittadini. E mentre Israele combatte come stanno combattendo gli ucraini, anche noi dobbiamo dare il nostro sostegno incondizionato, in difesa dei nostri valori. Dopo essere stato colpito da un attacco devastante contro il suo popolo, al di là dell’immaginazione di alcuni dei più folli antisemiti, Israele, nell’arco di 12 mesi, non ha fatto altro che ridisegnare l’equilibrio della sicurezza globale, non solo nella regione, ma nel mondo intero. Ha eliminato migliaia di terroristi il cui impegno per una barbara ideologia teocratica è costato tante vite in tutta la regione e nel mondo per decenni. Hamas ha quindi fallito completamente i suoi obiettivi. È stato distrutto. Il regime iraniano sta vacillando. Non è il momento di cedere. In Europa c’è una sorta di pigrizia intellettuale che rasenta la codardia. Non capiamo che il lato tragico della storia è ancora una volta venuto alla ribalta». Si continua a chiedere il cessate il fuoco ma solo a Israele, che è costantemente attaccato da più fronti. «Anche prima che Israele seppellisse i suoi morti lo scorso ottobre, mentre Hamas era impegnato a uccidere i suoi ostaggi, c’erano già richieste di Israele di cessare il fuoco. Nell’ultimo anno, abbiamo sentito molti leader europei emettere condanne ‘equilibrate’ nei confronti di Hamas o Hezbollah da un lato e dello Stato ebraico dall’altro, una falsa equivalenza che dice più del loro disordine morale che delle motivazioni e delle azioni di Israele. Alcuni si sono spinti oltre, come il governo socialista spagnolo, premiando Hamas e Hezbollah con il riconoscimento nominale di uno Stato palestinese inesistente e perseguendo il primo ministro Netanyahu con accuse inventate di crimini di guerra. Non capiscono che alla fine dobbiamo fare una scelta: il nostro alleato, in prima linea nella difesa dalla barbarie, o i nostri nemici, coloro che odiano i nostri valori universali e seminano il terrore in Europa? È evidente che ci sono troppe vittime civili e popolazioni immerse in un’immensa sofferenza, ma la responsabilità è di Hamas. Sebbene le democrazie occidentali abbiano ragione a cercare soluzioni diplomatiche, il prerequisito è la sicurezza di Israele, e quindi le azioni dell’Iran e delle sue milizie devono essere fermate». Come possiamo quindi agire concretamente? «Invece di dare la colpa a Israele, dobbiamo chiedere alle Nazioni Unite di agire concretamente per imporre il rispetto della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza, che autorizza solo la presenza dell’esercito libanese regolare tra il fiume Litani e il confine meridionale con Israele (la linea blu) e richiede il disarmo dei gruppi armati non statali come Hezbollah. Le democrazie occidentali devono anche costringere l’Autorità palestinese a rigenerarsi e a creare un sistema educativo veramente aperto. Perché, volenti o nolenti, l’Autorità palestinese finanzia il terrorismo attraverso gli stipendi (vitalizi) versati alle famiglie di coloro che hanno commesso atti di violenza in Israele. Per aiutare Israele e la regione nel suo complesso, l’Unrwa dovrebbe essere radicalmente riformata. Lo status di rifugiato a vita trasmesso alle generazioni future non ha senso. Gli aiuti dovrebbero essere condizionati, esigendo una maggiore trasparenza nell’uso dei fondi e nelle attività dei membri dell’Unrwa, nonché il rispetto degli standard educativi dell’Unes co. La partecipazione di alcuni suoi membri agli orrori del 7 ottobre avrebbe dovuto sensibilizzare l’opinione pubblica e portare a decisioni forti. Cosa sta facendo l’Onu? Niente, a parte screditarsi mantenendo Philippe Lazzarini, il capo dell’Unrwa, o non reagendo alle osservazioni antisemite e antisioniste di Francesca Albanese, il suo “relatore speciale per i territori palestinesi occupati”. Infine, le democrazie occidentali possono aiutare Israele esprimendo fiducia nell’economia israeliana per non scoraggiare gli investitori e, soprattutto, evitando di ostacolare gli scambi commerciali o di vietare di fatto alle aziende israeliane di partecipare a fiere e forum internazionali. Penso, ad esempio, alle condizioni che regolano la partecipazione delle aziende israeliane alla fiera della difesa Euronaval in Francia, che sono arbitrarie, discriminatorie, con due pesi e due misure, giuridicamente incoerenti e tecnicamente e praticamente impossibili da attuare».
Pensa che il regime teocratico iraniano possa cadere e che questo significhi una nuova era di stabilità per il Medio Oriente? «Il regime teocratico è ora molto fragile di fronte ai colpi inferti da Israele e a una situazione economica disastrosa. Potrebbe cadere se aiutassimo l’opposizione iraniana. Sapendo che il regime dei mullah è riuscito a imporsi in 45 anni e a imporre il terrore nel Paese in modo che nessuna voce di dissenso possa emergere, l’Occidente deve essere intransigente nei confronti del regime e sostenere le voci della resistenza in Iran e nella diaspora. Ammiro il coraggio di queste donne che si rifiutano di indossare il velo a rischio della propria vita. Il Medio Oriente guadagnerà certamente in stabilità dopo la caduta del regime, in quanto molte organizzazioni terroristiche perderanno il loro essenziale sostegno finanziario, militare e geopolitico. La Repubblica islamica dell’Iran sta destabilizzando Paesi come il Libano con Hezbollah, l’Iraq con le milizie sciite e tiene in pugno la Siria mantenendo al potere Bashar al-Assad. È difficile immaginare un gruppo armato o una milizia in Francia o in Italia che sia più potente dell’esercito regolare del Paese e che non obbedisca al governo nazionale ma all’Iran, sottraendo così ampie fette di sovranità. Poiché l’Iran finanzia il terrorismo globale, arma la Russia e stringe alleanze con regimi autocratici - come il Venezuela e il Nicaragua - in tutto il mondo, e cerca di infiltrarsi nelle nostre università, la caduta dell’attuale regime iraniano significherebbe allo stesso tempo un’apertura per stabilizzare altre regioni del mondo». Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: «Israele vuole la pace, ha sete di pace, ha fatto la pace in passato e questa pace tornerà». «La pace arriverà quando la sicurezza di Israele sarà garantita, cioè quando gli elementi terroristici radicali non avranno più la capacità di mettere in pericolo Israele e i suoi abitanti. Purtroppo, solo dopo la guerra la Giordania e l’Egitto hanno fatto pace con Israele, comprendendo che era nel loro interesse farlo. Esorto tutti i Paesi arabi a fare lo stesso. Come ho già detto, per la pace è necessaria una riforma dell’Autorità palestinese, che rimane l’interlocutore ufficiale che rappresenta la Palestina. Una volta riorganizzata l’Autorità palestinese e migliorata la situazione economica dei palestinesi, si potrà iniziare a discutere seriamente per costruire una soluzione duratura. Infine, una soluzione duratura sarà possibile solo se educheremo le persone alla pace e non all’odio e alla violenza, come avviene attualmente con i libri di testo dell’Unrwa. Non fraintendetemi, questo sarà un processo lungo e difficile. Dobbiamo essere pragmatici e agire per gradi. La mia priorità è ricostruire la Striscia di Gaza libera dal terrorismo». Cosa pensa delle mosse di Mohammed bin Salman? «Se per Medio Oriente pacificato si intende la fine del regime dei mullah in Iran, si può scommettere che l’Arabia Saudita emergerà definitivamente come una grande potenza regionale, che è ciò a cui aspira e per cui Mohammed bin Salman sta lavorando. Capirete che insisto anche sulla necessità di rispettare i diritti umani. In un Medio Oriente pacificato, è assolutamente concepibile che l’Arabia Saudita possa realizzare una serie di progetti in collaborazione con altri Paesi della regione, che ne rafforzerebbero la stabilità. Sono ottimista sul fatto che firmerà accordi con Israele. L’alleanza tra lo Stato ebraico e l’Arabia Saudita, che ospita i luoghi santi dell’Islam, sarebbe un enorme segnale di pace, anche per i palestinesi, da sempre abbandonati e disprezzati dai Paesi arabi della regione.
Pensa che il regime teocratico iraniano possa cadere e che questo significhi una nuova era di stabilità per il Medio Oriente? «Il regime teocratico è ora molto fragile di fronte ai colpi inferti da Israele e a una situazione economica disastrosa. Potrebbe cadere se aiutassimo l’opposizione iraniana. Sapendo che il regime dei mullah è riuscito a imporsi in 45 anni e a imporre il terrore nel Paese in modo che nessuna voce di dissenso possa emergere, l’Occidente deve essere intransigente nei confronti del regime e sostenere le voci della resistenza in Iran e nella diaspora. Ammiro il coraggio di queste donne che si rifiutano di indossare il velo a rischio della propria vita. Il Medio Oriente guadagnerà certamente in stabilità dopo la caduta del regime, in quanto molte organizzazioni terroristiche perderanno il loro essenziale sostegno finanziario, militare e geopolitico. La Repubblica islamica dell’Iran sta destabilizzando Paesi come il Libano con Hezbollah, l’Iraq con le milizie sciite e tiene in pugno la Siria mantenendo al potere Bashar al-Assad. È difficile immaginare un gruppo armato o una milizia in Francia o in Italia che sia più potente dell’esercito regolare del Paese e che non obbedisca al governo nazionale ma all’Iran, sottraendo così ampie fette di sovranità. Poiché l’Iran finanzia il terrorismo globale, arma la Russia e stringe alleanze con regimi autocratici - come il Venezuela e il Nicaragua - in tutto il mondo, e cerca di infiltrarsi nelle nostre università, la caduta dell’attuale regime iraniano significherebbe allo stesso tempo un’apertura per stabilizzare altre regioni del mondo». Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: «Israele vuole la pace, ha sete di pace, ha fatto la pace in passato e questa pace tornerà». «La pace arriverà quando la sicurezza di Israele sarà garantita, cioè quando gli elementi terroristici radicali non avranno più la capacità di mettere in pericolo Israele e i suoi abitanti. Purtroppo, solo dopo la guerra la Giordania e l’Egitto hanno fatto pace con Israele, comprendendo che era nel loro interesse farlo. Esorto tutti i Paesi arabi a fare lo stesso. Come ho già detto, per la pace è necessaria una riforma dell’Autorità palestinese, che rimane l’interlocutore ufficiale che rappresenta la Palestina. Una volta riorganizzata l’Autorità palestinese e migliorata la situazione economica dei palestinesi, si potrà iniziare a discutere seriamente per costruire una soluzione duratura. Infine, una soluzione duratura sarà possibile solo se educheremo le persone alla pace e non all’odio e alla violenza, come avviene attualmente con i libri di testo dell’Unrwa. Non fraintendetemi, questo sarà un processo lungo e difficile. Dobbiamo essere pragmatici e agire per gradi. La mia priorità è ricostruire la Striscia di Gaza libera dal terrorismo». Cosa pensa delle mosse di Mohammed bin Salman? «Se per Medio Oriente pacificato si intende la fine del regime dei mullah in Iran, si può scommettere che l’Arabia Saudita emergerà definitivamente come una grande potenza regionale, che è ciò a cui aspira e per cui Mohammed bin Salman sta lavorando. Capirete che insisto anche sulla necessità di rispettare i diritti umani. In un Medio Oriente pacificato, è assolutamente concepibile che l’Arabia Saudita possa realizzare una serie di progetti in collaborazione con altri Paesi della regione, che ne rafforzerebbero la stabilità. Sono ottimista sul fatto che firmerà accordi con Israele. L’alleanza tra lo Stato ebraico e l’Arabia Saudita, che ospita i luoghi santi dell’Islam, sarebbe un enorme segnale di pace, anche per i palestinesi, da sempre abbandonati e disprezzati dai Paesi arabi della regione.
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