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I governi e le scelte comuni

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 10/10/2024

I governi e le scelte comuni I governi e le scelte comuni Sabino Cassese, Corriere della Sera
A due anni dall’insediamento del governo Meloni, il 68° dalla proclamazione della Repubblica, il primo esecutivo a guida Fratelli d’Italia e presieduto da una donna, Sabino Cassese sul Corriere della Sera evidenzia gli elementi di novità e di continuità emersi negli ultimi due anni. L’economia – sottolinea – va meglio del previsto. Occupati, esportazioni e produttività crescono, anche in misura più accentuata rispetto agli altri grandi Paesi europei. Nelle istituzioni si nota un inconsueto attivismo normativo, con spostamento della funzione legislativa dal Parlamento al governo, che produce quasi un decreto-legge a settimana, purtroppo tutti scritti malissimo. Questo protagonismo legislativo del governo, che è il comitato direttivo della maggioranza parlamentare, più che una prova della sua forza, è un sintomo della sua debolezza, specialmente ora che il numero dei parlamentari è stato ridotto. Nella compagine governativa, risolto con le dimissioni il caso del ministro della Cultura, resta il problema che ne era all’origine, la debolezza degli staff ministeriali, scelti spesso sulla base dell’appartenenza e della fedeltà, invece che secondo il criterio della competenza. Questa carenza, che la presidente del Consiglio non ha mancato di far notare ai suoi stessi colleghi, si è riflessa anche sulle strutture ministeriali, dove si è passati dal sistema delle spoglie a quello del patronato politico, La presidente del Consiglio ha saggiamente dedicato particolare attenzione alla politica estera. Ciò le ha consentito di rompere un certo isolamento del governo in Italia, attraverso la conquista di una legittimazione all’estero. Il secondo elemento caratterizzante della sua azione è stato il realismo:  Il terzo elemento caratteristico della sua azione sta nella ricerca di un rapporto con gli interessi organizzati, in assenza del filtro dei partiti, divenuti ormai gusci vuoti. Supplisce con questi comportamenti all’assenza di una delle più antiche virtù dei protagonisti della politica, la «gravitas». È iniziato con le elezioni del 2022 un capitolo nuovo della storia dell’Italia repubblicana? No, conclude Cassese: prevalgono gli elementi di continuità, sia quelli che vanno apprezzati, specialmente in politica estera, sia quelli che vanno criticati, specialmente nella gestione delle istituzioni.
 
Alessandro Santoro, la Repubblica
Questo governo – scrive Alessandro Santoro su Repubblica – ha iniziato la legislatura con i consueti grandi proclami sul fisco, ma anche in questa legislatura non vedremo quella riforma da tempo auspicabile del nostro sistema fiscale, basata sui principi di efficienza e di equità. Assisteremo piuttosto ad altri micro-interventi, la cui natura peraltro non è chiarissima. Sulle rendite catastali, sembra che l’intenzione sia quella di dare attuazione alla norma, già inserita nella scorsa legge di bilancio, che prevedeva l’obbligo per i proprietari di immobili che hanno fruito del superbonus di avviare la procedura di revisione della rendita catastale. A quanto pare, verranno intensificati i controlli ma in questo caso occorre chiedersi se sia davvero necessaria una norma (non dovrebbe essere automatico che venga controllato l’effettivo rispetto di un obbligo che è già previsto dalla legge?) e, soprattutto, se questa norma sarà “cifrabile” come si dice nel gergo della legge di bilancio e a quanto dovrebbero ammontare i recuperi di gettito. Si rischia di sollevare un polverone per nulla. Tra l’altro appare paradossale che quei partiti che affossarono la delega Draghi in nome del principio sacro della “difesa della casa”, sostengano adesso questa possibilità. Anche qui si evidenzia una disparità di trattamento: perché la revisione delle rendite catastali, che sono lontane dai valori di mercato per la maggior parte degli immobili, dovrebbe riguardare solo alcuni immobili e non altri? Anche altri contribuenti hanno visto aumentare il valore di mercato del loro immobile per agevolazioni diverse dal superbonus, o perché hanno fruito, ad esempio delle esternalità positive create dalle politiche pubbliche di sviluppo della rete dei trasporti urbani. La realtà è che ci vorrebbe una revisione dell’intero catasto (anche a parità di gettito), che è una straordinaria fonte di iniquità orizzontali e verticali del nostro sistema fiscale.
 
Paolo Balduzzi, Il Messaggero
A metà ottobre, cioè tra meno di una settimana, il Parlamento – ricorda Paolo Balduzzi sul Messaggero – si aspetta di ricevere dal governo una proposta per la prossima legge di bilancio. È facile quindi immaginare quanto intense in questi giorni possano essere le attività di ascolto, confronto, rifinitura e correzione su tale documento da parte del Ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti. Non bisogna essere economisti per riconoscere come (provare a) mettere insieme le esigenze di cittadini, associazioni, gruppi di interesse, partiti e gruppi parlamentari sia un’impresa al limite dell’umano. Va dunque apprezzato, a prescindere dal suo colore politico, l’enorme sforzo fatto ogni anno dal ministro e dai suoi tecnici, di questo come dei governi passati. Tuttavia, allo stesso tempo, non si possono e non si devono nemmeno ignorare i temi più scottanti che il dibattito sul bilancio solleva, in special modo se si ripetono ormai da diversi anni senza trovare risposta. Ad oggi, per esempio, resta ancora incompiuta, se non addirittura peggiorata, la questione legata al finanziamento dei comuni italiani. La situazione è intricata e riguarda diversi aspetti. Da un lato, c’è l’ammontare totale delle risorse che servono a finanziare le competenze di spesa di questi enti locali, che può essere composto tanto da trasferimenti quanto da entrate proprie. Dall’altro, ci sono gli spazi di autonomia legati a queste ultime. La crisi economica del 2009-2013 prima, la pandemia poi e, infine, le guerre in Ucraina e Medioriente anno portato il governo ad accentrare sempre di più la gestione delle risorse, privando di volta in volta gli enti locali dei necessari trasferimenti. Non solo: si sono in aggiunta ristretti gli spazi di manovra che riguardano le cosiddette entrate proprie, cioè principalmente le entrate tributarie locali, ferme al palo e in attesa di una mai pervenuta riforma generale del fisco locale. Ed è davvero un peccato, perché lo scorso secolo si era invece chiuso su premesse diametralmente opposte.
 
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