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Putin a razzo verso il fallimento
Redazione InPiù 23/09/2024
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Alessandro Sallusti, il Giornale
Alessandro Sallusti sul Giornale parla del ‘fallimento’ della strategia di Putin: “Vladimir Putin – scrive il direttore - ha fatto testare una nuova micidiale arma, il super missile intercontinentale Sarmat. Le immagini scattate dai satelliti spia che orbitano sopra quella parte di Russia alle porte dell'Artico dimostrano che si è trattato di un clamoroso flop. Il missile, con il quale il Cremlino aveva di recente minacciato di incenerire una città europea, si è incenerito a sua volta a terra durante le operazioni di lancio, seminando devastazione nella zona circostante. Ormai sono tre anni che leggiamo che la Russia questa guerra l'ha già vinta. Sull'argomento si esibiscono settimanalmente giornalisti tuttologi e blasonati esperti di geopolitica: Zelensky, piantala lì perché tanto resistere è inutile. Sarà, noi di geopolitica capiamo poco o nulla, ma da modesti cronisti registriamo che le cose non stanno così, che da tre anni il piccolo esercito ucraino - certo ben supportato dall'Occidente - sta tenendo in scacco quello che era ritenuto, evidentemente a torto, uno dei più grandi e micidiali eserciti del mondo. Mi chiedo come sia possibile che un Paese che non riesce a piegare la resistenza Ucraina possa immaginare di sfidare militarmente l'Europa intera. Ma c'è di più. Non l'Ucraina, bensì la Russia questa guerra l'ha già persa. Nel senso che ormai è chiaro a tutti, meno che a soloni e presunti esperti filorussi, che vista la resistenza del popolo ucraino, ben che gli vada i russi potranno forse un giorno completare non una guerra di annessione - come era nei loro propositi - ma di occupazione. Ma come la storia insegna, le guerre di occupazione - cioè contro la volontà prevalente del popolo - sono una vittoria di Pirro, un pantano dal quale prima o poi gli occupanti devono ritirarsi per limitare danni e perdite. Lo è stato il Vietnam prima per i francesi e poi per gli americani, l'Afghanistan prima per i russi stessi poi per gli americani, l'Iraq per la coalizione occidentale che lo aveva occupato. La carcassa fumante del super missile – conclude - è esattamente l'immagine di un gigantesco fallimento politico e militare”.
Carlo Valentini, Italia Oggi
Quando accadono tragedie come le alluvioni che hanno devastato aree dell’Emilia Romagna e delle Marche servono azioni, non polemiche. Lo scrive Carlo Valentini su Italia Oggi secondo il quale “che la politica si sia messa a bisticciare mentre un evento drammatico stava sconvolgendo la vita di migliaia di persone è disdicevole. È la prima volta che questo accade in Italia ed è un segnale dell’imbarbarimento della politica e della sua lontananza dal Paese reale. Non sono mancate polemiche in occasione di altre sciagure, per esempio terremoti e slavine, sui supposti ritardi nei soccorsi e nella prevenzione, ma sono avvenute dopo che la fase acuta dell’evento si era verificata, quando è giusto domandarsi cosa non ha funzionato e cercare di porvi rimedio per il futuro. Quando ancora si sta scavando nel fango e si sta cercando di dare una prima assistenza a chi a fatica è riuscito a salvarsi bisogna rimboccarsi le maniche e tacere. Al di là delle ragioni e dei torti – osserva Valentini - un ministro non può convocare una conferenza stampa e polemizzare quando l’acqua sta ancora tracimando dai fiumi. Tutta la politica, di qualsiasi orientamento e collocazione istituzionale, va richiamata a un salto di qualità. E’ indubbio che è mancato in questi anni un piano geologico nazionale per mettere in sicurezza la penisola così come le Regioni, imbrigliate da pastoie burocratiche e da un’insufficiente capacità operativa, non hanno realizzato tutte le opere necessarie per impedire gli effetti nefasti del cambiamento climatico. Più che il rimpallo delle responsabilità occorre che politici e tecnici si mettano attorno a un tavolo e predispongano un piano realistico ed efficace di monitoraggio delle zone a rischio e di interventi, sia immediati che programmabili nel tempo, in grado di evitare che una tempesta si trasformi in catastrofe. Il territorio non è stato governato, né a livello centrale né periferico: sarebbe bene – conclude - fare punto e a capo e su un tema così importante lavorare tutti assieme per mettere in sicurezza la Penisola”.
Alessandro Sallusti sul Giornale parla del ‘fallimento’ della strategia di Putin: “Vladimir Putin – scrive il direttore - ha fatto testare una nuova micidiale arma, il super missile intercontinentale Sarmat. Le immagini scattate dai satelliti spia che orbitano sopra quella parte di Russia alle porte dell'Artico dimostrano che si è trattato di un clamoroso flop. Il missile, con il quale il Cremlino aveva di recente minacciato di incenerire una città europea, si è incenerito a sua volta a terra durante le operazioni di lancio, seminando devastazione nella zona circostante. Ormai sono tre anni che leggiamo che la Russia questa guerra l'ha già vinta. Sull'argomento si esibiscono settimanalmente giornalisti tuttologi e blasonati esperti di geopolitica: Zelensky, piantala lì perché tanto resistere è inutile. Sarà, noi di geopolitica capiamo poco o nulla, ma da modesti cronisti registriamo che le cose non stanno così, che da tre anni il piccolo esercito ucraino - certo ben supportato dall'Occidente - sta tenendo in scacco quello che era ritenuto, evidentemente a torto, uno dei più grandi e micidiali eserciti del mondo. Mi chiedo come sia possibile che un Paese che non riesce a piegare la resistenza Ucraina possa immaginare di sfidare militarmente l'Europa intera. Ma c'è di più. Non l'Ucraina, bensì la Russia questa guerra l'ha già persa. Nel senso che ormai è chiaro a tutti, meno che a soloni e presunti esperti filorussi, che vista la resistenza del popolo ucraino, ben che gli vada i russi potranno forse un giorno completare non una guerra di annessione - come era nei loro propositi - ma di occupazione. Ma come la storia insegna, le guerre di occupazione - cioè contro la volontà prevalente del popolo - sono una vittoria di Pirro, un pantano dal quale prima o poi gli occupanti devono ritirarsi per limitare danni e perdite. Lo è stato il Vietnam prima per i francesi e poi per gli americani, l'Afghanistan prima per i russi stessi poi per gli americani, l'Iraq per la coalizione occidentale che lo aveva occupato. La carcassa fumante del super missile – conclude - è esattamente l'immagine di un gigantesco fallimento politico e militare”.
Carlo Valentini, Italia Oggi
Quando accadono tragedie come le alluvioni che hanno devastato aree dell’Emilia Romagna e delle Marche servono azioni, non polemiche. Lo scrive Carlo Valentini su Italia Oggi secondo il quale “che la politica si sia messa a bisticciare mentre un evento drammatico stava sconvolgendo la vita di migliaia di persone è disdicevole. È la prima volta che questo accade in Italia ed è un segnale dell’imbarbarimento della politica e della sua lontananza dal Paese reale. Non sono mancate polemiche in occasione di altre sciagure, per esempio terremoti e slavine, sui supposti ritardi nei soccorsi e nella prevenzione, ma sono avvenute dopo che la fase acuta dell’evento si era verificata, quando è giusto domandarsi cosa non ha funzionato e cercare di porvi rimedio per il futuro. Quando ancora si sta scavando nel fango e si sta cercando di dare una prima assistenza a chi a fatica è riuscito a salvarsi bisogna rimboccarsi le maniche e tacere. Al di là delle ragioni e dei torti – osserva Valentini - un ministro non può convocare una conferenza stampa e polemizzare quando l’acqua sta ancora tracimando dai fiumi. Tutta la politica, di qualsiasi orientamento e collocazione istituzionale, va richiamata a un salto di qualità. E’ indubbio che è mancato in questi anni un piano geologico nazionale per mettere in sicurezza la penisola così come le Regioni, imbrigliate da pastoie burocratiche e da un’insufficiente capacità operativa, non hanno realizzato tutte le opere necessarie per impedire gli effetti nefasti del cambiamento climatico. Più che il rimpallo delle responsabilità occorre che politici e tecnici si mettano attorno a un tavolo e predispongano un piano realistico ed efficace di monitoraggio delle zone a rischio e di interventi, sia immediati che programmabili nel tempo, in grado di evitare che una tempesta si trasformi in catastrofe. Il territorio non è stato governato, né a livello centrale né periferico: sarebbe bene – conclude - fare punto e a capo e su un tema così importante lavorare tutti assieme per mettere in sicurezza la Penisola”.
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