- Altro parere
- La difesa ignorata
- Altro parere
- I governi e le scelte comuni
- Altro parere
- Corte costituzionale, un autogol sul metodo che alimenta la spaccatura
- Altro parere
- La speranza scomparsa
- Israele un anno dopo, alla fine del buio
- Descalzi: «Sull'auto elettrica la linea della Ue è superficiale»
- Tajani: "No a nuove imposte, ora tagliamo la spese"
- Altro parere
- Il passo lento di Usa e Ue
- Altro parere
- La nostra paura più grande
Le scelte inevitabili
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 09/09/2024
In edicola
Lucrezia Reichlin, Corriere della Sera
Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera commenta il rapporto Draghi e parla di ‘scelte inevitabili’. “Ma nonostante il tono della presentazione – scrive - il rapporto è un grido di allarme con la chiara finalità di scuotere la leadership europea dalla sua paralisi. Il messaggio è chiaro e non è una sorpresa. Le condizioni che hanno garantito la prosperità in Europa non ci sono più e senza un cambiamento di prospettiva l’Unione non sarà in grado di garantire ai suoi cittadini quel livello di benessere di cui hanno fin qui goduto. Il declino dell’Europa si vede già nei numeri. Il divario con gli Usa è aumentato e gli europei sono oggi il 30% più poveri del loro alleato, soprattutto per via della crescita più debole della produttività. La produttività, in quanto fattore trainante della competitività, è quindi il focus del rapporto. Siamo quindi di fronte ad una emergenza esistenziale e questo è il messaggio essenziale, lanciato ai tavoli della politica europea. Per raggiungere gli obbiettivi, Draghi stima che ci sia bisogno di un minimo di investimenti annuali addizionali di 750-800 miliardi di euro, il 4,4-4,7% del Pil dell’Unione nel 2023. Questo numero – osserva l’editorialista - è enorme e contrasta con l’anemia di investimento privato e pubblico degli ultimi 20 anni. Il tema del finanziamento non è centrale nel rapporto, ma è chiaro che senza questa mobilitazione di risorse comuni le politiche proposte non hanno gambe. Ma difficile pensare che in questa situazione di incertezza politica, con Francia e Germania quasi fuori gioco, e un’Italia ai margini della politica europea, questo grido di allarme porti ad una discontinuità su un tema così controverso. È quindi lecito porsi la domanda seguente: se l’Europa è di fronte a un momento esistenziale che richiede una forte discontinuità, ma questo messaggio non è recepito o comunque l’azione necessaria è ostacolata da incentivi politici perversi, dobbiamo aspettarci un forte ridimensionamento sia politico che economico dell’Europa e una drastica riduzione delle ambizioni dell’Unione in tema di integrazione? Saranno le nostre democrazie nazionali – conclude Reichlin - sufficientemente vitali e creative per fermare il declino ed esprimere una leadership europea più forte e riformatrice?”.
Antonio Bonanni, la Repubblica
“Il rapporto di oltre trecento pagine che ieri ha presentato a Bruxelles è stato pensato e scritto come il Manifesto della nuova Europa. Di sicuro potrebbe esserlo”. Così l’editorialie di Repubblica a proposito del documento presentato ieri dall'ex presidente della Bce. “Ma quel rapporto – scrive Alberto Bonanni - potrebbe rivelarsi invece l’Epitaffio della vecchia Europa. E chiunque conosca anche solo superficialmente la realtà di questa nostra Unione sa che le soluzioni radicali proposte da Draghi hanno ben poche speranze di essere adottate dai governi nazionali con la necessaria risolutezza. Ma questo, per usare le parole dell’ex presidente della Bce, vorrebbe dire «rassegnarsi ad una lenta agonia». O l’Europa saprà darsi un governo unico in politica estera, difesa, economia, commercio e industria abbandonando la regola dell’unanimità e, se necessario, lasciando indietro i ritardatari. Oppure la «lenta agonia» resta l’unica soluzione possibile. L’Europa saprà raccoglierla? Dubitarne è lecito. Oggi – sottolinea - la Ue appare in piena crisi non solo economica ma anche politica. Francia e Germania, le due forze propulsive che l’hanno spinta per oltre settant’anni, hanno governi precari sostanzialmente sfiduciati dagli elettori. L’Italia, che in passato ha saputo traghettare l’asse franco-tedesco verso decisioni difficili come l’Atto Unico o il Trattato di Maastricht, è sempre più isolata nella sua deriva sovranista. La stessa coalizione di centro-sinistra, che ha riconfermato la von der Leyen alla guida della Commissione, è attraversata da divisioni e sospetti. Proprio la fragilità dei governi, e l’evidente smarrimento dei principali partiti politici, potrebbero favorire la leadership della nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Nessuno, oggi, in Europa, ha in sé la forza per opporsi ad un piano di azione radicale che si presenta come l’ultima soluzione possibile per preservare lo stato sociale, salvare i valori fondamentali e riconquistare il consenso perduto. A partire dal dopoguerra, passando per la fine della Guerra fredda, l’Europa è sempre andata avanti quando era più debole. Il Manifesto Draghi – conclude - potrebbe essere la zattera a cui si aggrappano i naufraghi dell’attuale leadership europea”.
Montesquieu, La Stampa
Sulla Stampa l'editorialista che si firma Montesquieu torna sulla vicenda Boccia-Sangiuliano: “La prima relazione che viene alla mente – scrive - è l'estraneità assoluta e integrale alla vicenda delle Camere e del Parlamento, nella loro solenne complessità, da tutta questa storia. Esclusione oggettiva, più che autoesclusione: che non appaia spontanea. L'unico mondo, il Parlamento, Montecitorio, Palazzo Madama, tra tutti, rimastone all'oscuro, dal primo momento a oggi. Chi esulta per la gratuità, nemmeno un euro, dello scandalo ancora in onda, dovrebbe ricordate che in quelle Camere, a lavorare «senza» esercitare tutte quella funzioni, un tempo fondamento della nostra Repubblica, della nostra rinata democrazia, resistono centinaia di parlamentari, deputati e senatori, bravissimi e tantissimi collaboratori, giornalisti detti per l'appunto parlamentari, un tempo addirittura stanziali, o quasi. Altro che pochi euro – sottolinea Montesquieu - Sono ancora li. Per fare cosa: praticamente nulla delle originarie funzioni, o comunque nulla che non possa essere fatto altrove, e non venga fatto altrove. Leggi, dibattiti, controllo sul governo (una barzelletta da bouvette, oramai), indirizzi allo stesso governo, informazioni, e tutti il repertorio, che fa per l'appunto bella mostra di sé nella Costituzione. Prima di rinunciare, al nostro Parlamento, che è la base della nostra Costituzione, per memoria, una domanda: al capo del governo, ai capi delle opposizioni, agli altri organi costituzionali, ai diretti interessati, deputati e senatori, e chi altro: sanno, sono al corrente di questa incredibile, paradossale situazione? È una scelta consapevole, quella di svuotare le Camere, riducendole a un museo, e di accumularne funzioni e potere nell'organo già dominante, il governo, e in un uomo, o donna, che lo guida? Che questo a tutto può portare, tranne che a rafforzare la democrazia? Che prima della Costituzione, c'era un regime in cui tutto decideva uno solo, e il premierato si dirige in quella direzione? Sanno, i nuovi costituenti, di un vecchio presidio costituzionale, tipico delle democrazie e necessario perché lo siano, democrazie, che va sotto il nome di separazione dei poteri?”.
Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera commenta il rapporto Draghi e parla di ‘scelte inevitabili’. “Ma nonostante il tono della presentazione – scrive - il rapporto è un grido di allarme con la chiara finalità di scuotere la leadership europea dalla sua paralisi. Il messaggio è chiaro e non è una sorpresa. Le condizioni che hanno garantito la prosperità in Europa non ci sono più e senza un cambiamento di prospettiva l’Unione non sarà in grado di garantire ai suoi cittadini quel livello di benessere di cui hanno fin qui goduto. Il declino dell’Europa si vede già nei numeri. Il divario con gli Usa è aumentato e gli europei sono oggi il 30% più poveri del loro alleato, soprattutto per via della crescita più debole della produttività. La produttività, in quanto fattore trainante della competitività, è quindi il focus del rapporto. Siamo quindi di fronte ad una emergenza esistenziale e questo è il messaggio essenziale, lanciato ai tavoli della politica europea. Per raggiungere gli obbiettivi, Draghi stima che ci sia bisogno di un minimo di investimenti annuali addizionali di 750-800 miliardi di euro, il 4,4-4,7% del Pil dell’Unione nel 2023. Questo numero – osserva l’editorialista - è enorme e contrasta con l’anemia di investimento privato e pubblico degli ultimi 20 anni. Il tema del finanziamento non è centrale nel rapporto, ma è chiaro che senza questa mobilitazione di risorse comuni le politiche proposte non hanno gambe. Ma difficile pensare che in questa situazione di incertezza politica, con Francia e Germania quasi fuori gioco, e un’Italia ai margini della politica europea, questo grido di allarme porti ad una discontinuità su un tema così controverso. È quindi lecito porsi la domanda seguente: se l’Europa è di fronte a un momento esistenziale che richiede una forte discontinuità, ma questo messaggio non è recepito o comunque l’azione necessaria è ostacolata da incentivi politici perversi, dobbiamo aspettarci un forte ridimensionamento sia politico che economico dell’Europa e una drastica riduzione delle ambizioni dell’Unione in tema di integrazione? Saranno le nostre democrazie nazionali – conclude Reichlin - sufficientemente vitali e creative per fermare il declino ed esprimere una leadership europea più forte e riformatrice?”.
Antonio Bonanni, la Repubblica
“Il rapporto di oltre trecento pagine che ieri ha presentato a Bruxelles è stato pensato e scritto come il Manifesto della nuova Europa. Di sicuro potrebbe esserlo”. Così l’editorialie di Repubblica a proposito del documento presentato ieri dall'ex presidente della Bce. “Ma quel rapporto – scrive Alberto Bonanni - potrebbe rivelarsi invece l’Epitaffio della vecchia Europa. E chiunque conosca anche solo superficialmente la realtà di questa nostra Unione sa che le soluzioni radicali proposte da Draghi hanno ben poche speranze di essere adottate dai governi nazionali con la necessaria risolutezza. Ma questo, per usare le parole dell’ex presidente della Bce, vorrebbe dire «rassegnarsi ad una lenta agonia». O l’Europa saprà darsi un governo unico in politica estera, difesa, economia, commercio e industria abbandonando la regola dell’unanimità e, se necessario, lasciando indietro i ritardatari. Oppure la «lenta agonia» resta l’unica soluzione possibile. L’Europa saprà raccoglierla? Dubitarne è lecito. Oggi – sottolinea - la Ue appare in piena crisi non solo economica ma anche politica. Francia e Germania, le due forze propulsive che l’hanno spinta per oltre settant’anni, hanno governi precari sostanzialmente sfiduciati dagli elettori. L’Italia, che in passato ha saputo traghettare l’asse franco-tedesco verso decisioni difficili come l’Atto Unico o il Trattato di Maastricht, è sempre più isolata nella sua deriva sovranista. La stessa coalizione di centro-sinistra, che ha riconfermato la von der Leyen alla guida della Commissione, è attraversata da divisioni e sospetti. Proprio la fragilità dei governi, e l’evidente smarrimento dei principali partiti politici, potrebbero favorire la leadership della nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Nessuno, oggi, in Europa, ha in sé la forza per opporsi ad un piano di azione radicale che si presenta come l’ultima soluzione possibile per preservare lo stato sociale, salvare i valori fondamentali e riconquistare il consenso perduto. A partire dal dopoguerra, passando per la fine della Guerra fredda, l’Europa è sempre andata avanti quando era più debole. Il Manifesto Draghi – conclude - potrebbe essere la zattera a cui si aggrappano i naufraghi dell’attuale leadership europea”.
Montesquieu, La Stampa
Sulla Stampa l'editorialista che si firma Montesquieu torna sulla vicenda Boccia-Sangiuliano: “La prima relazione che viene alla mente – scrive - è l'estraneità assoluta e integrale alla vicenda delle Camere e del Parlamento, nella loro solenne complessità, da tutta questa storia. Esclusione oggettiva, più che autoesclusione: che non appaia spontanea. L'unico mondo, il Parlamento, Montecitorio, Palazzo Madama, tra tutti, rimastone all'oscuro, dal primo momento a oggi. Chi esulta per la gratuità, nemmeno un euro, dello scandalo ancora in onda, dovrebbe ricordate che in quelle Camere, a lavorare «senza» esercitare tutte quella funzioni, un tempo fondamento della nostra Repubblica, della nostra rinata democrazia, resistono centinaia di parlamentari, deputati e senatori, bravissimi e tantissimi collaboratori, giornalisti detti per l'appunto parlamentari, un tempo addirittura stanziali, o quasi. Altro che pochi euro – sottolinea Montesquieu - Sono ancora li. Per fare cosa: praticamente nulla delle originarie funzioni, o comunque nulla che non possa essere fatto altrove, e non venga fatto altrove. Leggi, dibattiti, controllo sul governo (una barzelletta da bouvette, oramai), indirizzi allo stesso governo, informazioni, e tutti il repertorio, che fa per l'appunto bella mostra di sé nella Costituzione. Prima di rinunciare, al nostro Parlamento, che è la base della nostra Costituzione, per memoria, una domanda: al capo del governo, ai capi delle opposizioni, agli altri organi costituzionali, ai diretti interessati, deputati e senatori, e chi altro: sanno, sono al corrente di questa incredibile, paradossale situazione? È una scelta consapevole, quella di svuotare le Camere, riducendole a un museo, e di accumularne funzioni e potere nell'organo già dominante, il governo, e in un uomo, o donna, che lo guida? Che questo a tutto può portare, tranne che a rafforzare la democrazia? Che prima della Costituzione, c'era un regime in cui tutto decideva uno solo, e il premierato si dirige in quella direzione? Sanno, i nuovi costituenti, di un vecchio presidio costituzionale, tipico delle democrazie e necessario perché lo siano, democrazie, che va sotto il nome di separazione dei poteri?”.
Altre sull'argomento
Il passo lento di Usa e Ue
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Alla Ue servono soprattutto meno regole
Invece commentando il Rapporto Draghi quasi tutti parlano di incentivi ...
Invece commentando il Rapporto Draghi quasi tutti parlano di incentivi ...
L'Europa tra tassi e rapporto Draghi
Mentre le spinte nazionaliste ostacolano l'operazione Unicredit-Commerzbank
Mentre le spinte nazionaliste ostacolano l'operazione Unicredit-Commerzbank
Contundente
Protagonista
Protagonista
Pubblica un commento