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Una scelta necessaria: investire

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 05/09/2024

Una scelta necessaria: investire Una scelta necessaria: investire Francesco Giavazzi, Corriere della Sera
Le ragioni della difficile situazione economica della Germania, afferma Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera, suggeriscono qualche lezione anche a noi. Nei vent’anni dell’era Merkel, dal 2000 al 2019, la Germania ha ridotto gli investimenti totali (pubblici e privati) di quasi due punti di pil. Alla caduta degli investimenti totali ha contribuito una contrazione degli investimenti pubblici: fra il 2018 e il 2022 (dati del Fondo monetario internazionale) la Germania è stata uno dei paesi con meno investimenti pubblici: 2,7% del pil, più o meno come in Italia, mentre in Francia e negli Stati Uniti erano vicini al 4%, in Svezia superavano il 5%. Con un capitale pubblico importante, investire meno del 3% del pil significa non fare neppure la manutenzione. Così il capitale pubblico, già scarso, si deteriora. Dopo la crisi finanziaria del 2008-9, Berlino ha introdotto leggi federali e statali sul freno all’indebitamento. Leggi che hanno imposto ai deficit pubblici federali un limite dello 0,35% del pil e ai Lander (le regioni) bilanci in pareggio. Questo ha sì contribuito a portare il debito pubblico tedesco su una chiara traiettoria discendente, ma si è in parte trattato di un’illusione. Un paese che non fa sufficienti manutenzioni vive alle spalle del suo capitale pubblico. Dopo un po’ non ha più debito, ma i ponti e le strade non reggono e devono essere riparati o ricostruiti. La spesa non è stata ridotta: è stata solo rimandata. L’Italia soffre di problemi simili. Per anni, anziché investire nella protezione del territorio, abbiamo finanziato pensioni di anzianità. Con il risultato che poi abbiamo dovuto spendere di più per fare fronte agli effetti delle alluvioni o di altri fenomeni naturali. Idem per gli edifici scolastici in cui non è stata fatta un’adeguata protezione contro i rischi sismici. Per il governo, che si accinge a scrivere la Legge di bilancio, qualche lezione. Fa bene il ministro dell’Economia a resistere alle pressioni per abbassare l’età delle pensioni. Ma fa malissimo a cercare di risparmiare tagliando gli investimenti pubblici. Quei tagli per lo più sono illusioni che presenteranno il conto dopo qualche tempo.
 
Conchita Sannino, la Repubblica
Su Repubblica Conchita Sannino si occupa del caso Sangiuliano dopo l’intervista del ministro al Tg1 di ieri sera. Il decreto di nomina per Maria Rosaria Boccia, sottolinea l'editorialista, era stato dunque preparato dal ministro per la sua amante. Il titolare della Cultura aveva mentito sul suo rapporto con la ex consulente in pectore, come documenta la sequenza delle sempre più imbarazzate dichiarazioni di Gennaro Sangiuliano. E il vero caso politico riguarda ora Giorgia Meloni, e la difesa che lei gli aveva apparecchiato, con un’approssimazione pericolosa che le costa cara: più per blindare se stessa e la stabilità di un governo che teme il rimpasto come la bestia nera che per salvare da dimissioni obbligate l’amico Gennaro. Il ministro che voleva lasciare il segno con l’epica dell’egemonia culturale ribaltata resterà nella storia per essersi defenestrato, praticamente da solo: con la testa nelle fauci di un piccolo ma unico scandalo italiano. Uno stillicidio senza precedenti perché guidato con imprevista maestria da una “amica-nemica” di cui non aveva calcolato le potenzialità, chissà se singole o di squadra; e alimentato – dettaglio non da poco – dalle irrazionali reazioni del ministro agli errori già commessi. Uno su tutti: aver scoperto che la persona con cui intratteneva una «relazione affettiva» registrava ogni suo passo, documentava con audio e video probabilmente ogni confidenza e parola, e aver continuato a chiamarla, ancora due sere fa, per implorare evidentemente una tregua. Così lo squarcio nella maggioranza si allargava dietro la lotta Boccia-Sangiuliano, il regolamento dei conti si è fatto corrida, ogni giorno una lancia, altro sangue, altri follower, il toro col respiro più corto. E la premier con il capo rivolto altrove. Gossip, ma certo. Solo gossip. Solo una vicenda di spese non caricate su fondi pubblici. Anche da donna, oltre che da premier, resta questa la sua tesi?
 
Serena Sileoni, La Stampa
Nuovo giro di giostra per le concessioni balneari, commenta Serena Sileoni sulla Stampa. La misura di riordino del governo composto dai partiti più compiacenti alle ragioni dei balneari, e che vede tra l’altro tra i suoi componenti una imprenditrice del settore, non è un grande esercizio di fantasia. I punti cardine – sottolinea Sileoni –  sono due, entrambi di gran lunga scontati: una proroga generalizzata delle concessioni attuali al 30 settembre 2027 e una residuale al 31 marzo 2028 in presenza di «oggettive difficoltà» (sic!) nel fare le gare; l’indennizzo per i concessionari uscenti. I tentativi di proroga si sono già ampiamente scontrati con la giurisprudenza amministrativa e costituzionale, oltre che con le istituzioni europee. Il fatto che i Comuni, in base a questa proposta, possano comunque anticipare le gare può aver rassicurato solo in parte la Commissione e di certo non rassicura la Corte di giustizia, oltre che i tribunali amministrativi italiani. Dalle note sentenze del Consiglio di Stato del 2021, le sentenze escono ormai come da una rotativa contro il sistema delle proroghe. L’indennizzo, invece, è un punto fermo di ogni tentativo di riordino. Il riconoscimento al concessionario uscente di una somma di denaro corrispondente al valore residuale degli investimenti e dell’azienda è un principio pacifico e accolto anche da governi che i sindacati dei balneari hanno sempre considerato come «nemici». Non si tratta di un risarcimento per il fatto di aver perso la gara, ma di un diritto mai contestato la cui quantificazione dipende però dai criteri di valutazione dell’attività, al punto tale da poter essere, per astratta ipotesi, non dovuto. Nella proposta del governo Meloni, questi criteri sono demandati a un decreto ministeriale. È indicativo della difficoltà del governo a trattare la materia il fatto che, dopo due anni di meditazioni, sia riuscito a proporre un riordino basato su due elementi scontati, di cui uno palesemente illegittimo.
 
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