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Altro parere

Servono limiti legali anche ai guru del web

Redazione InPiù 03/09/2024

Altro parere Altro parere Carlo Valentini, Italia Oggi
I misteri che hanno accompagnato l’arresto di Pavel Durov - scrive su Italia Oggi Carlo Valentini - hanno fatto passare in secondo piano la questione alla base della vicenda: il controllo dei contenuti dei social. In una situazione internazionale tanto complessa e pericolosa, con le società in cui è sempre più impellente il problema di arginare la violenza, è ammissibile che nessuno sia responsabile di quanto succede in ambiti che vengono messi a disposizione di tutti? Guai a confondere il controllo legale dei contenuti con la censura. I giornali tradizionali da sempre debbono indicare un direttore responsabile, si tratta di una tutela contro illegalità e diffamazioni che potrebbero provocare danni rilevanti anche a sfondo sociale. Quindi nessuna censura delle idee ma attenzione a non cadere nell’illegalità. Se su un giornale comparissero contenuti pedopornografici o l’offerta di armi chi negherebbe che sarebbe giusto un intervento repressivo contro il direttore e l’editore? Perché la stessa cosa non può avvenire per i social? Chi ne è responsabile deve prevedere filtri in modo da evitare, anche nel cosiddetto dark web, le campagne di violenza e di odio, il coinvolgimento di minori in pratiche aberranti, operazioni finanziarie illecite, compravendita di armi, le fake news usate in strategie destabilizzanti, e così via. Non si tratta di censura ma di lotta all’illegalità. Non ci possono essere zone franche dove l’illegalità regna sovrana. Tante voci di rappresentanti delle forze dell’ordine (e non solo) si sono levate sottolineando la pericolosità di ambiti del web dove è facile accedere, tutto è permesso e su cui prospera la piccola e grande criminalità. Telegram è certamente uno dei social più a rischio, ecco perché l’arresto del suo factotum, Durov, al di là dei misteri, dovrebbe essere l’occasione per l’Europa di tirare fuori la testa dalla sabbia e predisporre una regolamentazione che imponga anche ai guru del web il rispetto della legalità.
 
Titti Marrone, Il Mattino
“Non so spiegare perché, l’ho vista e l’ho uccisa”, sono state le parole quasi identiche di Moussa Sangare, reo confesso dell’assassinio della ragazza uscita di casa per una passeggiata. Avrebbe potuto pronunciarle – osserva sul Mattino Titti Marrone – un personaggio di Albert Camus o di André Gide, che sulla crudeltà dell’atto gratuito hanno scritto opere decisive, oggi più che mai illuminanti, anche per comprendere i due atroci delitti senza movente, la strage familiare di Paderno Dugnano e l’assassinio di Sharon Verzeni. La letteratura può aiutare a ricomporre la fisionomia dell’orrore, dal momento che l’interrogazione sul Male, in autori come Dostoevsky, Gide e Camus ha raggiunto altissimi livelli d’illuminazione dei moventi umani. E proprio l’atto gratuito – l’azione criminale commessa senza ragione alcuna, per il puro gusto di compierla – è al centro de “I sotterranei del Vaticano”. In quell’opera del 1914 André Gide, anticipando di quasi un secolo la psicopatologia del disturbo di personalità com’è descritta nel manuali di psichiatria e spessissimo invocata dei dibattiti giurisprudenziali sull’imputabilità dell’omicida, traccia un ritratto perfetto dell’assassino senza movente. Si tratta di Lafcadio, un giovane dedito alla ricerca del proprio piacere, al culto di sé e a un malinteso senso sfrenato di libertà che lo induce a un’azione pazzesca: scaraventare giù da un treno diretto a Napoli Amedée, un uomo che non conosce e con cui a malapena ha scambiato una parola. Lo uccide senza uno scopo che non sia il piacere di realizzare quell’atto, dando la morte come in un gioco. Protagonista di un altro atto gratuito sarà poi, qualche anno dopo, un personaggio ancor più incisivo, delineato nelle pagine di un’opera centrale della letteratura mondiale come “Lo straniero”. Albert Camus la scrisse nel 1942, incidendo in quelle pagine il personaggio di Meursault che fin dalle prime pagine, quando apprende della morte della madre, mostra la sua apatia, un’indifferenza totale che gli inibirà qualsiasi manifestazione di dispiacere. Testimoni e anticipatori del conflitto tra morale e libertà, e dell’eclisse dei valori nella coscienza occidentale, questi autori mossero i loro personaggi come marionette stolte dominate dal senso di vuoto. Quello stesso vuoto lo si percepisce oggi in Riccardo e Moussa, ma in una dimensione e in una scala che lo mostrano ancora aggravato dall’eclissi di valori inghiottiti dalla voragine del nulla, alla quale conducono il narcisismo dilagante e il dominio della reificazione dell’altro. Anche quando l’altro è il tuo fratellino, tua madre, tuo padre o una ragazza che guarda le stelle.
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