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Altro parere

Perché non convince l'accordo tra Italia e Cina sull'intelligenza artificiale

Redazione InPiù 31/07/2024

Altro parere Altro parere Stefano Cingolani, Il Foglio
Un piano triennale con sei linee di azione: scambi mercantili, investimenti, finanza, innovazione, tecnologia, scienza, medicina, cultura. Non è più la Via della seta, forse è la via di Marco Polo sul quale Giorgia Meloni ha inaugurato una mostra a Pechino. E' una nuova fase di cooperazione italo-cinese che va presa sul serio per le sue implicazioni, come spiega Cingolani sul Foglio. I maggiori interrogativi sorgono sull'intelligenza artificiale. In questo immenso campo la Cina ha puntato sui sensori ottici e sulle radiofrequenze che vuol dire 4G e soprattutto 5G. La tecnologia cinese fa la parte del leone in Italia (41 per cento nel 4G e 51 nel 5G) la quota più alta tra i grandi paesi europei dopo la Germania (57 e 59 per cento), mentre la Gran Bretagna è al 41 per cento e la Francia molto più lontana (rispettivamente 26 e 17 per cento). In Italia, il mercato dell'IA ha registrato un incremento del 52 per cento tra il 2022 e il 2023, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro. Qui "si gioca la grande sfida della competizione tecnologica globale. Tra le iniziative di cooperazione multilaterale, "assume particolare rilievo la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sull'intelligenza artificiale, i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto, che rappresenta il primo trattato internazionale sull'IA ed esplica efficacia vincolante per le parti aderenti". Il governo italiano a sua volta ha varato un documento di 40 pagine sulle linee guida di qui al 2026. La Cina, invece, ha elaborato nell'agosto dello scorso anno le sue regole giuridiche, consentendo un controllo diretto sull'intera filiera dell'IA. Pechino ha rivolto la propria attenzione principalmente all'impatto su disinformazione, condizionamento dell'opinione pubblica, discriminazione, sicurezza, protezione dei dati personali e della proprietà industriale, tutto ciò è in linea con il dibattito occidentale. Con un doppio standard. Quando le imprese vanno all'estero possono operare tenendo conto delle specificità locali. In patria debbono, in base all'articolo 4, aderire ai valori socialisti, evitare qualsiasi possibilità di utilizzo per sovvertire o incitare alla sovversione dell'ordine costituito, evitare l'alterazione del mercato, rispettare i diritti delle persone e non mettere in pericolo la salute fisica e mentale. Questi obblighi riguardano anche i provider che non sono localizzati in Cina. Di fatto - conclude Cingolani - si crea una lista nera delle fonti non utilizzabili a cominciare da quelle contrarie al socialismo. Se ne è parlato nel "piano di azione" sottoscritto a Pechino?
 
Alberto Magnani, Sole24Ore
Sul Sole24Ore Alberto Magnani analizza il Piano Mattei per l'Africa del governo Meloni, che sta iniziando a registrare i primi accordi nei suoi sei pilastri di istruzione, agricoltura, salute, energia, acqua e infrastrutture. Nell'abbondanza di annunci, c'è però un'assenza che non sembra far rumore: quella di riferimenti alla zavorra debitoria delle economie africane, un freno alla crescita delle economie continentali e a quegli stessi rapporti «paritari» che dovrebbero animare il Piano. Un'occasione per affrontare l'argomento era stata offerta dal vertice del G7 di Fasano, in Puglia, quando il presidente keniota William Ruto ha chiesto esplicitamente di affrontare il nodo in uno dei vari panel riservati all'Africa. Non è stato ascoltato, prolungando il silenzio di governo italiano. La Banca africana di sviluppo stima che il totale del debito estero a carico dei governi continentali sia salito a 1.150 miliardi di dollari Usa a fine 2023, in rialzo dai 1.120 miliardi del 2022. L'aumento dei tassi di interesse e le scadenze dei rimborsi stanno moltiplicando «le sfide» negli anni in arrivo, con costi di servizio del debito lievitati in poco più di un decennio dai 61 miliardi di dollari del 2010 ai 163 miliardi attesi nel 2024. Ignorare il problema significa spingere questi Paesi verso un'austerità cronica e una dipendenza ancora maggiore dall'export di materie prime, riproducendo quelle dinamiche predatorie che dovrebbero essere combattute dal Piano. Una delle vie di uscite dalla trappola debitoria può risiedere nell'appello che sta trovando sponde anche di peso, quello alla revisione della «architettura finanziaria» nei rapporti fra Sud e Nord del mondo. Tradotto nella pratica: rimettere mano alle condizioni e ai vincoli per la ristrutturazione dei debiti. Finora - conclude Magnani -la domanda di un segnale sul debito è caduta nel vuoto. Trascurarla ancora può far scivolare in un approccio «predatorio»: lo stesso che il Piano Mattei vuole, o dice di volere, lasciarsi alle spalle.
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