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Con l'antisemitismo non si scherza. Elogio dei politici tedeschi
Redazione InPiù 15/11/2023

Bisogna dire la verità, afferma sul Foglio Claudio Cerasa: i tedeschi, in questa guerra, non ne stanno sbagliando una. Non ne sta sbagliando una la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che anche a costo di far impazzire la metà dei suoi commissari europei e il presidente del Consiglio europeo interpreta da un mese una linea perfetta: Israele ha il diritto di difendersi, Hamas non ha il diritto di usare i civili come scudi umani, l’Europa deve dare tutto il sostegno possibile all’autodifesa di Israele. Perfetta Ursula, ma perfetto anche il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, socialdemocratico, che giusto la scorsa settimana ha detto: “Non tollereremo l’antisemitismo nel nostro paese: né vecchio né nuovo, né cristiano né musulmano, né di sinistra né di destra”. Perfetto Steinmeier e perfetta anche la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, che da diverse settimane offre delusioni cocenti a tutto il popolo pacifista, desideroso di scaricare sull’aggredito le responsabilità della guerra. E ancora meglio, se possibile, altri due Verdi di primo livello. Perfetto l’ex leader dei Grünen, Robert Habeck, attuale vicecancelliere tedesco, che ha messo sotto accusa i professionisti della minimizzazione del 7 ottobre con parole perfette, e semplicemente perfetta, fenomenale, anche l’altra leader dei Verdi, Ricarda Lang. La storia forse la conoscete già. Due giorni fa, Lang ha accusato Greta Thunberg di essersi comportata in modo indecente verso Israele. A ottobre Greta aveva invitato i suoi follower a scioperare per mostrare solidarietà ai palestinesi, senza fare alcun riferimento allo sterminio compiuto da Hamas il 7 ottobre. La Lang ha definito “indecenti” le parole di Greta. Ha detto che Greta “ha screditato se stessa come volto del movimento per il clima”. E come se non bastasse tutto quello che vi abbiamo appena detto per amare alla follia i principali leader tedeschi ieri il cancelliere Olaf Scholz: “Israele è un paese impegnato nel rispetto dei diritti umani e delle leggi internazionali e agisce di conseguenza. Ed è per questo che le accuse mosse contro Israele sono assurde e su questo non ci possono essere dubbi”. Il 7 ottobre non si rimuove. Con l’antisemitismo non si scherza.
Mauro Magatti, Avvenire
Chi vive nella società contemporanea è stabilmente esposto – meglio, immerso – a un flusso continuo e sovrabbondante di stimoli: immagini, suoni, eventi che si rincorrono in uno spazio comunicativo sempre più caotico. Tutto ciò – scrive Mauro Magatti su Avvenire – ci consente, certo, di essere informati su quanto accade nel tempo. Ma espone anche a una altalena continua di emozioni. Volenti o nolenti, siamo emotivamente colpiti da quello che vediamo e sentiamo. Le emozioni che proviamo, filtrate dallo schermo, sono diverse da quelle che sperimentiamo quando siamo direttamente a contatto con la realtà. Tutto ciò ha a che fare con i sistematici errori di valutazione circa quanto accade attorno a noi. Le ricerche confermano che le valutazioni dell’opinione pubblica sulla reale portata dei problemi sono molto approssimative. In molti casi addirittura nettamente sbagliate. In un’epoca caratterizzata da una sequenza impressionante di grandi choc globali (dalla pandemia al riscaldamento globale, dagli attacchi terroristici alle atrocità delle guerra in Ucraina e ora in Medio Oriente) le conseguenze di questa sovraesposizione non possono che essere rilevanti. Di sicuro vi è la progressiva metamorfosi di quella fiducia – e persino euforia – che aveva caratterizzato i primi anni seguiti alla caduta del Muro di Berlino. Oggi a prevalere sono paura, ansia, risentimento. Difficile avere uno sguardo ottimistico, quando tutto quello che accade sembra dire di un mondo in via di disgregazione. Buona parte della opinione pubblica – soprattutto i ceti meno abbienti – è pervasa da emozioni negative. Facile terreno di conquista per gli “imprenditori della paura”. Contrastare questo effetto è complicato. Ma almeno si può cercare di intervenire su due fronti. Il primo è la cura dei processi di comunicazione. Non bisogna mai stancarsi di ripeterlo: diffondere immagini, dare resoconti, rappresentare la realtà comporta responsabilità. Il secondo riguarda la vita quotidiana. Abbiamo bisogno di ricreare occasioni concrete di esercizio dell’empatia che, esattamente come le nostre capacità fisiche, va continuamente praticata.
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