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Il filo diretto tra Ucraina e Taiwan

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 27/09/2023

Il filo diretto tra Ucraina e Taiwan Il filo diretto tra Ucraina e Taiwan Danilo Taino, Corriere della Sera
Per Danilo Taino c’è un filo diretto che unisce Ucraina e Taiwan. Motivo per cui, osserva l’editorialista del Corriere della Sera, a Tokyo, il sostegno agli sviluppi della controffensiva di Kiev e le ansie per i destini della guerra crescono. A raccontarlo sono le bandiere azzurre e gialle in alcuni bar e i piccoli biglietti degli stessi colori annodati ai rami degli alberi di qualche tempio. Soprattutto, c’è che il governo di Fumio Kishida appare via via più preoccupato. E gli stessi suoi timori sono condivisi a Seul, a Canberra, a Singapore, in parte a Delhi e, naturalmente, a Taipei. Il dubbio che si è infiltrato nella conversazione politica dei Paesi democratici dell’Asia riguarda la determinazione dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti, nel sostenere fino in fondo l’obiettivo di Volodymyr Zelensky di sconfiggere Vladimir Putin. La paura è che, per stanchezza delle opinioni pubbliche o per eventi politici, americani ed europei cedano alla «fatica della guerra» e accettino un compromesso sulla testa degli ucraini che alla fine potrebbe risultare come una vittoria o una mezza vittoria per l’aggressore russo. A Tokyo e in altre capitali della regione si è certi che uno sviluppo del genere porterebbe in tempi non lunghi a una prova di forza da parte di Pechino contro Taiwan. Nella lettura del leader cinese Xi Jinping, si tratterebbe di un cedimento che conferma la sua analisi del declino dell’Occidente, della sua debolezza, della sua incapacità di continuare a difendere l’ordine liberale internazionale: il seguito del rovinoso ritiro americano dall’Afghanistan. Il momento buono per colpire le democrazie anche in Estremo Oriente: in una delle più solide dell’Asia, Taiwan. I motivi di allarme si moltiplicano. Nei giorni scorsi, la Cina ha intensificato le sue azioni aeree e navali attorno ai cieli e alle acque taiwanesi. In estate, Pechino e Mosca hanno tenuto un’esercitazione navale nel Mar del Giappone. L’incontro tra Vladimir Putin e il dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un (a sua volta legato a Pechino) ha creato preoccupazioni ovunque, in particolare a Seul, a Tokyo e a Taipei. Gli incontri tra ministri della Repubblica Popolare e il leader del Cremlino (e i suoi militari) sono sempre più frequenti. In generale, anche la sembianza di equidistanza cinese tra Russia e Ucraina è ormai venuta meno.
 
Stefano Folli, la Repubblica
Stefano Folli sottolinea su Repubblica che non tutti hanno compreso quanto sia stato rilevante il giudizio sul Risorgimento come cardine dell’identità nazionale maturato da Giorgio Napolitano. Non che il Pci non avesse una sua idea chiara del processo che portò all’unità e poi al contrastato sviluppo economico della seconda metà dell’Ottocento. Ma era un giudizio intriso di quel tipo di “ideologismo” che non piaceva al presidente emerito, il quale amava invece investigare la realtà senza mai prenderne le distanze. È dunque merito del figlio Giulio aver toccato ieri questo punto cruciale. Lo ha fatto nel commosso intervento durante il funerale laico nell’aula di Montecitorio, in cui ha restituito tutta la dimensione politica e umana del padre. Non a caso ha citato le celebrazioni per i centocinquanta anni dell’Unità nel marzo 2011. Fu quello un passaggio essenziale nel disegno della presidenza ed è importante che sia rievocato oggi. Dopo Giulio Napolitano anche Giuliano Amato, allora presidente, nominato da Ciampi, del Comitato per le celebrazioni, ha affrontato il tema. Di certo non ci fu nulla di scontato e di banale in quei giorni: senza retorica, furono fissati alcuni punti fermi di quel “patriottismo” che intendeva affermare i valori dell’identità comune senza scivolare in forme di nazionalismo destinate in seguito, già verso la fine del secolo, a entrare con forza nel dibattito pubblico. La maggiore novità, ricorda Folli, fu il discorso del 18 marzo 2011 davanti alle Camere riunite, in cui Napolitano citava Rosario Romeo, il grande storico liberale del Risorgimento, per far sua l’idea cavouriana di una patria non rattrappita ma inclusiva nel contesto europeo. Non negava gli squilibri e i limiti della costruzione unitaria, tuttavia è evidente che agli occhi del presidente che era stato un giovane comunista laureato in storia economica del Mezzogiorno, l’analisi di Romeo sembrava più convincente di quella di Antonio Gramsci per quanto riguarda lo sviluppo industriale della neonata nazione.
 
Pietro Garibaldi, La Stampa
Pietro Garibaldi, sulla Stampa, ricorda che sono giorni cruciali per le scelte di politica economica. Il governo invierà oggi alle camere la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) e indicherà gli obiettivi macroeconomici fondamentali per il 2024, tra i quali il deficit di bilancio, la crescita del Pil e l’andamento del debito pubblico. Sappiamo già che l’economia per il 2024 è in frenata e difficilmente la crescita raggiungerà l’1 percento. Con il quadro di finanza pubblico sotto mano, inizieremo a capire se nelle prossime settimane il governo cercherà davvero di raschiare il fondo del barile. Il deficit complessivo verrà probabilmente rivisto al rialzo rispetto al 3,7 percento indicato la scorsa primavera, ma dovrebbe rimanere comunque sotto il 4. Capiremo meglio a quanto ammontano le risorse necessarie per centrare gli obbiettivi di finanzia pubblica messi oggi nero su bianco. Le attese più ragionevoli parlano di una manovra per il 2024 di circa 25-30 miliardi. Essendo poco credibili i tagli di spesa, in questi giorni si sta infatti parlando in modo preoccupante di finanziare questi 25-30 miliardi con una serie di iniziative straordinarie nel rapporto tra fisco e contribuenti. In altre parole, si sta cercando di raschiare il fondo del barile con nuovi condoni, spesso mascherati sotto il nome di saldo e stralcio delle cartelle fiscali. Nella storia repubblicana ci sono stati circa un condono ogni due anni. Al tempo stesso l’Italia è il paese in cui l’evasione fiscale (superiore ai 100 miliardi annui) è tra le più alte tra i paesi Ocse in rapporto al Pil. Il numero di condoni e l’alta evasione vanno di pari passo, dal momento che l’approvazione di un condono riduce gli incentivi per i contribuenti a versare le imposte future. Approvato un condono, chi entrerà in contenzioso con l’erario ritarderà la definizione dello stesso in attesa della prossima sanatoria.
 
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