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Un'economia più larga e civile
Redazione InPiù 21/09/2023

Su Avvenire Leonardo Becchetti illustra il manifesto per la Nuova economia sottoscritto da 164 colleghe e colleghi (consultabile qui: tinyurl.com/nueko) con l’obiettivo di far emergere un significativo consenso tra gli addetti ai lavori per un paradigma economico più “largo” e civile. Nel manifesto – spiega Becchetti – ci siamo concentrati su cinque capisaldi e direzioni di progresso. La prima è una visione della persona capace di spiegare tutte quelle nostre decisioni e scelte che confutano l’idea che gli esseri umani agiscano unicamente per massimizzare il proprio tornaconto economico e le relative scelte di consumo in modo “miopemente interessato”. Lo chiamiamo “auto-interesse miope” perché esiste un “auto-interesse lungimirante”, una razionalità sociale fatta di dono in grado di generare fiducia e qualità di relazioni e che, allo stesso tempo, rende la vita più soddisfacente e ricca di senso. La seconda direzione di progresso è quella che apre alla molteplicità e al pluralismo delle forme d’impresa e a una maggiore efficienza della vita sociale. Una terza e una quarta direzione di progresso s’innestano proprio qui. Istituzioni, leggi, regole virtuose sono varate, funzionano e restano in vigore se esistono cittadini responsabili che partecipano alla cosa pubblica. A ben vedere, dunque, le soluzioni dei problemi non arrivano per magia dall’alto, ma sono funzione del senso civico di una comunità che va alimentato con partecipazione e cittadinanza attiva. Una quinta e ultima direzione di progresso è collegata alla definizione degli indicatori di benessere, che non sono una questione tecnica da demandare agli statistici, ma la scelta più importante per la società poiché indicano la direzione di marcia programmata e desiderata. Ci ricolleghiamo da questo punto di vista alla frontiera della ricerca che indica come il ben-vivere e la soddisfazione e ricchezza di senso di vita dei cittadini non dipendono solo dal Pil, ma da molti altri fattori come la qualità della vita di relazioni, la generatività intesa come impatto delle nostre azioni che contribuisce in modo decisivo alla fioritura della vita umana, e molti altri elementi che emergono dagli studi delle determinanti della soddisfazione di vita e che non sono catturati da un indicatore sintetico come il Prodotto interno lordo.
Claudio Cerasa, Il Foglio
Quando Giorgia Meloni parla di Ucraina, come ha fatto ieri sera nel suo ambizioso discorso alle Nazioni Unite, le sue quotazioni – osserva Claudio Cerasa sul Foglio – si alzano a dismisura e nella sua nuova difesa dell’occidente dall’aggressione russa è difficile trovare sbavature. In questi mesi, per Meloni, la postura in politica estera è stata cruciale per permettere al governo di guadagnare credibilità a livello internazionale. Con quel posizionamento, come si sarebbe detto un tempo parlando della bocca di Virna Lisi, Meloni può dire ciò che vuole. In effetti, per molti mesi, la posizione assunta da Meloni sull’Ucraina ha spinto gli osservatori internazionali a non dare peso eccessivo alle pulsioni demagogiche del governo italiano. Oggi però, all’indomani della sua performance alle Nazioni Unite, Meloni non potrà fare a meno di notare che per il governo la fase è cambiata e che non basta più il perfetto posizionamento del suo esecutivo in politica estera per poter dire, sul resto, ciò che si vuole. Due giorni fa, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha confessato di avere preoccupazioni per il futuro del governo a causa di una possibile valutazione negativa dei mercati. Le parole del ministro dell’Economia sono lì a segnalare un problema reale che gli esponenti della maggioranza dovrebbero evitare di liquidare con la semplice evocazione di uno scenario complottista. E il problema è presto detto. Da un mese a questa parte il governo ha scelto deliberatamente di entrare in conflitto con un pezzo importante del mondo economico e dalla metà di agosto a oggi la comunicazione dell’esecutivo ha messo in risalto la goffa postura anti establishment della maggioranza di centrodestra. Si è cominciato con il decreto sugli extra profitti. Si è proseguito con il decreto contro il caro voli (sul quale il ministro Adolfo Urso detto Urss è stato costretto a fare marcia indietro). Si è insistito con l’approccio antieuropeista (scegliendo di scaricare le difficoltà incontrate nell’implementazione del Pnrr sul commissario Paolo Gentiloni). Si è deciso di rendere opaca la comunicazione del Pnrr. Meloni ha scommesso sul fatto che con quelle labbra, con quella postura, può dire tutto. Ma un report elaborato da Morgan Stanley lo scorso 12 settembre, dedicato all’Italia, un report che occupa le scrivanie dei più importanti fondi di investimento del mondo, mostra che il rapporto tra il nostro paese e gli investitori è a un punto di svolta non solo per la nuova postura comunicativa assunta dal governo ma soprattutto per una dinamica nuova con cui Meloni deve fare i conti.
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