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Gli «invisibili» e la nostra sicurezza

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 20/09/2023

Gli «invisibili» e la nostra sicurezza Gli «invisibili» e la nostra sicurezza Goffredo Buccini, Corriere della Sera
Sul Corriere della Sera Goffredo Buccini si occupa del problema “sicurezza” partendo dal recente dalla recente storia etichettata sui media come «il linciaggio del Quarticciolo»: un episodio, osserva l’editorialista, che va molto oltre i confini della cronaca nera. Il pestaggio con il quale un manipolo di picchiatori autoctoni ha inteso punire un immigrato indiano che aveva tentato di scippare una novantenne è un’infamia in sé, naturalmente. Ma i due veri protagonisti della vicenda, rimasti sullo sfondo, ci raccontano con tutt’altra urgenza l’incrocio di due mondi che ancora non riusciamo a gestire: l’anziana donna che, sbattuta a terra, ha rischiato la vita; e il suo aggressore, un consumatore abituale di crack, irregolare, senza dimora, senza età certa e addirittura senza identità plausibile, avendo dato alla polizia il nome di un campione di cricket del suo Paese, Arshdeep Singh. Il giovanotto, che ha miracolosamente riportato solo lesioni lievi nella bolgia, è stato condotto dopo le cure dal magistrato. Il quale, convalidatone l’arresto per rapina aggravata, l’ha subito lasciato andare infliggendogli nientemeno (!) che un divieto di dimora a Roma. Singh, continuiamo a chiamarlo così, è dunque svanito nel nulla. Il 2 novembre dovrebbe essere processato a piede libero, la sua contumacia appare probabile, la reiterazione di micro-reati che possono sfociare in drammi non sembra certo da escludere. La sua storia e quella della sua anziana vittima ci rammentano ciò che avevamo deciso di dimenticare, causa emergenze maggiori come Covid e guerra: l’esercito degli «invisibili» e la sicurezza nei nostri ghetti urbani. Gli invisibili si trovano nella prassi quotidiana spinti al microcrimine e alla schiavitù. Un altro mezzo milione di persone, per lo più italiani, vive accanto a loro, in contesti di degrado assoluto. Il tema incrocia questione quindi migratoria e questione urbana. Il soggetto più debole nella storia del Quarticciolo è senz’altro l’anziana signora scippata. Lo scippatore Singh è in parte una vittima, a sua volta. Ma mandarlo a spasso, lavandosene le mani, è peggio che un crimine, è un errore.
 
Tahar Ben Jelloun, la Repubblica
Lampedusa dovrebbe diventare la capitale d’Europa, scrive su Repubblica Tahar Ben Jelloun. Per il semplice – spiega lo scrittore marocchino – fatto che quello che sta accadendo lì da tanto tempo riguarda tutti i Paesi europei. Non è giusto lasciare l’Italia in una pericolosa solitudine. L’arrivo, quasi ogni giorno, di migliaia di migranti non cesserà. È una realtà che va riconosciuta e affrontata come un problema grave, spinoso e di difficile soluzione. Negli ultimi giorni, 11.000 migranti sono sbarcati da 199 imbarcazioni. Continuerà ad accadere. E tutta l’Europa è chiamata a considerare questo problema come proprio. Ma ciò a cui assistiamo negli ultimi giorni è l’uso di questa situazione drammatica da parte della destra francese. In questa tragedia ha visto un’opportunità per dimostrare la propria fermezza di fronte al fenomeno dell’immigrazione. Marine Le Pen vorrebbe vincere le prossime elezioni europee. E ha appena annunciato ufficialmente la sua candidatura a governare la Francia nel 2027. Macron non può più candidarsi e né la destra né la sinistra tradizionali hanno per ora candidati credibili. La sua solidarietà con Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che l’ha invitata al raduno annuale del suo partito, è un messaggio rivolto ai francesi per dire loro: se fossi presidente, chiuderei le frontiere del mio Paese. Marine Le Pen gioca su dei simboli. Il suo viaggio in Italia e la sua solidarietà con l’estrema destra italiana sono segnali che invia ai francesi. Dice: io, come presidente, sarò ferma e incrollabile di fronte ai flussi migratori. Non dice come fermerà questi flussi, ma promette che chiuderà le frontiere ai richiedenti asilo e ai migranti economici. I francesi credono alla promessa di questa fermezza. La campagna elettorale francese, dunque, è iniziata in Italia, a Lampedusa, davanti a migliaia di poveretti in attesa che si decida il loro destino.
 
Giordano Stabile, La Stampa
Gli armeni sono soli, commenta Giordano Stabile sulla Stampa. L’invasione dell’Ucraina ha reso inestricabile il groviglio fra la necessità degli approvvigionamenti energetici, ovvero il gas, e la difesa dei popoli e dei diritti umani. Un effetto domino che il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha denunciato ancora ieri al Palazzo di Vetro. La popolazione del Nagorno-Karabakh, l’enclave armena all’interno dell’Azerbaigian, è diventata una pedina sacrificabile. E quasi impossibile da proteggere. La Russia, nonostante Putin si proclami difensore della civiltà cristiano ortodossa, l’ha di fatto abbandonata. Mantiene un contingente di peacekeeper che però da tre mesi non fa nulla, o quasi nulla, contro il blocco imposto da Baku, che ha ostruito l’unico accesso esterno alla regione, il “corridoio di Lachin”, dall’assonanza sinistra con il “corridoio di Danzica”, e innescato una crisi umanitaria senza precedenti, con il capoluogo Stepanakert a corto di cibo e medicine. Il premier armeno Nikol Pashinyan ha realizzato, forse in ritardo, il voltafaccia dello Zar, interessato più a mantenere buoni rapporti con la Turchia che a salvare i confratelli nella fede. Pashinyan ha minacciato di ritirarsi dal patto di difesa Csto guidato da Mosca e chiesto aiuto agli Stati Uniti. Washington ha reagito con l’invio di 85 uomini della Guardia nazionale, impegnati in un’esercitazione congiunta anti-terrorismo. Un gesto poco più che simbolico. Come la “profonda preoccupazione” espressa dal segretario di Stato Antony Blinken. Baku ha continuato ad ammassare truppe, pronta a bissare l’offensiva del 2020. Allora aveva recuperato quasi tutti i territori persi nella guerra con l’Armenia del 1992-1993 e chiuso in una morsa di ferro il Nagorno-Karabakh. Adesso vuole di più. Riprendersi tutta l’enclave. E, se la reazione internazionale sarà fiacca abbastanza, avanzare ancora, verso una sua exclave, il Nakhchivan, per realizzare un vecchio sogno panturco, unire i suoi territori a quelli della Turchia. Ovvio che il presidente Ilham Aliyev goda dell’appoggio incondizionato di Erdogan.
 
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