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D'Alema: “Il Cile di Allende ci sembrava un modello, quel tragico golpe segnò anche l'Italia”
Fabio Martini, La Stampa, 11 settembre
Redazione InPiù 15/09/2023

Gli esuli cileni si sono ritrovati aiutati dalla Farnesina, dal Psi di Craxi, dal Pci di Berlinguer, un fenomeno unico…«Nelle ore del golpe, l’asilo offerto dall’ambasciata italiana a Santiago salvò la vita a tanti perseguitati e quella accoglienza è stata ricordata nella recente visita in Cile del presidente Mattarella, che è stata un grande successo. Negli anni successivi, una comunità di esuli cileni ha vissuto in Italia come in una seconda patria e questo grazie al sostegno dei comunisti, dei socialisti di Craxi, anche della Dc e di tutti i democratici. L’Italia fu molto sensibile anche perché la memoria del fascismo aveva sedimentato un forte e comune sentimento democratico. Ricordo tanti amici cileni. Da Antonio Leal, agli Intillimani a Ernesto Ottone, all’epoca vicesegretario della gioventù comunista. Quando egli assunse la carica di presidente della Federazione mondiale della Gioventù democratica, fu il nostro governo che gli fornì il passaporto necessario per viaggiare nel mondo. Nanni Moretti ha fatto un bel docufilm sul rapporto tra l’Italia e il Cile nel quale si ricorda anche come la musica andina, che pure suscitò lo sberleffo di Lucio Dalla, era diventata la colonna sonora della nostra gioventù. Anche questo conta: non c’è stata soltanto la riflessione politica, ci fu anche un legame emotivo-sentimentale». Lei entrò nel palazzo della Moneda 23 anni fa: come è cambiato il Cile? «Nel2000, il neo-eletto presidente, Ricardo Lagos volle che il primo ospite straniero ospitato alla Moneda fosse il capo del governo italiano. Alla cerimonia ufficiale di insediamento Lagos fu accompagnato verso La Moneda da un’enorme folla che portava dei cartelli bianchi, che alla fine furono svelati. Erano i volti di tutti i desaparecidos: ci mettemmo tutti a piangere. Oggi il Cile ha ritrovato una sua stabilità democratica, durante la quale si è consumata anche una crisi dei tradizionali partiti democratici di sinistra che tuttavia hanno contribuito, al secondo turno, all’elezione dell’attuale presidente Boric, espressione di un movimento di sinistra più radicale. Le manifestazioni di Santiago saranno concluse dai discorsi del presidente e di Isabel Allende e poi dalla firma di tutti gli ospiti ufficiali di un Manifesto in difesa della democrazia e della promozione dei diritti umani». Gli Stati Uniti pesarono assai nel golpe: anche oggi, tutti gli imperialismi restano un male assoluto? «Probabilmente senza l’appoggio americano, il golpe non si sarebbe consumato. Per gli Usa prevaleva la logica della guerra fredda, della sovranità limitata: a “casa” propria ognuno fa quel che crede. Non a caso Kissinger, col suo iper-realismo, giustificò il Cile ma anche l’invasione sovietica in Cecoslovacchia, che invece noi dei Pci condannammo perché avevamo una strategia contro quella logica dei blocchi. Ad un certo punto il dramma di Moro e di Berlinguer fu quello di condividere una strategia invisa ad entrambe le superpotenze. Santiago fu speculare a Praga: la logica dei blocchi, allora come oggi, tende a schiacciare le autonomie nazionali». A proposito di doppi standard tra alleati: ma non fu proprio lei nel 2000 a scrivere una lettera a Clinton, Chirac e Gheddafi per chiedere informazioni sulla vicenda di Ustica? «Sì, fui io, dopo l’esame della sentenza ordinanza del giudice Priore sentii il dovere di agire come governo per sostenere la magistratura nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità. La risposta, molto deludente, la ricevette Giuliano Amato che fu presidente dopo di me. Questo lo spinse a tornare alla carica. Capisco che ancora oggi egli avverta il peso di quella verità non disvelata e speri che, dopo tanto tempo, so faccia chiarezza».
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