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Nick Clegg (Meta): “La realtà virtuale entri nelle classi. Studieremo meglio”

Pier Luigi Pisa, La Repubblica, 14 settembre

Redazione InPiù 15/09/2023

Nick Clegg (Meta): “La realtà virtuale entri nelle classi. Studieremo meglio” Nick Clegg (Meta): “La realtà virtuale entri nelle classi. Studieremo meglio” Nella sua lunga carriera da politico, Nick Clegg non ha mai ricoperto il ruolo di Ministro dell’Istruzione. Ma se oggi facesse parte di un governo, l’ex vicepremier britannico - dal 2010 al 2015, al fianco di David Cameron - sarebbe un candidato ideale. Il Presidente degli Affari Globali di Meta, la multinazionale che controlla Facebook, Instagram e Whatsapp, non è solo un manager che sa come muoversi a Bruxelles, nei palazzi dell’Ue sempre più rigida con i colossi tech. La sua missione ora è promuovere un nuovo modello di insegnamento che preveda l’uso della realtà virtuale e aumentata. «Queste tecnologie - spiega Clegg intervistato da Pier Luigi Pisa per la Repubblica del 14 settembre - creano un’esperienza 3D più coinvolgente: ti fanno sentire come se fossi realmente con un’altra persona in un altro posto». È il metaverso che sogna Zuckerberg, fondatore di Facebook e Ceo di Meta: un mondo virtuale dove stringere amicizie, giocare e assistere a eventi nei panni di un alter ego digitale. Un avatar, insomma. La risposta a questo universo parallelo, chiamato Horizon Worlds, finora è stata tiepida: gli utenti attivi sarebbero appena duecentomila al mese. E intanto la divisione Reality Labs di Meta, che si dedica allo sviluppo di tecnologie immersive, continua a perdere denaro: 7,7 miliardi di dollari solo nei primi sei mesi del 2023. Ma la scuola e il mondo della formazione professionale potrebbero rappresentare una svolta. Sempre più studenti e lavoratori acquisiscono nuove competenze indossando un visore e muovendosi in ambienti virtuali. E Meta produce entrambi. Ma non sono solo gli affari a muovere Nick Clegg: «Mia madre era un’insegnante. Sono ossessionato dall’istruzione. E credo che gran parte di questa, oggi, sia disumana». Perché lo pensa? «Spesso gli studenti vengono trattati come i numeri di una fabbrica. Dobbiamo abbandonare quel tipo di insegnamento che trasmette la conoscenza a file e file di alunni con la testa china, ognuno impegnato a scrivere la stessa cosa. Nei venti anni che ho trascorso in politica ho capito che il sistema migliore, che fornisce a tutti pari opportunità, è quello che si cuce addosso ai bisogni individuali degli studenti. L’obiettivo dovrebbe essere creare aule stimolanti, dove gli individui possano prosperare». Aule virtuali, insomma. «È qualcosa che sta già accadendo. E che ha un impatto soprattutto sulla formazione professionale, che è il settore dove prevedo la crescita più rapida di questa tecnologia. Negli Usa abbiamo appena annunciato una partnership con 15 atenei (tra cui Stanford, ndr) a cui abbiamo donato visori per la realtà virtuale che consentiranno per esempio di formare medici e infermieri. Gli studenti delle business school, invece, potranno simulare colloqui di lavoro o sviluppare altre soft skills». In che modo questa istruzione fatta di avatar si può considerare “più umana”? «La combinazione di realtà virtuale e intelligenza artificiale consentirà agli insegnanti di personalizzare le loro lezioni. Gli studenti non saranno più visti come un blocco omogeneo».
 
I docenti, dunque, non scompariranno. «Ogni volta che compare una nuova tecnologia, dalle prime calcolatrici ai computer, fino alle lavagne digitali, qualcuno pensa che gli insegnanti non servano più. E invece accade sempre il contrario. Se si spiega a un docente come usare una tecnologia in modo efficace, il suo ruolo sarà rafforzato, non distrutto». Qual è l’insegnante che le ha cambiato la vita? «Un professore di Storia. Avevo dieci anni. Era completamente pazzo. Ci ripeteva che saremmo morti tutti entro Natale perché la Russia avrebbe scatenato la Terza guerra mondiale. Però mi ha spinto a interessarmi alla storia moderna e alla politica». In futuro uno studente potrà dire lo stesso di una macchina? «No, quel ragazzo dirà che un professore e una macchina lo hanno ispirato. E che un insegnante gli ha mostrato nella realtà virtuale come creare qualcosa». Lei come andava a scuola? «Non ero forte in matematica. E proprio qualche giorno fa a San Francisco, nella sede di un’azienda chiamata Prisms, ho partecipato a una lezione nella realtà virtuale». Come è andata? «Spiegavano le equazioni esponenziali, ed era grandioso il modo in cui venivano visualizzate. Avrei voluto uno strumento simile quando ero uno studente. Ora ho 56 anni, è troppo tardi». Anche l’Italia investirà 2,1 miliardi di euro del suo Pnrr per rendere le scuole più innovative. «È un bel segnale, è importante che il governo disponga di fondi per offrire agli studenti esperienze immersive. L’Università di Camerino, per esempio, nel prossimo semestre terràil suo primo corso nel metaverso: insegnanti e studenti parteciperanno attraverso un visore». Oltre ai benefici questa tecnologia comporta dei rischi? «A scuola le tecnologie immersive sono sempre controllate dagli insegnanti: questo le rende sicure come un libro di testo». Dopo aver vietato inizialmente ChatGpt, le scuole stanno tornando sui loro passi. Come andrà a finire? «Ho letto che in Svezia il governo vuole tornare a carta e matita, chiudendo le porte al ventunesimo secolo. Ma è difficile vietare una tecnologia in classe. È meglio farsela amica, usarla come un assistente per diventare più intelligenti».
 
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