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Altro parere

La pericolosa deriva del pensiero dominante

Redazione InPiù 14/09/2023

Altro parere Altro parere Luca Ricolfi, Il Messaggero
Luca Ricolfi sul Messaggero mette in guardia dalla “pericolosa deriva del pensiero dominante”. L’autore passa in rassegna tutta una serie di termini, prima di uso comune, e poi considerati via via dispregiativi e quindi sostituiti da altri. “Il politicamente corretto – scrive Ricolfi - delle origini era diventato un ricordo lontano, soppiantato, dal più moderno follemente corretto. Ora è in atto qualcosa di più. Qualcosa di più profondo e inquietante. La pretesa di Insegnarci come parlare ,e di colpevolizzarci se non parliamo come dovremmo, ha preso una Piega più sottile e più intollerante. Quel che si pretende da noi non è solo che usiamo le parole corrette, ma che facciamo dei discorsi corretti. E, attenzione, il giudizio di correttezza non tocca soltanto i contenuti dei nostri discorsi, ma persino il modo in cui altri potrebbero leggerli o interpretarli. È come se, per evitare di urtare la suscettibilità degli innumerevoli interlocutori che potrebbero incontrare le nostre parole, noi fossimo tenuti a blindare il senso generale del nostro discorso, ossia garantire che nessuno mai potrà trovarvi la minima venatura di scorrettezza. Tutto è cominciato con il Covide – sottolinea Ricolfi - con la ‘premessite’ (copyright Guia Soncini), per cui qualsiasi ragionamento anche blandamente critico o dubitativo sul vaccino doveva essere preceduto da una dichiarazione di fede vaccinale. Poi le cose sono ulteriormente degenerate con la guerra in Ucraina, e la conseguente necessità di premettere che si detesta Putin. Ora ci sono segnali che qualcosa del genere sia in atto sul clima, dove qualsiasi discorso sull’ambiente deve adoperarsi per schivare l’accusa di ‘negazionismo climatico’. Ma non è ancora tutto. Il ‘caso Giambruno’ ha avuto almeno il merito di Illustrare a che punto è arrivata la degenerazione del discorso pubblico. Se dico che il numero di femminicidi è in calo (come potrebbe osservare uno statistico), non sto invitando ad abbassare la guardia conto la violenza sulle donne. Se dico che gli stupri sono più frequenti nei paesi considerati più civili, non sto auspicando passi indietro in materia di parità di genere. Quel che questi esempi illustrano – conclude - è una drammatica perdita di facoltà mentali basilari, come l’uso della logica, la distinzione fra i livelli di un discorso, la capacità di separare le affermazioni fattuali da quelle normative”.
 
Andrea Ruggeri, il Riformista
“L’inverno che ci attende sarà complicato e dirà se e quanto spazio ci sia per il riformismo italiano”. Lo scrive Andrea Ruggeri sul Riformista: “Nel centrodestra – osserva l’editorialista - la premier Giorgia Meloni è attesa da prove impegnative: la finanziaria anzitutto, la trattativa con l'Europa sul Patto di Stabilità ma anche sulla matassa immigrazione, che in queste ore rende Lampedusa una polveriera, con Francia e Germania che chiudono le frontiere al transito dei migranti che, arrivati qui, vogliono andare da loro. L'Europa dovrebbe mettere fine alla regola dell'unanimità prima, e dimostrarsi utile poi, altrimenti rischia di veder crescere la percezione di una sua inutilità, se non di una vera e propria ostilità, e di veder così crescere il sentimento antieuropeista di chi percepisce l'unione non come opportunità di crescita e sicurezza (che è) ma come fonte di capricci ideologici che rischiano di minare il sempre minor benessere italiano (direttive green su casa e auto, anzitutto). Ma Meloni  - osserva Ruggeri - non soffre competizione nel centrodestra (la Lega è stabile anche se la pressa sui migranti, Forza Italia non la vede nessuno se la si nota è da dimenticare, ed è pronta a calarsi le braghe persino sul decreto, grillino e retroattivo, sugli extraprofitti bancari), ne' tantomeno dall'opposizione. Dove è ormai cristallizzata la crisi della sinistra, che non sa più leggere la società e la sua traiettoria, e che da più industria e lavoro passa a chiedere più reddito per chi non vuole lavorare, e si accoda alla Cgil che vuole abolire il Jobs Act che lo stesso Pd partorì. Il tutto mentre il ceto medio chiede risposte serie. Poco riformismo è problema enorme in una nazione che di riforme che osino ha disperato bisogno, perché soffre un oggettivo problema demografico con inevitabili riflessi professionali, occupazionali e dunque pensionistici, è afflitta da uno Stato onnipresente e inefficiente che ci blocca e costa un sacco di soldi. comprimendo così la libertà fiscale ed economica di imprese e cittadini, che dovrebbero invece competere nella creazione di benessere con altre nazioni pragmatiche, prive di lacci burocratici, alcune delle quali sono addirittura regimi e in quanto tali drammaticamente efficienti perché prive di contrappesi popolari di cui tenere conto. Farsi largo in questo Vietnam comunicativo non sarà facile. Per questo i riformisti dovranno saperci fare. Altrimenti – conclude - il conto da pagare rischia di essere salato. Assai”.
 
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