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Il vuoto tra realtà e finzione
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 12/09/2023

Sul Corriere della Sera Beppe Severgnini parla del “vuoto tra realtà e finzione” facendo riferimento all’incidente avvenuto qualche giorno fa ad Alatri nel Lazio in cui un giovane marocchino positivo ai test di alcol e droga si è schiantato contro l’auto condotta da una donna e dalle sue due figlie e cita una canzone di Bruce Springsteen che parla delle corse in macchina dei ragazzi nel New Jersey cinquant’anni fa. La differenza, scrive l’editorialista è “la diretta Facebook. Non è facile guardare quel video: si sente montare la rabbia, osservando un disastro prevedibile in arrivo. Musica a palla, l’auto che schizza velocissima in zone abitate, una mano sul volante e l’altra a reggere il telefono. Per un «IvanMarocco» (questo il nome del ragazzo sui social ndr) di cui oggi parlano tutti, in Italia ci sono migliaia di ragazzi e ragazze che, per un po’ di popolarità social, corrono enormi rischi. E li fanno correre a tutti noi. I giovanotti grintosi e romantici del New Jersey non erano santi; ma si sfidavano di notte in zone isolate, su un tratto di strada diritto e vuoto (the strip). I ragazzi italiani esibizionisti e disperati si lanciano tra le case e la gente, incuranti di tutto e tutti, e l’assurdità del tutto diventa un’ulteriore fonte di eccitazione. L’impressione è che per troppi nuovi italiani sia diventato difficile distinguere realtà e finzione. Certamente – sottolinea Severgnini - occorre adeguare le norme e le sanzioni. Il codice penale prevede pene vecchie per reati antichi. Ma il mondo, i comportamenti e gli strumenti sono cambiati. La seconda cosa da fare sarebbe, in teoria, più semplice; e invece è complicata. Smettere di idolatrare chi non sa fare niente se non esibirsi sui social. È evidente che la quasi totalità degli influencer non commette reati. Ma l’idea che la fama si possa raggiungere con moine, smorfie e bravate è socialmente deleteria. La terza cosa da fare è, semplicemente, immensa. Fornire ai nuovi italiani luoghi e occasioni per passare i giorni di festa e le serate: in molte parti d’Italia ci sono soltanto un bar e la noia. Certe tragedie di gruppo – conclude - spesso con la complicità di un’automobile, nascono dal vuoto. Dal vuoto dentro, dal vuoto fuori e dal tentativo disperatamente sbagliato di riempirlo”.
Domenico Siniscalco, la Repubblica
Domenico Siniscalco su Repubblica parla della riduzione delle stime di crescita del pil Ue e italiano da parte della Commissione europea e sottolinea che “quello che colpisce maggiormente è che questo dato è stato accolto dai mezzi di comunicazione e dalla politica con sorpresa, il che pare ingiustificato. La minor crescita, infatti era largamente prevedibile, e solo in piccola parte è responsabilità del nostro governo. Innanzitutto il contesto: tutta l’Europa va peggio e la Germania è addirittura in recessione probabilmente anche a causa del cattivo andamento della Cina. In un Europa in difficoltà, è improbabile che il ritmo di crescita di un paese rimanga invariato. A livello Europeo, peraltro, i tassi di interesse restano elevati e rischiano di essere ancora alzati nella riunione del 14 settembre. L’inflazione, pur essendo crollata dal 10,6% dell’anno scorso, continua a restare al 5,9% con quella dell’anno prossimo al 2,9%. Un canale di trasmissione della politica monetaria è rappresentato dal rallentamento dell’economia. La politica monetaria – ricorda Siniscalco - funziona proprio perché l’economia rallenta. Certamente, l’arte delle banche centrali consiste nel frenare l’inflazione senza ammazzare l’attività economica. Ma dall’ Europa agli Usa l’economia rallenta, anche se forse eviterà una recessione conclamata. Infine, in Italia, occorre tenere presente il rallentamento del reddito disponibile dovuto all’arresto progressivo di politiche economiche insostenibili. Domani la Banca Centrale Europea deciderà sui tassi ed è probabile (anche se non certo) che li rialzi. Ma per il resto tocca alla politica fiscale dove le luci si combinano alle ombre. La prima buona notizia, in quest’ambito, viene dallo sblocco della terza rata del Pnrr per l’Italia, che consentirà di procedere nei piani di investimento finanziati con il Next Generation Eu. E questa notizia non è di poco conto. Ma, per il resto, la palla è nel campo del Mef e del ministro Giorgetti che dovranno costruire una manovra espansiva fin dove permesso. Ricordando – conclude - che è necessario utilizzare ogni stimolo e soprattutto ogni liberalizzazione per spingere la crescita fin dove possibile, con una politica fiscale che dev’essere in ogni modo anticiclica”.
Mario Deaglio, La Stampa
“Delle quattro grandi economie europee - Germania, Francia, Italia e Spagna - dalle quali deriva circa il 70 percento della produzione dell’Ue, la maggiore, e cioè proprio quella tedesca, è l'unica a far prevedere una crescita negativa nel 2023 (-0,4 per certo) mentre le altre tre mostrano risultati nettamente migliori, anche se non brillanti e con qualche correzione al ribasso”. Mario Deaglio sulla Stampa analizza la crisi dell’economia tedesca parlando di “grande malato che zavorra il nostro pil” e interrogandosi su “cosa sta succedendo a Berlino?”. Dopo aver passato brevemente in rassegna i principali problemi, l’economista aggiunge: “Naturalmente non possiamo guardare a questa malattia tedesca con indifferenza e neppure con maligna soddisfazione: la scintilla che ha fatto correre negli ultimi decenni l'economia del Nord-Est - e non solo - è stata precisamente la domanda tedesca. I prodotti meccanico-automobilistici tedeschi hanno al loro interno una percentuale notevole di componenti fabbricate in Italia; siamo stati indirettamente favoriti dalla crescita tedesca, quali contraccolpi ci aspettano ora? Nel complesso – sottolinea Deaglio - i contraccolpi non possono che essere negativi, ma, per fortuna, non dovrebbe esserci una correlazione troppo stretta tra andamenti industriali tedeschi e italiani. Il costo della distanza Germania-Cina è, infatti, fortemente aumentato a causa della guerra ucraina. Questo significa che la competitività di componenti meccaniche prodotte in Italia ha guadagnato qualche punto rispetto a componenti prodotte in Cina e anche nel resto dell'Asia: nel generale ritorno a casa delle imprese industriali, quelle italiane scoprono aree di competitività all'interno non solo, e forse non tanto, nella casa Italia ma nella casa Europa. Non dimentichiamo i progressi delle medie imprese italiane, a cominciare dal settore agro-alimentare e da quello farmaceutico, con fortissimi aumenti delle esportazioni. Insomma, qualche antidoto alla debolezza tedesca per fortuna ce l'abbiamo. Questi vantaggi naturali sono sperabilmente sufficienti a galleggiare ma non a crescere. La crescita – conclude - richiede una politica industriale della quale, per ora, si intravedono soprattutto slogan. Speriamo che, meglio prima che poi, dietro agli slogan spuntino le strategie”.
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