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Così il Patto di stabilità è inutile
Redazione InPiù 12/09/2023

Non è colpa di Paolo Gentiloni, osserva Roberto Sommella su Mf, se il Patto di Stabilità è inutile e controproducente o addirittura stupido, come ebbe a dire anni fa Romano Prodi, già presidente della Commissione. E il perché lo ha ricordato Mario Draghi sulle pagine dell'Economist: un'intesa che pensi solo al rigore dei conti e non alla crescita non serve a nulla, soprattutto dopo il Covid e lo scoppio della guerra in Ucraina. Il Patto, che rientrerà in vigore seppur in via sperimentale nel 2024, non ha mai comportato un euro in più di crescita perché è tutto tarato sui vincoli di bilancio (deficit/pil al 3% e debito/pil al 60%, i limiti di Maastricht) che servivano prima della nascita dell’euro per coordinare le diverse economie europee. Ma oggi paga l’assenza di una politica comune di investimenti, la mancanza dell’Unione fiscale e di un bilancio federato, la possibilità di scomputare dai calcoli le spese del Pnrr come quelle militari per sostenere l’Ucraina. Insomma, è ancora piuttosto stupido, perché non tiene conto della realtà. Ma nessuno rispetta più questi parametri contabili perché sono un simulacro del rigore. Nemmeno i tedeschi ci credono. La Germania ha infatti dovuto nascondere la bellezza di 69 miliardi di euro di spese aggiuntive per evitare di finire nel mirino della Commissione e far aumentare il deficit, mentre l’Italia ha fatto di tutto per non nascondere gli oltre 100 miliardi di debito aggiuntivo dovuto agli effetti del Superbonus. Nonostante ciò, in entrambi i casi lo spread non si è mosso e i mercati hanno letteralmente ignorato questi eventi. Nel 2011 sarebbe venuto giù il mondo e magari con esso anche il governo italiano. A che cosa è dovuto questo cambio di lettura? Al fatto che dal luglio del 2012 col suo whatever it takes Draghi ha spiegato al mondo che c’è solo un soggetto forte in Europa: la Bce, la quale decide il costo del denaro, quanto debito comprare ai vari Paesi membri e in sostanza chi salvare e chi no.
Micaela Bongi, il manifesto
Lavoro, scuola, sanità pubblica, diritti, ambiente, accoglienza, pace. Lotta al precariato, all’ingiustizia sociale, al patriarcato. Pensieri lunghi, commenta sul manifesto Micaela Bongi, occupandosi delle divisioni in seno al Partito democratico. Tornare vicino alle persone, in basso. Elly Schlein chiudendo la festa dell’Unità di Ravenna disegna il suo partito nuovo e declama la sua linea. Indica una direzione diversa, un altro indirizzo, salvo però aver risposto ai dem liguri usciti dal Pd perché non si sentono più a casa con una leadership che giudicano troppo radicale, di averlo sbagliato loro, l’indirizzo, quando entrarono in casa. Contraddizioni di una forza politica che ha scelto di chiamarsi democratica mettendo molto tra parentesi quella parola sinistra che al suo interno, fin dalla nascita, viene declinata con tutte le sfumature possibili fino a non avere più colore e senso, quando non provoca un certo disagio. Da qui deve ripartire la segretaria nella sua opera di ristrutturazione ed è un lavoro magari non impossibile, ma difficilissimo. Non basta recuperare le parole d’ordine della sinistra e, dall’opposizione, scandirle a voce alta contro il governo più a destra della Repubblica. Operazione che si potrebbe dire a costo zero, ma che, va riconosciuto, ha un prezzo e richiede coraggio, in un partito dove basta auspicare che si investa meno in armi o mettere in discussione leggi contro i lavoratori per suscitare sconcerto e riprovazione: una mezza sommossa che resterà mezza almeno fino alle europee. Impresa difficilissima, quindi, perché la segretaria deve ripartire dall’opposizione, ma prima di tutto dall’opposizione al "vecchio" Pd. Ben venga una manifestazione per la sanità pubblica, ma dov’era il Pd negli anni in cui la sanità è stata triturata? Per la maggior parte di quegli anni era al governo. E dov’era quando nel frattempo le spese militari aumentavano? Risposta scontata. E se la segretaria mette tra le priorità l’abolizione della Bossi-Fini e critica il memorandum con la Tunisia, quanti nel Pd rimpiangono Marco Minniti?
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