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Schlein è la leader degli intolleranti

Redazione InPiù 25/05/2023

Altro parere Altro parere Alessandra Ricciardi, Italia Oggi
«Surreale il problema della maggioranza con il dissenso»: con queste parole, osserva su Italia Oggi Alessandra Ricciardi, Elly Schlein ha ribaltato i fatti del Salone del libro di Torino, quando al ministro Eugenia Roccella è stato impedito di presentare il suo libro (“Una famiglia radicale”). Non serve ricorrere al pensiero democratico, basta il buon senso per capire che impedire ad un oratore di parlare, usando per di più toni violenti, è indice di intolleranza e non di semplice dissenso. Contestare infatti è sempre legittimo, ma non può mai fare rima con prevaricare. La segretaria del Pd con la sua clamorosa uscita ha invece benedetto i contestatori intemperanti e accusato maggioranza e governo di essere loro gli intolleranti, quelli che non accetterebbero il dissenso. Il comportamento di Schlein fa il paio con la stigmatizzazione da parte di esponenti di sinistra dei provvedimenti sanzionatori assunti contro gli imbrattatori di “Ultima generazione”: da politici a sindacalisti di area si sono sprecate le parole di solidarietà all’indirizzo dei giovani chiamati a rispondere in tribunale dei loro gesti. Sul banco degli imputati andrebbe messo invece il governo, accusato di “criminalizzare” chi «denuncia una forte preoccupazione per il futuro del nostro pianeta». Si arriva di fatto a legittimare un dissenso che viola le leggi dello Stato. Ancora una volta affiora il disegno di ribaltare il tavolo rappresentando come intolleranti gli esponenti della maggioranza. L'obiettivo è affermare la narrazione secondo cui, come aveva denunciato la preside fiorentina Savino, in Italia sarebbe in atto “un serio pericolo fascista". Spiace notare il Pd nella sua evoluzione tipo centro sociale. Un’operazione politica che si fonda sul richiamo ogni due per tre alla presunta violazione della Costituzione. Ps. Finora una voce si è alzata distintamente dal Pd a difesa del diritto di parola di tutti, anche della destra, ed è stata, proprio sui fatti del Salone del libro, quella del sindaco di Torino, Stefano Lo Russo. Una voce isolata.
 
Piero Ignazi, Domani
Forse – scrive sul Domani Piero Ignazi – la presenza assidua di tanti tedeschi sulla riviera romagnola ha creato un sentimento comune di resilienza. Non una lamentela querula, non un piagnisteo, non una invettiva gratuita dopo l’alluvione. Tutti hanno visto la tempra di questo pezzo di regione così diverso per storia, cultura e spirito dall’Emilia. Una tempra che può partire da molto lontano, dalla Ravenna capitale imperiale, di cui sono splendida testimonianza i suoi mosaici, ma che si è forgiata nell’Ottocento, sotto il tallone di ferro dello stato pontificio. È in quegli anni che la resistenza a un potere oppressivo e pervasivo si indirizzò all’unirsi, al fare lega, cooperativa, sindacato. Per questo non c’è traccia, contrariamente alle voci di chi ha subito catastrofi ambientali in altre zone d’Italia, di quel lamento aggressivo e vittimista, piagnone e rivendicativo. Dal governo, tuttavia, prosegue Ignazi, giungono segnali non all’altezza della situazione. Non da parte della premier Meloni. È Matteo Salvini che sprizza astio per quella terra che non l’ha voluto incoronare ras di tutto il paese alle elezioni regionali del febbraio 2020. E lo riversa direttamente nei confronti del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, proprio colui che lo sconfisse tre anni fa, opponendosi alla sua nomina a commissario straordinario, come invece è prassi di fronte ad eventi di questo genere. Il contrasto tra gli eredi della prima lega bracciantile d’Europa, fondata nel 1883 dal repubblicano Nullo Baldini, che hanno accettato di inondare i loro campi per salvare Ravenna e il rancore di governanti come il leader leghista evidenzia tutta la differenza tra chi pensa al bene pubblico e chi coltiva le proprie misere vendette.
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