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Lo squilibrio nei vertici Ue che occorre bilanciare
Redazione InPiù 23/05/2023

Sul Messaggero Angelo De Mattia solleva il problema della presenza di manager italiani in posizione di comando nelle istituzioni dell’Ue. “Sia chiaro – premette De Mattia -: chi opera ai vertici delle istituzioni europee rappresenta l’Unione e l’Eurozona, non i Paesi di provenienza. Ma bisogna avere il coraggio di ammettere che le presenze negli organismi europei vengono decise in base a ponderazioni che, con particolare riferimento al comparto del credito e della finanza, sono oggettivamente squilibrate. Basti dire che con quest’anno termina il mandato dell’italiano Andrea Enria alla guida della Vigilanza bancaria Bce. Ebbene, la conseguenza è che all’apice di tutte le istituzioni comunitarie di supervisione finanziaria - l’Eba, l’Esma, l’Eiopa, oltre, appunto, alla Vigilanza Bce - non vi sarà alcun italiano, nel presupposto che sarebbe difficile far succedere a un italiano un altro italiano. Nel prossimo anno si porrà altresì l’esigenza di rinnovare la carica di presidente della Banca europea degli investimenti. Dato questo panorama e considerato che nei fatti non abbiamo neppure conseguito, come sembrava ormai assicurato, l’insediamento in Italia del Tribunale unico dei brevetti, ma solo una sede distaccata della Divisione centrale, il tema del riequilibrio delle presenze istituzionali europee ha un preciso fondamento. Riuscirà il governo Meloni a meglio posizionare la rappresentanza italiana? Certamente molto dipenderà dall’esito delle Europee 2024. Ma sin d’ora occorre agire con determinazione per pretendere l’avvio del necessario bilanciamento. Che potrebbe cominciare con l’insediamento in Italia dell’Amla, l’Autorità europea antiriciclaggio che già il nostro Paese era candidato a ricevere, peraltro con ottimi titoli: dagli sviluppi della legislazione, all’assetto istituzionale, all’esercizio dei controlli in materia, alla solidità dei progressi dell’elaborazione giuridica e finanziaria”.
Salvatore Merlo, Il Foglio
Sul Foglio Salvatore Merlo spara a palle incatenate contro l’opposizione rappresentata dalla segretaria del Pd Elly Schlein. Da quando ha vinto le primarie, scrive Merlo, “non si può dire che le cose non siano andate a meraviglia. Per Giorgia Meloni, s’intende. D’altra parte, dove la trovi un’opposizione che invece di andare a guardare i pasticci che si combinano al governo, s’impanca in un dibattito surreale sull’opportunità o meno di far parlare Eugenia Roccella alla presentazione del suo libro al Salone di Torino? E dove la trovi un’altra opposizione che non si accorge del caos sulla riforma fiscale, che non riesce a cavalcare i dissidi tra FdI e Lega sull’autonomia differenziata, che non vede nemmeno il probabile pateracchio di un fondo Sovrano, quello promosso da Adolfo Urso, che anziché essere caricato di miliardi per aiutare le imprese migliori pare sia stato inventato per dare soldi pubblici alle imprese fallite? Addirittura, adesso, sul Pnrr il Pd è riuscito, in pratica, a dare pure ragione a Raffaele Fitto quando dice che il Pnrr va rinegoziato con la Commissione europea. Schlein, infatti, ha proposto di usare il Pnrr per l’emergenza alluvioni. Cosa che, come tutti sanno, non è possibile ma rafforza l’idea di Fitto che si possa ricontrattare. Sul fascismo, per carità, invece siamo messi a posto. Questa è la grande urgenza del paese. Nonché il vero fermento del Pd. Questa Schlein, tuffata nel sonno antifascista – conclude Merlo -, supera qualsiasi speranza Meloni potesse mai coltivare a proposito di un’opposizione demenziale”.
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