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I nostri errori negli anni

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 18/05/2023

In edicola In edicola Gian Antonio Stella, Corriere della Sera
Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera, prende spunto dalle inondazioni in Emilia Romagna per parlare “dei nostri errori negli anni”: “Attribuire tanti lutti e tanti danni alla (solita) calamità naturale ingigantita dai cambiamenti climatici, però, è riduttivo. Ma – scrive l’editorialista - è solo la natura la responsabile, oggi, delle 271 frane in 58 comuni (44 in provincia di Bologna, 90 in quella di Ravenna, 103 in quelle di Forlì-Cesena...) o sono state determinanti certe scelte urbanistiche sbagliate se non temerarie in una regione dove in totale sono state censite 80.335 frane cioè una su otto delle 620 mila contate Italia? Se le case e i condomini di Borgo Durbecco (Faenza) finiscono sotto acqua – osserva Stella - non sarà perché sono state costruite, anche in tempi recenti, cinque metri sotto la quota del centro storico e dell’argine dei fiume? È merito della buona sorte se Piazza Maggiore non è allagata come in una scellerata fake news messa ieri on-line o perché gli avi dei bolognesi di oggi scelsero un luogo quindici metri sopra la quota del Reno? Sempre l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale denunciava nel 2015 come il consumo effettivo del territorio, nel dopoguerra, fosse schizzato mediamente al 10,8% (oltre il doppio della media del territorio urbanizzato in Europa: 4,3%) con picchi da incubo nel Veneto (14,7%), Lombardia (16,3%), Campania (17,3%) fino al 22,8% in Liguria. Per non dire del suolo consumato in aree a rischio idraulico. Con Toscana ed Emilia Romagna all’11%, Marche al 13% e Liguria addirittura al 30,1%. Da brividi. Eppure si è continuato a costruire, costruire, costruire. Lo stesso patrimonio paesaggistico, monumentale, artistico, come ricorda Giuseppe Caporale nel saggio Ecoshock appena uscito per Rubbettino, un patrimonio sul quale il Paese conta anche sotto il profilo turistico, è a rischio. E torniamo sempre lì, alla domanda che da troppi anni tormenta chi ama questo Paese: arriveremo finalmente a una vera consapevolezza della gravità del problema? O – conclude - ci butteremo tutto alle spalle, come sempre, appena smetterà di piovere?“.
 
Paolo Di Paolo, la Repubblica
“«Ci hanno spiegato per mesi che c’era il riscaldamento globale e abbiamo passato un maggio con l’ombrello e col passamontagna e i guanti di lana». Chi lo pensa? Chi lo ha detto? Chi lo ha detto? La prima frase è stata pronunciata da Matteo Salvini nel 2020; la seconda da Giorgia Meloni nell’estate del 2022”. Così Paolo Di Paolo su Repubblica descrivendo “la cecità dei negazionisti del clima”: “Come dimostrano bene, cioè male, i leader politici del nostro Paese – scrive l’editorialista - l’evidenza del cambiamento climatico si scontra con una persistente e diffusa incoscienza, con una sostanziale indisponibilità ad accettare una verità. Sospesi fra larvato negazionismo e fatalismo, come molti cittadini che rappresentano, alcuni leader si mostrano spesso disturbati dal discorso sul clima; le proteste e le provocazioni politiche dei giovani attivisti (i fondamentalisti climatici, li definì Meloni) suscitano rimproveri perfino sproporzionati, un paternalismo quasi insopportabile, concentrato più sull’eventuale danno, spesso di risibile entità, che sulla posta in gioco effettiva. La mala gestione del territorio, la scarsa prevenzione, il dissesto idrogeologico che in molte zone d’Italia continua a presentare conti salatissimi – sottolinea Di Paolo - non possono più essere letti, come pure ci si ostina a fare, senza considerare l’impatto dei fenomeni atmosferici estremi. Perché lo facciamo? Perché non apriamo gli occhi? Perché non reagiamo? Perché, per stare su un dettaglio in ogni caso sintomatico, continuiamo a invitare negazionisti climatici nelle trasmissioni televisive? Lo ha fatto notare qualche giorno fa Fabio Deotto, autore di un libro importante sulla questione climatica, L’altro mondo (Bompiani). Perché continuiamo a parlare di “maltempo”? Siamo di fronte ad una “apocalisse a rate”: fatichiamo a decifrarla forse proprio perché si tratta di un processo lungo, fatto di oscillazioni, di strappi, e non di un unico evento catastrofico, come vorrebbe una distopia paradossalmente più confortevole. Ma eventi come quelli a cui assistiamo in queste ore – conclude - sono l’eccezione che sta già diventando norma. Come facciamo a non crederci ancora?”.
 
Carlo Petrini, La Stampa
Carlo Petrini sulla Stampa parla di Italia come “hotspot del clima malato”: “Ormai – scrive - è innegabile: sulla nostra penisola la crisi climatica sta dando perfetta manifestazione di sé con eventi estremi molto spesso opposti (pensiamo alla siccità e alle alluvioni), che si manifestano in sequenza e con frequenza sempre più elevata, condizionando profondamente le nostre vite. Fino a pochi giorni quasi tutto il territorio nazionale era attanagliato dalla più lunga siccità degli ultimi due secoli; pensiamo che per quasi un anno e mezzo le precipitazioni potevano essere contate con il contagocce. Ora invece le energie, le preoccupazioni e anche l’attenzione mediatica sono catalizzate sulle precipitazioni a carattere alluvionale che stanno colpendo l’Emilia Romagna causando vittime e oltre diecimila sfollati. L’Italia come il resto del bacino del Mediterraneo -  rientra infatti tra quelli che gli scienziati definiscono ‘hotspot dei cambiamenti climatici’, ossia aree del pianeta che subiscono gli effetti della crisi del clima con maggior intensità e con conseguente impatto sui sistemi naturali e umani. Inondazioni, frane e alluvioni da un lato, e dall’altro uno stato di siccità che si sta cronicizzando e che acutizza gli effetti delle piogge rendendo il terreno impermeabile. Ecco allora che le piogge, non riuscendo a penetrare nel suolo, da un lato allagano le città e dall’altro non vanno ad alimentare le falde, mentre bisognerebbe fare di tutto fuorché impedire l’accumulo di riserve d’acqua (prima fra tutte le azioni recuperare gli invasi che non riescono più a svolgere il loro compito perché mal gestiti nel tempo). Come se tutto ciò non bastasse c’è un ulteriore fattore, questo di natura umana, che si aggiunge a questo quadro di tempesta perfetta. Sto parlando della cementificazione che fa sì che le strade si trasformino in veri e propri torrenti che trascinano appresso tutto quello che incontrano nel loro percorso. In un Paese quale l’Italia che è sull’orlo della crisi demografica ogni giorno del 2021 si sono cementificati una media di 19 ettari al giorno, con una velocità di due metri quadrati al secondo. Gli abitanti diminuiscono e – conclude - gli edifici si moltiplicano”.
 
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