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I tormenti di Parigi e Berlino

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 26/03/2023

In edicola In edicola Paolo Lepri, Corriere della Sera
Paolo Lepri sul Corriere parla delle crisi di Parigi e Berlino: “Si potrebbe forse azzardare questa diagnosi: a provocare la febbre di Francia e Germania – scrive l’editorialista - sono state la crisi della rappresentanza, gli errori nello stile di governo, la mancanza di responsabilità della politica. In uno scenario, naturalmente, nel quale non possono essere ignorati i fenomeni di malcontento, emersi o latenti, che attraversano le società della nostra epoca. Se questi scenari hanno qualcosa di simile, al di là delle loro differenze, i problemi provocati in Francia e Germania dagli errori dello stile di governo nascono da due opzioni opposte: il decisionismo e l’indecisionismo. Tutta la vicenda della riforma delle pensioni, con la decisione di innalzare da 62 a 64 anni l’età del ritiro dal lavoro, è stata contrassegnata dall’incapacità o dalla non volontà di ascoltare, nei vari modi possibili, l’opinione dei diretti interessati e di capire i mutamenti della società. A proposito di leadership, questa è la cosa che manca finora nell’avventura di Olaf Scholz in cancelleria. Una coalizione «semaforo» come quella uscita vittoriosa dal voto tedesco (Spd, Verdi e liberali),  - osserva Lepri - alla sua prima prova a livello nazionale, avrebbe avuto bisogno di un patto programmatico da rispettare fino alle virgole e di una forte capacità di guida dell’uomo che la presiede. Tutto ciò non è avvenuto. Ultimo punto, la mancanza di responsabilità della politica. Ha sempre meno senso, nel mondo di oggi, alimentare conflittualità legate agli interessi nazionali sapendo che il passaggio obbligatorio non può che essere europeo. È il caso, solo per fare due esempi recenti, della posizione francese sul nucleare o di quella tedesca, al di là del compromesso che si è delineato, sul divieto di vendita a partire dal 2035 delle auto a benzina o diesel. Indebolire l’Europa privilegiando interessi nazionali non è mai saggio, al di là di qualche vittoria parziale. E – conclude - scontrarsi al proprio interno su tutto, in una continua campagna elettorale, riduce la forza di un Paese”.
 
Francesco Billari, la Repubblica
“ll declino demografico italiano non è ineluttabile”. Lo scrive su Repubblica Francesco Billari citando il cado tedesco: “La Germania, un paese la cui popolazione sembrava destinata a diminuire sensibilmente all’inizio del nuovo millennio, è passata da 80 a 83 milioni di abitanti tra il 2011 e il 2021. Nello stesso decennio, - osserva l’editorialista - l’Italia ha invece registrato un calo da 60 a 59 milioni di abitanti. Cosa possiamo imparare dal caso tedesco? Le politiche adottate per contrastare il declino demografico tedesco percorrono due linee. La prima linea di politiche guarda al lungo periodo e si focalizza sulla natalità. Investire sui bambini e sui giovani, riconoscendone il valore anche sociale e alleviando i costi per le famiglie, che desiderano avere un numero di figli maggiore di quello che effettivamente hanno. La seconda linea di politiche guarda al presente e ai prossimi anni, e serve per ‘riempire i buchi’ lasciati dal calo delle nascite negli anni passati, focalizzandosi sull’immigrazione. Questa strategia basata sulle famiglie – spiega Billari - ha dato sia permessi per lavoratrici e lavoratori, rispondendo almeno in parte alle esigenze immediate del mercato del lavoro, sia linfa al sistema scolastico e al mercato del lavoro tra una decina d’anni con i loro figli. Come contrastare il declino demografico italiano? Seguiamo, adattandolo ai nostri bisogni, l’esempio tedesco. Rispondiamo con un approccio basato su due linee politiche che sia il più possibile condiviso dalle grandi forze democratiche e credibilmente stabile per i prossimi anni, quasi a livello costituzionale. Politiche demografiche ‘slow’, di lungo periodo, che rafforzino e stabilizzino le misure amichevoli nei confronti delle nascite e delle famiglie, già in gran parte approvate sia dal centro-destra sia dal centro-sinistra. Politiche demografiche ‘fast’, che puntino in modo proattivo e realistico in termini di numeri all’immigrazione di famiglie, con lavoratori, bambini e studenti che – conclude - vogliano costruire il loro futuro in Italia, investendo in modo significativo sulla loro integrazione: qui le divisioni sono invece evidentissime”.
 
Alessandro De Angelis, La Stampa
Scosse e correnti a destra e sinistra. Ne parla Alessandro De Angelis sulla Stampa: “Da un lato, dunque – scrive l’editorialista - Giorgia Meloni si è presa Forza Italia, nell’ambito di un’intesa con Marina, i cui prodromi erano ravvisabili già all’atto della formazione del governo, quando la primogenita stoppò le bizze del padre in nome del realismo aziendale. Dall’altro Elly Schlein con grande fatica riuscirà a piazzare i suoi capogruppo solo grazie a un’intesa con Pina, nel senso di Picierno. E, parafrasando Peppino: “Ho detto tutto”. Destinata a diventare vicesegretaria di Bonaccini se avesse vinto, Picierno, con altri, ha fondato una corrente formata da un pezzo della minoranza che diventa maggioranza non su una rottura politica su un tema politico – immigrazione, Ucraina, lavoro - ma in nome, semplicemente, dei posti. E così, con questa, siamo più o meno a quota dieci correnti.  Solo apparentemente – osserva De Angelis - la dinamica racconta di un rafforzamento della neo-segretaria che, due settimane fa, aveva promesso di “estirpare i cacicchi”. Occhio alla modalità: non nomina i capigruppo, lanciafiamme in mano, sulla base di una spinta esterna, ma si adatta a un meccanismo, che si riproduce uguale a se stesso, di un partito – o meglio: una confederazione di cacicchi - a vocazione minoritaria dove l’unica cosa che conta è il rapporto col potere: i ministeri, quando sta al governo, ciò che rimane quando è all’opposizione. Più in generale Marina, con quel che ne consegue – nessun disturbo per il manovratore di palazzo Chigi - e Pina con quel che ne consegue – un deficit di egemonia di Elly Schlein nel partito perso dentro i fatti suoi – sono la fotografia icastica che, va bene la ventata di aria fresca portata dalla nuova segretaria del Pd, ma nei suoi fondamentali la notte è sempre allo stesso punto. E non è destinata a cambiare per volontà degli attori in campo, in termini di iniziativa, ma solo grazie all’irruzione del principio di realtà inteso come evento esterno: l’immigrazione, essendo tecnicamente fuori controllo. Ed è un paradosso – conclude - per la destra che vi ha costruito una fortuna elettorale e ora non ha uno straccio di politica”.
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