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I nostri errori negli anni
L'accordo che serve
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 23/03/2023

Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera parla di “accordo che serve” sul tema migranti: “Da anni – scrive l’editorialista - l’Italia è alle prese con questo problema. Che è sbagliato però definire con il termine «migrazione», come continuiamo a fare. Finora infatti è stato un’altra cosa, anche per la nostra incapacità di dargli una forma diversa. Finché non riusciremo a stipulare accordi efficaci con i Paesi di provenienza o di partenza dei migranti verso l’Italia (campa cavallo!), il problema dell’immigrazione per noi non potrà certamente essere un problema di respingimento bensì di accoglienza. E finché non otterremo l’aiuto dell’Europa (altro campa cavallo!) sarà inevitabilmente un problema di accoglienza e di integrazione. Per la molteplicità degli interventi che richiede – sottolinea Galli Della Loggia - si tratta dunque di un problema complessivamente immenso: logistico-organizzativo, culturale e finanziario, di politica interna ed estera. Per la sua portata più che di un problema si tratta di una vera emergenza nazionale. Che è venuta crescendo negli anni fino alla misura attuale senza che però in tutto questo tempo nessuna forza politica, nessuna, sia mai riuscita a proporre una qualunque soluzione adeguata. Oggi più che mai, tuttavia, l’immigrazione si prospetta, lo ripeto, come un’autentica emergenza nazionale, nei tempi medio-lunghi un vero uragano che minaccia di venirci addosso. Nei Paesi con cui amiamo confrontarci le emergenze più gravi impongono una tregua politica e la ricerca di un accordo tra i partiti. Impongono che si cerchi un’intesa per il bene di tutti in nome di quello che si chiama per l’appunto l’interesse nazionale. Perché mai la medesima cosa non potrebbe accadere oggi in Italia riguardo l’immigrazione? Non lo richiede forse l’urgenza del problema, la sua natura inedita, la vastità delle questioni implicate e delle risorse necessarie per farvi fronte? Ha senso che davanti a un simile terremoto continui lo sterile palleggio di accuse tra destra e sinistra di tutti questi anni? Anche nei confronti dell’interlocutore europeo non avrebbe un peso ben maggiore un Paese che si presentasse con una voce sola? Il presidente Mattarella – conclude - ha presso l’opinione pubblica l’autorevolezza e l’ascolto per offrire questo ennesimo servizio al Paese. Chi mai potrebbe restare insensibile al suo richiamo?”.
Francesco Bei, la Repubblica
“Governare è soprattutto nominare, insegnava Giulio Andreotti dall’alto della sua esperienza. Ma la Democrazia cristiana, partito-Stato, almeno lo faceva con stile. La nuova maggioranza di destra invece si avvicina al grande banchetto con arroganza famelica”. Così Francesco bei su Repubblica ricordando che “sul tavolo c’è una smisurata quantità di poltrone che ridisegnerà la mappa del potere per gli anni a venire. Su tutte spiccano le big five della savana: Eni, Enel, Terna, Leonardo e Poste italiane. E mettiamoci dentro anche la Rai, con Fratelli d’Italia che, non sazia del Tg2, ora vuole prendersi anche il Tg1 e gli spazi di approfondimento. L’appetito vien mangiando. Il nervosismo è grande nella maggioranza e si capisce il motivo. Giorgia Meloni, di fatto, presiede due governi. Il primo è quello di facciata, la coalizione con Lega, Forza Italia e centristi. Il secondo – sottolinea Bei - è il vero governo, dove la leader decide sulle partite più importanti in beata solitudine, insieme a pochi fedelissimi come i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. La sproporzione di potere e influenza è evidente e sta creando forti malumori soprattutto nel Carroccio, visto che ormai Forza Italia è in semi-smobilitazione. Il prodotto di questa frustrazione è andato in scena in questa due giorni di maratona parlamentare. Durante la quale Meloni ha scaricato il suo nervosismo su Giuseppe Conte e Angelo Bonelli quando il bersaglio nemmeno troppo nascosto erano i leghisti. In questo miscuglio di sordo rancore e impotenza, a farne le spese è la linea politica del governo sul terreno più delicato, quello che per tradizione è o dovrebbe essere tenuto al riparo dalle piccole beghe di partito: la politica estera. Specie se in ballo c’è una guerra che sta ridefinendo l’ordine mondiale per i prossimi decenni. Intendiamoci, non accadrà nulla, anche perché nessuno dei partner della maggioranza ha un piano di riserva. E, soprattutto, non c’è all’opposizione una coalizione alternativa. Ma la mancanza di risultati concreti, unita alla litigiosità interna, sono una miscela che – conclude l’editorialista - rende per lo meno azzardata la previsione di un lungo ciclo meloniano sull’Italia”.
Elsa Fornero, La Stampa
Elsa Fornero sulla Stampa commenta la vicenda del “folle” contratto firmato in alcune Rsa che prevede una retribuzione oraria lorda di 5-8 euro: “Ci sono diversi aspetti inquietanti nella vicenda, da cui trarre alcune amare considerazioni e qualche chiara indicazione per il governo e la politica. Il primo aspetto – scrive Fornero - riguarda l’implicita offesa agli anziani, evidentemente non ritenuti degni di assistenza da parte di lavoratori adeguatamente preparati e perciò adeguatamente retribuiti. La seconda osservazione riguarda l’estendersi, e persino l’ufficializzarsi, del lavoro povero. 5-8 euro lordi l’ora corrispondono a poco meno/poco più di mille euro mensili per 20-21 giorni lavorativi, dai quali vanno dedotti i contributi e le imposte a carico del lavoratore, per un netto intorno agli 800-1000 euro. Adam Smith – osserva Fornero - scrisse che alla base di ogni società umana ci deve essere la ‘simpatia’, nel senso greco del termine, ossia la condivisione di sentimenti basilari, che assomiglia alla ‘fraternità’ che i rivoluzionari francesi ritenevano importante quanto la libertà e l’uguaglianza. Ebbene, nella nostra sofferente società, di simpatia umana, di fraternità ce n’è poca, specie nel mondo del lavoro. È in circostanze come queste, peraltro, che si giustificano le ‘forzature’. E spetta alla politica predisporle. In questo caso, il rimedio non può che essere il reddito minimo, del quale occorre cominciare a parlare in termini propositivi e operativi. Gli esempi buoni in Europa non mancano. Certo, i costi nel breve periodo (ma nessuno sa dire quanto breve) non mancherebbero perché non avrebbe senso sorreggere con risorse pubbliche le imprese poco efficienti che non sono in grado di corrispondere paghe dignitose; e con la chiusura delle imprese ci sarebbero inevitabilmente perdite di posti di lavoro, impoverimento e sofferenze di famiglie – conclude - che richiederebbero specifiche misure di sostegno e facilitazioni affinché posti migliori sorgano in altri ambiti”.
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