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La bussola (europea) sui diritti dei bambini

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 21/03/2023

In edicola In edicola Maurizio Ferrera, Corriere della Sera
“Sui temi spinosi della genitorialità e filiazione delle coppie Lgbtq+, si è acceso un confronto che sta travalicando i confini dell’etichetta democratica”. Lo scrive Maurizio Ferrera sul Corriere della Sera parlando di bussola europea sui diritti dei bambini: “In una società liberale il disaccordo sui principi è inevitabile e persino salutare, purché rispetti la cosiddetta etica della responsabilità. Sullo sfondo della contrapposizione in corso – osserva l’editorialista - s’intravede, per fortuna, la convergenza su una priorità: la tutela del superiore interesse dei bambini. È una condivisione importante, soprattutto perché—se presa sul serio—esclude una perniciosa linea d’azione: usare il diniego del riconoscimento legale come arma impropria contro i genitori omoaffettivi. Quanto alla maternità surrogata, aggiunge Ferrera, “si tratta di una pratica che, anche dove permessa, non può in nessun modo avvenire in base alla logica della compravendita. Oltre al rischio di sfruttamento e di degradante asimmetria fra le parti nella relazione di scambio, vi è anche la minaccia all’identità genetica e biologica dei bambini. I diritti da proteggere contro il mercato delle gestioni surrogate vanno a loro volta bilanciati con un altro importante diritto: quello di ogni bambino a vedersi riconosciuti i genitori, anche quelli intenzionali. Il punto da fermare riguarda però il metodo. Con la sua proposta di Regolamento sul riconoscimento della filiazione tra Stati membri, la Commissione europea ha fatto un primo passo nella giusta direzione. Chi ha letto con attenzione il testo di questo provvedimento e i documenti che l’accompagnano non può non riconoscerne lo spirito aperto e al tempo stesso rispettoso delle tradizioni nazionali. La netta opposizione a questa proposta espressa in Parlamento dai partiti di maggioranza riflette un arroccamento di principio che è fuori linea rispetto all’etica della responsabilità. La quale – conclude - suggerirebbe invece di essere disponibili al confronto con le opposizioni, in Italia, e di cercare un punto di equilibrio a livello europeo”.
 
Carlo Petrini, la Repubblica
Salvaguardare l’acqua per salvare l’umanità. Lo scrive Carlo Petrini su Repubblica sottolineando che “il cambiamento climatico è giunto alla sua fase di irreversibilità. Se per decenni la politica non ha avuto orecchie per ascoltare gli ammonimenti in campo ambientale, gli scenari che si prospettano richiedono di tenere gli occhi ben aperti e di iniziare a prendere le contromisure sugli effetti che si stanno già verificando. Primo su tutti: la siccità, una questione allarmante che auspico sia al centro del dibattito dell’odierna Giornata mondiale dell’acqua. Da 65 anni a questa parte non si vedeva una crisi idrogeologica così lampante nel nostro Paese. I fatti – sottolinea Petrini - ci dicono che l’acqua è sempre meno, e la poca di cui disponiamo è sempre più inquinata. Ecco che l’urgenza più grande che dovrebbe essere al centro proprio delle discussioni di New York - dove da oggi le Nazioni Unite hanno radunato la prima Conferenza Onu sull’acqua - dovrebbe essere quella di riportare al centro di qualsiasi tipo di interesse i temi legati al bene più prezioso di cui disponiamo. Per troppo tempo questi tipi di incontri, così come le politiche interne dei singoli Stati, si sono dimostrati essere vittime e fautori di quell’eterno dualismo che contrappone, e antepone, l’economia all’ecologia. E i deboli segnali che ne derivano risultano avere effetti negativi anche sui comportamenti di una popolazione che ad oggi non è mai stata indirizzata e responsabilizzata verso pratiche virtuose; perché lo spreco e il consumo fanno parte della crescita economica. Purtroppo, la situazione è stata aggravata a tal punto da non poter garantire una vita salubre e dignitosa in molte zone del Pianeta. L’acqua più di ogni altro bene rappresenta la vita sulla Terra, e i segnali di questi periodi siccitosi non lasciano presagire nulla di buono. Risanare il rapporto con questa particolare molecola, che costituisce il 70% di tutto il Pianeta – conclude - vorrebbe dire fare un grande passo per la salvaguardia dell’umanità”.
 
Lucio Caracciolo, La Stampa
“Il rumoroso rientro della Cina sulla scena internazionale, dopo tre tristi anni di letargo da Covid e di arroganti scomuniche inflitte al resto del mondo, potrebbe inavvertitamente prolungare e inasprire il conflitto in Ucraina”. Lo scrive Lucio Caracciolo sulla Stampa a proposito del tentativo di mediazione sulla guerra in Ucraina ribadito in occasione della visita di Xi Jinping a Mosca: “È però evidente – sottolinea l’editorialista - che gli Stati Uniti mai consentiranno alla Cina di intestarsi la pace in Ucraina. In teoria, la tregua potrebbe essere facilitata dalla duplice pressione dell’America sull’Ucraina e della Cina sulla Russia. Gli americani da mesi segnalano non troppo riservatamente a Kiev che prima o poi si dovrà arrivare al congelamento del conflitto in stile coreano. Ma la guerra in Ucraina non è questione a sé. È ricompresa al grado strategico nello scontro Stati Uniti-Cina per il primato mondiale. Washington e Pechino differiscono su quasi tutto, non nella consapevolezza della posta in gioco. E – prosegue Caracciolo - nella priorità del teatro indo-pacifico rispetto all’ucraino. Tanto che al Pentagono non vedrebbero poi male l’invio di armi cinesi alla Russia, perché sarebbero sottratte al quadrante di Taiwan e dintorni. La priorità è la Cina, non la Russia. Per Pechino, scottata dal fallimento del colpo di Stato a Kiev promesso da Putin come fosse passeggiata di salute e preoccupata dall’espansione dell’Alleanza Atlantica verso l’Indo-Pacifico, è il momento della revisione tattica. Xi vorrebbe quindi che Putin chiudesse rapidamente l’avventura ucraina. Né Putin né Zelenski pensano di poter spacciare per vittoria ciò che hanno preso o perso finora. Nelle variabili future bisognerà considerare che in assenza di cessate-il-fuoco il conflitto potrebbe degenerare e connettersi ancora più palesemente al fronte indo-pacifico, a rischio d’incendio. L’inerzia della guerra – conclude - non spinge alla pace”.
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